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Recensione a “Nella testa di una jihadista” di Anna Erelle

Creato il 13 luglio 2015 da Soleeluna
jihad

La recensione

La mia esigenza di saperne di più sul terrorismo jihadista è nata di recente, con l’idea per il prossimo romanzo. Come afferma Anna Erelle, giornalista francese e autrice di questa inchiesta shock, è l’interesse per i comportamenti devianti ad affascinarmi. La giornalista, però, non si limita a scrivere un articolo, studiando la quantità di materiale di cui sovrabbonda la rete. Anna vuole entrare mente e corpo in quella realtà che la ripugna.

La reporter decide di vestire i panni di una ventenne convertita e si ritrova a dialogare, prima su facebook e poi su skype, con Abu Bilel un pericoloso mujahiddin di origine europea. L’uomo si invaghisce della ragazza e le promette una vita da principessa in Sira. Alla proposta di matrimonio di Abu Bilal, Anna risponde di sì. La giornalista vuole avvicinarsi il più possibile al confine siriano e fotografare i volti delle persone coinvolte in quello scambio di vite, ma qualcosa non va nel verso giusto. La copertura di Anna salta ed è costretta a tornare in Francia. Abu Bilel lancia una fatwa contro Anna, una promessa di atroci torture e morte. Oggi la giornalista vive sotto scorta e falsa identità.

Anna Erelle, con questo reportage, ripercorre la Jihad dei giovani occidentali. Dalla ricerca del proprio ruolo nel mondo, l’illusione di un futuro di ricchezza e di prestigio, alle amare sorprese.

È infatti tra i giovani che il volontariato a favore del Califfato vanta maggiori opinioni a favore. Si arruolano nelle sue milizie e commettono ogni sorta di brutalità, con vivo sostegno alla causa e ammirazione per i metodi.

Il primo passo è il reclutamento e avviene quasi sempre online. I disseminatori sono centinaia, veri e propri motivatori, che addescano le prede e le convincono ad abbandonare casa, affetti e beni materiali.

Il simpatizzante decide di partire. È presto fatto. Ai volontari viene pianificato il viaggio e fornite istruzioni. Cancellare il profilo facebook, non lasciare biglietti di addio a familiari e amici, portare il passaporto (che verrà poi confiscato per impedire loro il rimpatrio), cambiare il numero di cellulare e portare solo denaro in contante.

I nuovi arrivati finiscono nei campi di addestramento. Kalashnikov, lotta e corsi di indottrinamento ideologico. Adrenalina, senso di potere e smania di protagonismo sono serviti su un piatto d’argento. Altro che playstation, divano e amici annoiati.

La Jihad delle donne non è molto diversa. I metodi di reclutamento sono gli stessi. È vero che verrà loro imposto d’indossare il doppio velo integrale e i guanti per coprire tutte le parti del corpo, ma anche la donna potrà avere un kalashnikov, seguire corsi di tiro e indossare una cintura per kamikaze. Ma soprattuto: avrà un marito. Le aspettative sessuali dei fratelli combattenti, nei confronti delle europee convertite, sono molto elevate. Poco importa quante vite abbiano spezzato quegli uomini, durante il giorno.

E chi ci ripensa? Onore alla coscienza, ma il tempismo è fatale: fucilazione seduta stante.

È una realtà agghiacciante quella descritta da Anne Erelle, che mi ha tenuta incollata alla pagine per quarantotto ore, con poche e indispensabili soste. Ho ammirato il coraggio di questa donna, che ha sacrificato se stessa, la sua normalità e in un certo senso anche gli affetti, per l’informazione.

Al perché, urlato tra le lacrime dalle famiglie spezzate da questo fenomeno di follia globalizzata, un’amara risposta: problemi esistenziali.

Angela Gagliano

06 Luglio 2015


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