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Recensione a “Per il sabba sempre dritto” di Andrea Brando

Creato il 11 dicembre 2015 da Soleeluna
La recensione

La recensione

Un viaggio da Milano a Benevento senza i mezzi di trasporto del ventunesimo secolo: niente automobili, né treni o arei. Solo le proprie gambe e i cavalli. Questa l’avventura che spetta al giovane Diego Martinez, un agente assicurativo.

Diego Martinez, protagonista della storia di Andrea, decide di partecipare a una messa nera. D’improvviso, però, sviene, e da qui prende vita una storia inaspettata: si ritrova nell’Italia del ‘600, ai tempi della caccia alle streghe. Strada facendo, girando locande e casolari sperduti, si convince che solo le streghe possono aiutarlo a tornare nel proprio secolo. Da qui comincia a vestire i panni del cacciatore di streghe. Riuscirà nell’impresa?

Ora, io non so se Lucifero sia tornato in cielo o se ne sia andato al diavolo. So solo che a partire dalla notte fra il 7 e l’8 luglio 2013 mi sono ritrovato indietro di quattro secoli esatti, ovvero alla data dell’8 luglio 1613. Questo è capitato circa un anno fa, e infatti adesso per me è il 1614.

Le streghe del sedicesimo e diciassettesimo secolo erano donne normali, la Chiesa contribuì al processo di demonizzazione e le perseguitò perché considerate “figlie di Satana” ed eretiche. Si raccontava che erano pericolose, che potevano scatenare temporali e fulmini, che nel loro grembo portavano il Diavolo.

In realtà molte di loro erano colpevoli di non essere arrivate vergini al matrimoni, o anche solo per aver curato delle ferite con erbe o intrugli particolari. L’inquisizione di allora era spietata e scellerata. Esistevano davvero le streghe come noi le intendiamo oggi? cioè dotate di poteri magici? Diego Martinez lo spera, perché è l’unico modo per tornare a casa.

Dopo mille vicissitudini riesce a individuare una vera strega, che vive in Benevento. Ma il prezzo da pagare è molto importante: lo accetterà?

La scrittura di Andrea è particolare. Sicuramente di facile lettura, scorrevole e a tratti divertente (per via delle battute dei suoi personaggi). Alterna qualche descrizione a diversi discorsi diretti; è un libro in prima persona e con un linguaggio molto colloquiale. I personaggi dell’Italia del ‘600 sono ben caratterizzati e comunicano spesso con il proprio dialetto. Mi è però sorto il dubbio, alle volte, se alcuni vocaboli fossero adeguati rispetto i tempi in cui l’azione si svolge.

L’idea del romanzo è interessante (per me anche affascinante) e raccontata con un filo di leggerezza e ironia. La storia corre e i colpi di scena sono ben calibrati. Forse un pizzico di azione in più avrebbe reso la trama più accattivante.

Nel complesso, comunque,  il libro è riuscito.

Recensione a cura di Dylan Berro


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