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Recensione "Alps"

Creato il 19 marzo 2014 da Giuseppe Armellini
Recensione Va bene, non faccio diventare la Trilogia Greca del Padre (Miss Violence, Dogtooth, Attenberg) una
quadrilogia, o.k, ma che Alpis sia un'altra meraviglia del portentoso cinema ellenico questo è fuor di dubbio.
Più che altro nello specifico è talmente evidente che questo sia un film di Lanthimos (regista di Dogtooth) da gridare quasi al miracolo per aver trovato nel cinema moderno un regista capace di scrivere e realizzare film talmente nuovi, talmente pieni di significati, talmente disturbanti da renderlo con solo due pellicole uno dei più grandi autori moderni.
Un pò ho capito cosa mi affascina di Lanthimos. E' il suo tratto saramaghiano, quello di costruire vicende al limite dell'assurdo (o che lo oltrepassano) vendendocele per dati di fatto, verosimili, accettabili.
Ma quello che è davvero portentoso in questo cinema (tutto questo greco) è la capacità di emozionarti senza toccarti il cuore. C'è uno stranissimo sentimento puramente intellettivo, un disturbo che ti colpisce alla testa molto prima che allo stomaco. La freddezza con la quale i fatti vengono narrati, questa incredibile glacialità sono qualcosa di portentoso. E Lanthimnos in più riesce a creare dei soggetti del tutto nuovi, geniali.
Qua si parla di una "società" di sole 4 persone che dietro compenso "interpreta" il ruolo di persone morte, per far vivere alla famiglia più gradualmente e senza stacchi netti l'elaborazione del lutto. Il ruolo dell'"attore" è predominante. Molte volte vi si fa riferimento, si chiede ai morenti chi sia l'attore preferito, in una scena la vecchia cieca di tutte le notizie della rivista vuole che le sia letta l'intervista a Wynona Ryder, gli "impersonificatori" (i 4) fanno delle prove prima di recitare le parti o giocano al gioco del "chi sono"?. Il ruolo dell'attore quindi, di colui che interpreta una parte, della finzione, è predominante. E il bravo attore può interpretare chiunque, anche il ruolo di una ragazza 16enne a 30 anni e passa. Lo stesso nome che i 4 si danno, Alpi. sta a significare che qualsiasi montagna delle Alpi può sostituire un'altra montagna ma non viceversa. Ed anche questo è affascinante perchè tale cosa non è assolutamente vera, ma Monte Bianco sembra avere una visione limitata e limitante del mondo, un pò come i protagonisti di Dogtooth.
Ancora una volta il sesso è mostrato in maniera disturbante e disturbata, ancora una volta il ballo (incredibile anche qui l'importanza che gli si dà) è al centro delle scene più grottesche, ancora una volta c'è un'aria torbida, malata ma di un fascino incredibile.
E sono geniali alcuno passaggi di sceneggiatura, come lei che si "compra" una parte all'insaputa di loro, come la ragazza ginnasta talmente plagiata da tentare il suicidio non tanto per l'orrenda vita che fa ma per aver fatto male il suo lavoro (e la metafora della ginnastica è perfetta dato che forse è lo sport con più disciplina e crudeltà nell'apprendimento). Anche per questo come per i film della Trilogia potremmo parlare di Quadrilogia dell'Educazione...
C'era di tutto per fare un film che colpisse anche le corde emotive dello spettatore. L'elaborazione del lutto, il tentativo di colmare un vuoto, il non voler guardare in faccia la realtà, il tema della perdita e del dolore, c'erano tutti gli elementi per emozionare. E invece no, tutto è trattato in un modo freddo, grottesco, una specie di teatro dell'assurdo. Ad esempio la prova di litigata tra il venditore di lampade e sua "moglie" e la successiva immediata rappresentazione mettono i brividi. E' un cinema a tesi, che vuol dimostrare qualcosa, forse un cinema colto e superbo, ma di una bellezza a mio vedere unica.
Gli ultimi 10 minuti, apparentemente ostici, secondo me sfiorano la perfezione.
Monte Rosa non fa più parte della società (in una scena che per violenza e glacialità ricorda come non mai quella di Niente da nascondere di Haneke).
Ha solo due altre possibilità.
La prima è continuare la recita della giovane tennista, quella che aveva intrapreso da sola. Ma la società nel frattempo l'ha saputo e sostituita con la ginnasta (ah, a proposito, fantastiche le due attrici, che altro non sono poi che la protagonista di Attenberg e la sorella maggiore di Dogtooth).
Ormai le resta solo casa sua, quella vera (vera? qualche dubbio ce l'ho). E in un disperato e paradossale tentativo tenta davanti suo padre di interpretare sua madre defunta. Monte Rosa non può vivere la sua vita vera, ha bisogno di essere qualcun altro.
Un altro film su cui si potrebbe scrivere un libro.
( voto 8 )

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