[Recensione] Angel di Anne Rice

Creato il 27 dicembre 2011 da Queenseptienna @queenseptienna

Forse nemmeno lui ricorda più il suo vero nome, l’ha perso tanti anni fa insieme all’innocenza. Ora si fa chiamare Lucky the Fox, e il suo mestiere è uccidere su ordinazione. Un enorme dolore nel suo passato l’ha spinto su questa strada di disperazione, e uccidere è la sua sola missione. Ma in fondo al suo cuore è rimasto qualcosa del ragazzo che suonava divinamente il liuto e amava leggere Tommaso d’Aquino. E proprio il ricordo di quello che è stato e che avrebbe potuto essere manda in crisi Lucky the Fox, e lo spinge al suicidio. Ma proprio quando tutto sembra perduto, entra in scena Malachia, il suo angelo custode, che gli offre una seconda possibilità: viaggiare nel tempo e salvare un’esistenza perduta del passato…

Titolo: Angel
Autore: Anne Rice
Editore: Longanesi
Pagine: 350
Prezzo: € 18,00
Edizione: copertina rigida

Voto: 

La Rice abbassa il tiro e si dedica agli angeli, colta dal fervore della sua ritrovata conversione –“nasce” cristiana ma diventa atea… almeno fino al 1998- che gioverà alla sua anima ma non certo alla sua scrittura. Non che la Rice scriva male, non siamo blasfemi: l’ho ritrovata –sì, l’ho riconosciuta, era proprio lei! Seppur in mezzo a salmi, chiese e preghiere…- nel capitolo dedicato alla vita di Lucky the Fox, alias Toby O’ Dare. Persa in questo mare di fede un po’ improbabile, ma c’era. Eppure la mitologia biblica e l’angelologia, congiunti al suo genio, avrebbero potuto dare vita ad un romanzo con i controfiocchi. Macché, questo Lucky the Fox –killer pentito- non ha nemmeno un briciolo dello charme tormentato e paranoico di Louis, seppur a lui potrebbe, per certi versi, essere affine. Nonostante la sua storia strappalacrime, che, come ho detto, mi ha fatto ritrovare un po’ della vecchia cara Anne, Lucky appare un personaggio quasi scialbo, soprattutto in veste di “mandato dal Signore”. Ma, per farvi capire meglio, sarebbe opportuno riassumere la trama.

Lucky è un killer metodico e “pulito”, assunto dieci anni prima da un uomo di cui nemmeno lui conosce la vera identità, ma che gli assicura di essere dalla parte del bene e che chiama l “Uomo Giusto”. Al termine di un omicidio che pare scuoterlo, Lucky si trova sul punto di iniettarsi una miscela letale. A fermarlo è però un giovane che dà mostra di conoscerlo intimamente e lo invita a desistere dal suo intento. Si tratta di Malchiah, un angelo che lo ha osservato in questi anni e che adesso gli offre la possibilità di redimersi compiendo delle buone azioni. Ma di semplici buone azioni non si tratta, perché Lucky si ritroverà catapultato nel XIII secolo per salvare la vita di una coppia di ebrei, accusati di aver ucciso la figlia e vittime dell’ennesima persecuzione.

Come ho già accennato, il capitolo più tragico e meglio riuscito è quello riservato al passato di Lucky-Toby O’ Dare, talentuoso suonatore di liuto, orfano di padre galeotto e sfortunato figlio di una madre alcolizzata. Come è facile intuire, la sua storia non ha un lieto fine. L’assunzione da parte dell’Uomo Giusto gli conferisce quasi un posto nel mondo, un’identità fissa, ma sono il posto e l’identità di un letale cecchino. La Rice scrive bene, e questo lo sappiamo tutti. Un tempo lo avrei considerato un apprezzamento troppo riduttivo per la grandissima scrittrice di Intervista col vampiro, ma in Angel, possiamo dire che, semplicemente, scrive bene. Spesso la sua narrazione è stata giudicata troppo “pesante” o filosofica, ma, al contrario, in questo libro pecca di un’inusuale leggerezza. La prima parte, più lenta, risulta la più interessante. La seconda (dal salto temporale in poi) è invece più scorrevole ma meno approfondita, salvo la narrazione della storia di un personaggio coinvolto. La risoluzione della “missione”, forse a causa della lunghezza poco estesa del romanzo che costringe a sintetizzarla, risulta poco convincente e l’intero episodio non riesce a coinvolgere emotivamente il lettore, che si trova ad assistervi con una composta indifferenza.  Terribilmente scontato, è, invece, il finale, in cui Lucky, dimessosi dalla professione di killer, vuole scrivere un libro sulla sua esperienza trascendentale intitolato con il nome del romanzo che teniamo in mano.

Una nota di demerito va inoltre alla ricostruzione storica insufficiente –appena accennata- e ai personaggi un po’ stereotipati, ma, soprattutto all’assenza delle figure cui è dedicata la saga: gli angeli. A parte la comparsa di Malchiah, infatti, non abbiamo né nessun ingerenza né nessuna descrizione dei servitori di Dio.

Il romanzo risulta insomma piacevole e ben scritto, scorrevole, con picchi di interesse e altri di indifferenza ma, purtroppo, non sono questi gli aggettivi che pensavo avrei riservato ad una scrittrice del calibro di Anne Rice…


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