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Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

Creato il 30 settembre 2015 da Parolepelate

Fidarsi o non fidarsi della tv generalista americana? Questo è diventato un grande dilemma negli ultimi anni, in cui ci sono stati riproposti sempre gli stessi temi e le stesse dinamiche dagli emittenti principali, come ABC e NBC. Ecco perché, quando ho visto il trailer di Blindspot (trasmesso appunto da NBC), mi sono incuriosita ma al tempo stesso ho temuto che un’idea del genere potesse trasformarsi in una grande e banalissima stupidaggine.

E invece.

La prima cosa che ho notato è che la storia è molto affascinante dal punto di vista visivo. La scenografia dai toni freddi, sebbene sia ricorrente nei telefilm procedurali, si sposa bene col profilo di una New York buia e angusta, ma soprattutto con i colori dei protagonisti.

La sinossi è semplice: nel bel mezzo di Times Square viene trovato un borsone. Dal borsone non viene fuori una bomba, ma una donna il cui corpo è completamente ricoperto da tatuaggi. Questa donna non ha alcun ricordo di sé stessa, del suo passato o dei tatuaggi. Tra le tante immagini che si ritrova impressa sulla pelle, una in particolare mette in moto la trama: Kurt Weller, FBI.

Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”
Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”
Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

La donna, che viene dunque rinominata Jane Doe, viene affidata all’FBI e, in particolare, all’agente speciale Kurt Weller, un detective di quelli burberi e tenebrosi (ne abbiamo visti svariati sui nostri schermi), che gestisce una squadra diagenti e tecnici altamente specializzata, accanto della Direttrice Bethany Mayfair (chi ha visto Broadchurch l’avrà riconosciuta).  E ciò dà inizio alla storia come è stata presentata dalla tagline della serie: Piecing together her past. One tattoo at a time [Ricomporre i pezzi del suo passato. Un tatuaggio per volta].

Se siete qui presumo che le puntate le abbiate viste, quindi vi dico subito cosa ne penso: Blindspot, almeno per ora, promette molto bene. Se in alcuni punti è evidente che sia un prodotto generalista, in altri la qualità si avvicina di molto a quella che vediamo su cable (HBO e altri, per intenderci).

Gli attori sono tutti molto convincenti, specialmente la nostra Jane (Jaimie Alexander) che trasmette molto bene quello stato di confusione che tutti noi proveremmo se ci trovassimo senza ricordi e con un corpo che, oltre ad essere coperto di tatuaggi, è anche capace di combattere. Immaginate di non avere ricordi, ma di riuscire a lottare e sparare senza alcuno sforzo (ah, la memoria procedurale…): come potreste essere sicuri di aver usato certe abilità a fin di bene? L’oblio può proteggerci da noi stessi?

Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”
Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”
Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

Meno convincente mi è parso l’agente Kurt (Sullivan Stapleton), perché ho paura che rimanga incastrato nello stereotipo che avvolge tutti i detective fittizi.
I colori del telefilm, che prima ho definito freddi e scuri, sembrano intrecciarsi con gli occhi di Jane e Kurt (entrambi sapientemente chiari), nel corpo di lei fino ad abbracciare la città intera. Tra l’altro, sembra che per preparare l’attrice, e applicarle tutti i tatuaggi, i truccatori impieghino ben tre ore (come potete vedere qui)!

Una cosa che rende estremamente interessante e promettente questa serie è proprio il suo genere. Perché giustamente si potrebbe pensare che nessuno sentiva la mancanza di un ennesimo procedurale classico. Io stessa, dopo sette stagioni di Castle, posso definirmi satura del genere. Ma Blindspot sembra avere un vantaggio che, essendo intrinseco della sua stessa trama, potrebbe riscattarlo dai limiti che il genere gli impone.
Solitamente il procedurale ha una trama principale, che riguarda uno o più personaggi principali, resa complicata in modo che possa essere allungata “a piacimento”. Questa trama portante emerge solo per pochi episodi a stagione, la quale per il resto procede con storie autoconclusive che servono a rafforzare i legami fra i personaggi e con lo spettatore. Blindspot, invece, è costruito in modo che la trama principale e quella di ogni episodio coincidano: ogni tatuaggio di Jane è l’indizio per un caso di rilevanza nazionale, che però finisce col dare qualche informazione in più alla sua storia. Solo una volta risolto il caso (come in un procedurale, a metà fra Castle e Homeland qui), la storia di Jane può avanzare. Difatti, già nella seconda puntata ci sono dei risvolti estremamente interessanti – come solitamente non accade nei telefilm, in generale, e nei polizieschi, in particolare -.

L’azione è tanta, la produzione non si è affatto risparmiata né nei combattimenti né negli effetti speciali. Accanto all’azione, si affaccia una buona componente drammatica e una grossa dose di psicologia. [Nota per gli utenti: l’autrice studia psicologia]. Quando si parla di memoria, di Disturbo Post-Traumatico da Stress e simili le mie antenne vibrano – e il mio quinto senso e mezzo scalcia. Per ora non ho notato scorrettezze “tecniche”, per quanto io non conosca il farmaco che ha cancellato la memoria di Jane (non è uno spoiler, lo dicono al minuto 5), il resto è tutto corretto e non sono volati termini o teorie strampalate. Magari per voi stica, ma per me è un punto a favore.

Recensione | Blindspot 1×01 “Pilot” – 1×02 “A Stray Howl”

Io la amo già follemente.

Vi lascio al promo della prossima puntata, Eight Slim Grins.


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