La verità, prima o poi, viene sempre a galla.
Sembra essere una nozione condivisa dal senso comune, eppure le persone continuano imperterrite a nascondere verità di cui, un giorno, arrivano inevitabilmente a pentirsi. Quando poi questa cosa accade al governo, i casini raddoppiano.
Questa puntata di Blindspot è stata niente meno che il trionfo dell’americanismo come tema problematico e scottante. Gli sceneggiatori ci tengono chiaramente a tenere la trama sul binario dell’attualità, con la polizia che abusa violenza, gli afroamericani vittime di tale abuso, le rivolte di quartiere, la corruzione. Strizzando come sempre un occhio allo stereotipo (polizia vs federali), il caso di questa settimana si incastra con un altro tema tanto caro all’era moderna: il diritto alla privacy.
Ma, come ormai ben sappiamo, in questo telefilm lo sfondo e il particolare vengono sempre a confondersi, ad unirsi.

Il rapporto fra governatori e cittadini è, in fin dei conti, basato sulla fiducia. Ma questa fiducia viene costantemente tradita, lo sappiamo. Ma qual è il limite fra fiducia e sicurezza? Fino a che punto un governo dovrebbe scegliere di lasciare i suoi cittadini in balia della criminalità, per tutelare la nostra privacy? In fondo, se ti spiano le email o i messaggi e non hai nulla da nascondere, a te cosa importa?
Un tema atavico e ostico. Non si riesce a venirne a capo, pure a spremersi le meningi. È un confine troppo labile, un problema troppo serio, ma – specialmente negli Stati Uniti – molto sentito. Google, no? Avete presente?
Ecco perché questa serie va in onda sulla tv generalista. Se non fosse per i tatuaggi di Jane, sarebbe tutto già visto e rivisto. Kurt è il solito detective integerrimo che preferisce urlare in testa al suo capo, piuttosto che lasciar correre su un fatto così grave – e illegale! Ne abbiamo visti a bizzeffe così, negli anni. Bethany è la solita persona al potere che cerca di combattere il male ma è incastrata dalla burocrazia; allora decide di aggirarla seguendo vie illegali, ma usandole col principio di moralità, muovendosi nella zona d’ombra fra legalità ed etica. Batman, no? Avete presente?
Non sto ritrattando ciò che penso su questo telefilm, che rimane ben fatto, ben scritto e bene interpretato. Sto solo sottolineando che la scelta delle tematiche è sì attuale, ma classica. È Jane a fare la differenza, quindi faranno bene a giocarsi la sua carta come si deve.

È infatti proprio Jane a non avere un passato, ma ad essere ben vigile sul presente. Lei osserva, non le sfugge nulla.

Qualsiasi cosa abbia fatto, lei è molto più di un solo errore.
Questa frase sembra aprire a Kurt le porte illuminate della comprensione. Quindi il doppio binario della corruzione e del tradimento va a finire in quello del perdono e del pentimento.
Weller da una parte, che dà una tregua a Bethany e le augura solo che arrivare a tanto sia valso la pena e che, non pago di ciò, decide di dar tregua anche al padre e di concedergli il beneficio del dubbio, almeno in punto di morte.
Bethany, dall’altra, che ci mostra finalmente un lato di sé che ancora non conoscevamo. Lei che aveva cercato di bloccare Daylight sul nascere ma che si era fatta convincere, proprio lei alla fine è rimasta sola, esposta. E ha perso un amore importante.
Poi ci sono quelle tre birbantelle che fanno comunella. In gran sostanza, si finisce sempre con un bicchiere di scotch in mano, come in qualsiasi telefilm americano che si rispetti!

Quindi come sempre una puntata piena zeppa di cose importanti. L’ombra che avvolge la storia di Jane si dirada sempre un po’ di più, episodio dopo episodio, e nel frattempo i personaggi che la circondano acquistano uno spessore sempre più interessante, una vita propria. Tanti sentimenti, in così poco tempo.
Extra:





Muoio.
Vi lascio al promo della prossima puntata, “Authentic Flirt“, che sta facendo impazzire mezza america con queste scene alla Mr e Mrs Smith!

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