Patterson, Patterson. Ma che cosa mi combini.
Ecco qui, riassunto in poche parole lo spirito della puntata! Un paio di occhioni azzurri che rischia di innescare un disastro nazionale dopo l’altro e finisce per abbandonare David. Logicamente.
Andiamo con ordine. La puntata si svolge seguendo due binari nettamente distinti.
A casa abbiamo Patterson che gioca al Codice da Vinci col ragazzo, la cui curiosità verrebbe fermata probabilmente solo da un colpo in testa (ma lo dico con affetto, per carità), e fa scoperte decisamente interessanti prima di essere beccata in flagrante dalla Mayfair. Com’era ovvio che fosse, d’altronde. Il concetto di riservatezza non le è affatto noto.
In questa puntata viene dunque decifrato un nuovo tatuaggio, ma il caso che si affronta è quello principale: il caso di
Saul Guerrero. Ricapitoliamo: il numero di serie del suo caso è tatuato sul corpo di Jane. Quando Patterson lo scopre, trova il fascicolo che risulta ampiamente censurato. Quando chiede aiuto alla Mayfair, questa si dimostra reticente ad aiutarla. La scorsa puntata di concludeva con la scienziata multitasking che rivela a Kurt i suoi sospetti.In uno dei tanti momenti in cui, in questa serie, sembra che il grado nell’FBI conti quanto un moscerino sul muro, Kurt si impone sul suo capo di dirgli la verità.
E le fandonie, relative per altro all’*andraghèta* [‘Ndrangheta secondo gli americani, N.d.R.], piovono dal cielo.
Da qui la puntata prende il suo avvio, con la squadra che trova Guerrero in questa comunità indipendente dallo Stato, armata fino ai denti che neanche a Kabul. Non ditelo a Carrie Mathison, per favore.
Jane, dal suo canto, si dimostra a tratti palesemente “assoggettata” a Kurt – ci rimane male quando non la porta con sé, come una ragazzina con la cotta – , a tratti più sicura e in controllo della sua situazione.
Trust me. I know my own tattoos.
E infatti, durante il ritorno alla base, questa sua doppia natura viene fuori dalle sue stesse parole.
We’re in this together. Dice a Kurt.
I think it’s got something to do with being in control, gli risponde, quando sottolinea quanto sia strano che una pilota abbia paura di volare.
Sì, perché sa anche pilotare un elicottero. Così, per arricchire un po’ il curriculum.
A casa la situazione, come detto, è interamente incentrata su Patterson, ovvero la donna senza nome – se l’hanno detto e mi è sfuggito ditemelo, vi prego, perché sto impazzendo – e David, ovvero l’uomo senza una vita propria – carino e coccoloso, certo, ma cosa fai per campare esattamente? -. Il loro lavoro di squadra è cervellotico e avvincente, controbilancia perfettamente l’altra metà della storia, interamente d’azione, con una buona dose di puzzle mentali ed enigmi da risolvere.
MA LA DOVEVA LICENZIARE IN TRONCO COMUNQUE. Mi sarebbe dispiaciuto, ma nella realtà sarebbe andata così. E sul mollare David mi esimo dall’esprimermi, perché non voglio occupare caratteri dicendo l’ovvio. E andiamo!
Ma la puntata degli sgamoni – perdonatemi se dalle vostre parti non si dice ma termine più azzeccato non c’è – non finisce con Patterson. Buttando di nuovo dalla finestra il rispetto per il grado, Kurt smaschera la Mayfair e il suo racconto farlocco su Guerrero e l’*andraghèta*. La prossima puntata, Persecute Envoys, sarà quindi cruciale perché il vaso di Pandora è ormai aperto. Non mi aspetto di vedere Kurt in vacanza nell’immediato futuro.
Ah, notate bene che siamo neanche a metà serie (che avrà 23 episodi, numero appena aggiornato). Direi proprio niente male per 42 minuti di intrattenimento cable.
Vi lascio al promo della 1×08.
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