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[Recensione] Città del fuoco celeste – Cassandra Clare

Creato il 28 settembre 2014 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Città del fuoco celeste – Cassandra ClareTitolo: Città del fuoco celeste

Autore: Cassandra Clare

Editore: Mondadori

ISBN: 978-8804641292

Edizione: copertina rigida

Num. Pagine: 734

Prezzo: 17,00

Voto:

[Recensione] Città del fuoco celeste – Cassandra Clare

Trama: Ultimo capitolo della prima saga degli Shadowhunters (The Mortal Instruments), Città del fuoco celeste riparte da dove era finito il volume precedente, ovvero dall’ombra lunga di Sebastian/Jonathan Morgesten e dal suo desiderio di vendetta e distruzione. Gli Shadowhunters saranno costretti a scendere in guerra contro il loro nemico più folle ed imprevedibile, ma nemmeno i Nascosti saranno risparmiati. Sebastian sembra inarrestabile, e arriverà a minacciare la stessa Alicante, città patria dei Nephilim, dove questi ultimi si sono rifugiati. Per fermare la minaccia, Clary ed i suoi amici dovranno affrontare poteri demoniaci mai incontrati prima. Recensione:

Allora. Parliamoci chiaro.

Cassandra Clare non è genio letterario, nemmeno nell’ambito dell’urban fantasy. Non è Neil Gaiman, non è Scott Westerfeld o Martin Millar o chiunque siano i vostri autori urban preferiti. La saga degli Shadowhunters non è fatta per soprendere con innovazioni sul genere. Io, del resto, non l’ho mai letta con certe aspettative, e me la sono sempre goduta, nella sua prevedibilità talvolta banale, talvolta squarciata da buona ironia e buoni personaggi.

Primo e terzo volume sono stati accettabili, secondo e quarto mi sono piaciuti più di tutti – ed il quinto mi aveva coinvolta molto sul piano emotivo, se non nella trama.

Questo sesto ed ultimo volume mi ha delusa in modi inimmaginabili.

E sì, in questo caso avevo forse troppe aspettative. Il motivo principale aveva a che fare con il precedente libro sugli Shadowhunters, La principessa, conclusione della trilogia spin off/prologo, Le origini. Quello era stato un ottimo finale, un libro che mi aveva commossa e catturata, e fatto ben sperare nella capacità dell’autrice di concludere una saga nel migliore dei modi.

Città del fuoco celeste ha bruciato le mie speranze fino alle radici, tanto che non sono del tutto sicura che continuerò a leggere i libri della Clare – e se ne prospettano tanti, ma sullo sfruttamento fino al ridicolo di questa serie preferiscono non dilungarmi.

Ora, WARNING! questa recensione conterrà PESANTI SPOILERS.

Se non avete ancora letto il libro, non continuate. Se non lo avete letto nè mai lo vorrete leggere … perché state leggendo questa recensione? Ma ehi! grazie comunque, brava gente. Potete continuare a leggere e convincervi che la vostra decisione di ignorare Cassandra Clare sia stata buona.

Se avete letto e amato questo romanzo, mi appello alla libertà di pensiero, di opinione e di libero e selvaggio rant. Non leggete la mia recensione, se già quelle 2 stelline e mezzo vi urtano. Oppure leggetela, se vi va, mi fa ancora più piacere – ma non dite che non vi avevo avvertiti.

LET’S START WITH RANT AND SPOILERS!

La prima cosa che mi ha irritato, in questo libro, è il ritmo della narrazione. Parte rapido, troppo rapido, con il primo attacco di Sebastian già nel prologo, per poi trascinare la guerra in lunghi capitoli frammentati dai troppi punti di vista. Tenere il passo con la storia può non essere difficile, perché in fondo la storia non è in sè difficile da seguire, ma il ritmo è spezzato e stonato, la tensione cresce, ma talvolta troppo lentamente, talvolta in modo pesante e/o dispersivo.

Il continuo cambio di POV fa venire naturale il voler saltare certi paragrafi o anche intere sottotrame, che comunque non si riescono a seguire bene, non se spezzettate lungo l’intera durata di un libro così lungo.

(E a proposito di sottotrame ed ambientazioni poco chiare e frammantarie: qualcuno deve spiegarmi il funzionamento, e soprattutto la necessità, della dimensione parallela demoniaca. Perché io ancora non ho capito la metà di come il tutto abbia funzionato.)

Per quanto riguarda i personaggi, vogliamo parlare della pubblicità spaventosa alla prossima trilogia della Clare, The Dark Artificies?

I protagonisti di questa trilogia saranno i ragazzi dell’Istituto di Los Angeles, che in questo libro sono ancora bambini – ed occupano un buon terzo della trama. Il che è semplicemente odioso. Sapevo già che il prologo sarebbe stato ambientato a Los Angels, ma credevo che quello sarebbe stato l’unico momento dedicato a quei personaggi. Invece, i ragazzi di Los Angeles occupano uno spazio spropositato dell’intero libro.

E questo, semplicemente, non funziona, non per me.

Città del fuoco celeste è l’ultimo capitolo della saga, e disperdere l’attenzione su personaggi che letteralmente non abbiamo mai visto prima? Non la scelta migliore, no davvero.

Francamente, riesco a trovare solo due motivi per i quali la Clare possa aver fatto questa scelta: 1) voleva pubblicizzare aggratis la sua prossima saga, oppure 2) non sapeva come riempire le 700 e più pagine che si era prefissata per questo romanzo finale.

Non commenterò nessuna di queste due possibilità, perché non voglio offendere nessuno, e poi sono entrambe alternative non poco deprimenti.

Questi sono i maggiori difetti del libro. Sembrano pochi, ma sono difetti strutturali pesanti e globali, che mi hanno rovinato quasi del tutto la lettura. Certo, ho trovato tante piccole scene da amare e da ricordare, ma l’esperienza complessiva è stata molto deludente.

Un commento specifico devo dedicarlo a Magnus Bane, che è il mio personaggio preferito – nonché un’altra fonte della mia delusione nei riguardi di questo libro. C’erano due (non duecento, due) importanti problemi, riguardanti Magnus, che sarebbero dovuti essere risolti: l’identità del suo vero padre, e la sua relazione con Alec.

Daddy Demon (l’ho soprannominato così dal almeno tre/quattro libri, passatemela, sù!) effettivamente appare, ed io ho avuto la piccola, grande soddisfazione di averci preso: è Asmodeus, uno dei Principi degli Inferi. Solo che – appare, ecco tutto. Appare, prende in giro, minaccia, ridacchia, strappa i ricordi di Simon come pagamento in cambio dell’aiuto richiesto, e se ne va. E basta. Fine. Nient’altro.

Ora, posso capire che io non avrei dovuto aspettarmi chissà quale meraviglia mitologica su demoni ed angeli ed angeli caduti e compagnia bella, per questa sottotrama (non quando la Clare non dedica il dovuto spazio nemmeno all’angelo degli Shadowhunters, quel bastardo di Raziel); ma dopo accenni, indizi e cupe precognizioni sparse in metà dei libri che questa donna ha scritto, io mi aspettavo di meglio.

Ma lasciamo pure correre il flop demoniaco, e parliamo della trama amorosa, d’accordo? Parliamo del problema mortalità/immortalità posto dalla relazione fra Magnus ed Alec – che non viene nè risolto o eliminato, ovvero nessuno dei due cambia natura, nè davvero affrontato in maniera soddisfaciente, perché riemerge solo nei (pochi) dialoghi a due fra i personaggi.

Posso capire che non sarebbe stato sensato, fermare la narrazione tesa e concitata di una guerra per una terapia di coppia, ma rimane che il tempo dedicato ai dialoghi fra Alec e Magnus sia esiguo. Una cosa ancora più grave se si pensa che nei libri precedenti è stato ripetutamente (e nemmeno troppo implicitamente) sottolineato come la mancanza di comunicazione sia il loro grande problema (e quello di tutte la relazioni nei libri della Clare, per essere onesti).

Persino la loro ultima scena, nell’epilogo, lascia il problema in sospeso, come se all’improvviso fosse diventata una questione di poco conto.

E tutto questo risalta ancora di più quando si ha ancora fresco nella memoria il bellissimo e straziante epilogo de La principessa, dove l’immortalità di Tessa è tangibile con tutti i sacrifici che comporta. (Ed è impossibile non pensarci, visto che Tessa, con il suo bagaglio di ricordi e malinconia immortale, è presente anche in Citta del fuoco celeste.)

Ed infine: ultimo, ma primo nella lista dei dettagli che mi hanno fatto detestare questo libro.

Simon e la sua fine.

Happy Ending. Happy Ending sdolcinato sterminatore di ogni possibile pathos e catarsi. Perché buona metà dell’epilogo è spesa ad annunciare un quasi certo recupero della memoria da parte di Simon.

E questo fa schifo.

No, seriamente: fa davvero schifo. Fa proprio schifo sul piano della narrazione.

Perché quello era stato il sacrificio. Il culmine del dolore, o comunque uno dei pochi, terribili picchi di emozione e tragedia del libro.

E. Doveva. Rimanere. Tale.

Perché? Perché è così che funzionano i sacrifici, ecco perché. Perché non si torna indietro. Perché annullare in un modo così banale e puramente fanservice il sacrificio di uno dei personaggi principali significa, a mio umilissimo parere, annullare l’evoluzione drammatica del personaggio.

Io ho amato il sacrificio di Simon. Potete scommetterci che l’ho amato. Come lettrice appassionata emotivamente, mi è dispiaciuto per il personaggio – ho sofferto con lui. Capite? Si chiama coinvolgimento emotivo. Si chiama onesta rappresentazione dei danni che una guerra può causare, fosse anche quella fittizia di una fanta-boiata young adult. Si chiama sacrificio, scegliere il male minore, come vi pare.

L’epilogo annulla tutto. Tutto il dolore, tutta la catarsi – viene tutto spazzato via. Anzi, peggio: appare tutto come inutile, ridicolo. Perché tutto si sistema. Questo è un errore terribile, da un punto di vista narrativo, perché si ha la sensazione che una parte dell’esperienza di lettura sia stata invalidata. La sensazione di essere stati presi in giro.

E, francamente, qui si ha anche la sensazione che il tutto sia un tentativo arraffazzonato di soddisfare tutti i possibili sottogruppi di fan, dando un happy ending a ciascuna coppia. (Oddio. Tutti tranne Jordan: di Jordan, a nessuno sembra importare nulla. Povero Jordan. Quasi quasi Sebastian era quello che gli si era più affezionato (?)) Nonchè il volere aprire un’altra possibile finestra di guadagno, visto che anche su Simon sono già in progetto un’altra serie di racconti.

In conclusione, se siete arrivati a leggere fin qui, innanzitutto grazie. Sono conscia di quanto questa recensione sia stata lunga, e magari priva di un vero e proprio ordine, ma avevo bisogno di levarmi parecchi sassolini dalla scarpe.

Posso consigliare questo libro?

Va da sè che, nel caso si siano letti tutti i precedenti, tanto vale leggere anche questo. Ci sono alcune scene molto belle sparse qua e là, nel mare di inutilità e fanservice.

Il punto è che, con una conclusione del genere, non mi sento più tanto di sicura di consigliare l’intera saga Shadowhunters.

La trilogia prologo mi aveva fatto ben sperare in una maturazione di Cassandra Clare rispetto ai primissimi libri. Ora non so che dire. Forse è una questione di gusti; forse è stato l’allargare una trilogia originale in una serie di sei libri. Qualsiasi sia il motivo, la distanza fra Città del fuoco celeste e La principessa è interstellare, e non sono sicura che il secondo titolo basterà a compensare la brutta esperienza che è stato il primo, nè tantomeno a convincermi della necessità di leggere le tante saghe Shadowhunters che si accalcano all’orizzonte.


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