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Recensione: "Danza con il diavolo" di Sherrilyn Kenyon

Creato il 08 giugno 2011 da Lauragiussani
Titolo: Danza con il diavolo
Autore: Sherrilyn Kenyon
Editore: Fanucci
Data uscita: 26 maggio 2011
Pagine: 317
Prezzo: 5,00 euro
Zarek è il più pericoloso di tutti i Cacciatori oscuri: in grado di eseguire perfettamente gli ordini ed è considerato violento e folle dai suoi compagni. Ha trascorso gli ultimi novecento anni in esilio in Alaska – prigioniero e isolato in mezzo al nulla e incapace di sopportare il sole senza ardere vivo –, e anche per un Dark Hunters abituato al peggio questa, come punizione, non è niente male. Liberato dal suo esilio per combattere i demoni che infestano New Orleans, con la sua cattiva condotta Zarek porta all’esasperazione Artemide, la dea che lo ha creato, che decide di averne avuto abbastanza di lui. Archeron, il leader dei Cacciatori oscuri, convince Artemide a concedere un giusto processo a Zarek prima di condannarlo: sarà Astrid, una ninfa nota per la sua crudeltà, a giudicarlo. E mentre Astrid lotta per mantenere la sua imparzialità di fronte alla crescente attrazione per Zarek – sospettoso, scontroso e rude, ma anche profondamente ferito – Artemide ha già inviato un carnefice per giustiziare il ribelle. Il giorno del verdetto si avvicina e Artemide è pronta a tutto pur di portare a termine la sua vendetta, anche se questo può voler dire distruggere il mondo intero.

RECENSIONE: Pessimo capitolo di una serie che già da tempo sguazza nella medesima minestra riscaldata. Con la speranza che qualcuno stenda presto un velo pietoso su di Astrid e sul suo oscurissimo  Cacciatore oscuro dal cuore di panna cotta.(Attenzione: spoiler!)
  
Prima di iniziare a scrivere questa recensione sono andata a rileggermi quella che avevo lasciato all’ultimo libro che avevo letto di questa serie. Non ricordavo male: avevo davvero detto che sarebbe stato l’ultimo. Come si può immaginare dalla sola stellina che ho attribuito a “Danza con il diavolo”, mi sto mangiando le dita dal nervoso per non aver seguito il mio stesso consiglio.Premetto che non ero dell’idea di comprarlo. Poi me lo ritrovo davanti al supermercato, e giusto per curiosità do un’occhiata alla trama: sembra essere il libro clou della serie. Sì, perché Zarek – o così almeno dice – è il più oscuro dei Cacciatori oscuri, il cattivo tra i cattivi, il pericolo fatto a persona. Il peggio del peggio, insomma. E quindi, secondo una mente non troppo contorta, quello che dovrebbe essere il più interessante.Poi vedo il prezzo, 5 euro. Scontato del quindici percento, e così scendiamo a quattro euro e venticinque centesimi. A conti fatti, mi sono detta: proviamoci ancora una volta – l’ultima – mal che vada non saranno stati troppi soldi buttati via. Ecco, ne ho buttati esattamente quattro euro e venticinque centesimi.Oltre a portarsi dietro le pecche degli altri libri – romanzi che, una volta ridimensionate  ampiamente le aspettative, possono comunque essere apprezzabili – esaspera i difetti e ne crea pure di nuovi. Tornano gli abitanti dell’Olimpo, capricciosi come sempre, impegnati in scaramucce personali spesso però dai risvolti fatali per l’umanità. Acheron e Artemide sono gli dei che in questo romanzo restano sotto i riflettori dalla prima all’ultima pagina, con piccole e rapide incursioni di Themis e delle Parche (Cloto, Lachesi e Atropo che qui vengono pure storpiate in Cloto, Lacy e Atty). Il rapporto tra Acheron e la dea della caccia è un tributo all’incoerenza, quella allo stato puro. La Kenyon dovrebbe quanto meno decidersi: o comanda lui, o comanda lei. Prima Acheron è messo alle strette, poi si arrabbia e allora Artemide trema come una foglia, poi lei da di matto e allora lui deve fare un giro dell’oca assurdo per sistemare la questione di Zarek, poi ancora diventa furioso per via di Simi e a quel punto Artemide teme che lui la uccida. Due secondi dopo le passa tutta questa mostruosa paura e torna a dettare legge. Decidiamoci, davvero, non se ne può più. Capricciosi fin che si vuole, ma quelle sono reazioni agli antipodi,  è un intermittente passaggio dal bianco al nero.Astrid credo sia la ninfa più noiosa e insipida che sia mai esistita. Buona l’idea della temporanea cecità, ma questo elemento da solo non basta a tenere a galla un personaggio così insulso e senza carattere, troppo arrendevole e spesso saturo di banalità.Zarek è la ciliegina sulla torta di questo pessimo romanzo. Nella prima parte, il Cacciatore oscuro più oscuro dell’oscurità digrigna i denti, è maleducato, freddo e insensibile. E al tempo stesso ridicolo. Perché mai come in questo romanzo la Kenyon cerca di sottolineare alcuni aspetti comportamentali del classico progaonista maschile, esasperandoli fino all’inverosimile. La scontrosità di Zarek non è che una farsa, un fastidio non da poco per il lettore. Poi, ecco infatti che cambia. Poteva il nostro uomo di ghiaccio non avere un cuore molle come un budino di panna cotta? Ma ovviamente no! Man mano che la storia procede passa dall’irascibilità al vittimismo più assoluto: nessuno mi ama, nessuno mi pensa, nessuno mi vuole.Che dire poi dell’accoppiata Astrid-Zarek (accoppiata mi fa venire in mente accoppiamento, termine che non sarebbe poi così fuori luogo viste le circostanze). Sì, perché i nostri due eroi – che prima si nascondono e poi fuggono da spietate creature e nemici in cerca di vendetta – trovano tranquillamente il tempo per parlare di futilità varie. Non solo: prima si pensano intensamente, si osservano con cupidigia, poi si desiderano ardentemente (con lunghe digressioni su cosa desiderano fare e in che modo). Quindi lo fanno in sogno, lo fanno nella realtà, lo rifanno nei dettagli, lo fanno un’altra volta: ok, basta, abbiamo capito!  L’unica verità di tutto il libro sembra risiedere nei pensieri  di Sasha, sottospecie di lupo mannaro amico di Astrid, che costretto a vedere le manifestazioni diabetiche dei due teme di diventare cieco. Beh, caro Sasha, il tuo timore è stato ampiamente condiviso, credimi. Il finale, manco a dirlo, è di una prevedibilità assoluta.La coppietta vivrà felice e contenta in eterno, Acheron e Artemide tornano al loro tira e molla (che probabilmente continuerà instancabilmente anche nei prossimi libri), e si conclude “in bellezza” con un orrido epilogo a Bora Bora (no, non sto scherzando…  a Bora Bora).Ci sono solo due piccole note positive in questo libro, due soltanto: si chiamano Sasha e Simi. Un po’ ridicoli forse (ma cosa in questo libro non lo è?), ma di certo divertenti e capaci di strappare qualche sorriso genuino. Due personaggi che al di là dell’aspetto si comportano come bambini viziati: Sasha con la sua antipatia cronica verso Zarek (posso morderlo? Non voglio che usi i miei vestiti, o il mio maglione! Adesso lo mordo!) e Simi che piagnucola perché vuole mangiare tutto e tutti, oltre al fatto che diverte sentirla parlare di sé stessa in terza persona singolare o prendere tutto quello che le viene detto esattamente alla lettera. Vagamente interessante Thanatos, ma solo appena appena.In conclusione: una stellina sola, e se la spartiscono a metà Simi e Sasha. Su tutto il resto è meglio stendere un velo pietoso. Detto questo,  la sig.ra Kenyon  non vedrà  più un solo centesimo da parte della sottoscritta. Per davvero, stavolta.

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