Sebastiano Adernò, In luogo dei punti, p. 54, colore marrone – Sicilia, 2012
ISBN 978-88-97204-18-3
Piantiamo i nostri telecomandi nella terra. Sono i punti di una lunghissima linea che dal polo nord al polo sud crea un meridiano in grado di far sbocciare tempo di immagini nuove, poiché questo tempo, è giunto:Il presente è troppo deturpato dall’orrore perché qualcosa finalmente non possa rinascere dal dolore.
Ed il luogo, già lo indica il verso di Sebastiano Adernò, che pianta chiodi, sceglie le pietre buone, incide la carne mediatica della civiltà con i suoi fotogrammi testimoniali che sono le cartografie viventi di quanto non viene mai nominato, ma epurato ad ogni breaking news dai servi dell’attualità ad ogni costo e dal potere in senso lato che ingoia in fast food i suoi morti ed intanto stende ovunque i suoi red carpet balneari anche sulle spiagge che restituiscono i migranti affogati ed allora:Di quante stelle si vantò la notte?
Anche la vanitas di ogni cosa china il capo e fugge dinanzi a questo scempio….
Sebastiano Adernò con lucidità temprata da profezia militante non esita,non solo ad enumerare i massacri collettivi ed individuali, ma a comunicare la voce di una posizione etica che sceglie e scarta le pietre come se ciascuna indicasse il corretto o cattivo esito di un destino e certamente mentre la crisi ti prende per il collo, le menti vanno ancora alla ricerca dei loro momenti gloriosi: Sulle spiagge di Ibiza, come altrove ed in ogni stagione, la movida e la techno celebra il terzo decennio mentre la realtà ha ormai sfondato e nessun web la può ricreare o ricostruire.
Intanto Sebastiano Adernò guarda. Dove non può guardare cerca gli occhi di coloro che non saranno visti da nessuno poiché stanno fuggendo sotto le bombe.
Quando Abdulah Sidran decise di rimanere a Sarajevo assediata sotto il fuoco dei cecchini serbi. Quando Osip Mandel’stam viaggiava imprigionato verso la deportazione e la morte.
Quando di notte arrivarono i soldati e sfondarono le porte per l’esecuzione di Garcia Lorca, la poesia continuava il suo compito , poiché come scrive Adernò in un passaggio: Nessuno più trasformi nessuna trave in croce. La resistenza umana e sacrificale del dire con il corpo della parola è compito del poeta in ogni tempo perché la morte non sia uccisione e violenza, ma inviti, sia porta anch’essa di ogni divenire umano.
In Luogo Dei Punti è un invito a riscrivere la geografia dell’anima attraverso quel senso migrante dei popoli e di dignità della persona, al quale noi contrapponiamo, direi storicamente, il “tempo reale” del cinismo mentre se vi sarà approdo nelle coscienze, sarà per quei punti dove ciò che è stato visto è stato detto: Solo allora l’accoglienza potrà davvero cominciare ad essere condivisa.
Luglio 2012 Alberto Mori
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