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Recensione di Art-Litteram: L’ORACOLO di Michael Sedge

Creato il 18 giugno 2014 da Ciessedizioni

A cura di Davide Dotto

Recensione di Art-Litteram: L’ORACOLO di Michael Sedge

“L’Oracolo” di Michael H. Sedge

La sibilla Cumana è, tra le dieci elencate da Varrone, di certo la più famosa. È la somma sacerdotessa dell’oracolo di Apollo, nota per aver accompagnato Enea nel Tartaro (oltretomba). I suoi vaticini venivano offerti nell’antro situato nei pressi del lago d’Averno, in provincia di Napoli, tra i comuni di Pozzuoli e Bacoli.

L’incontro tra l’umano e il divino non è mai scevro di conseguenze. È rischioso domandare e ancora di più ricevere risposta. Un reciproco e mistico fascino lega il mortale all’immortale, fino a dar luogo a relazioni che hanno prodotto le metamorfosi tramandateci da Ovidio, o le storie e battaglie narrateci da Omero.

Il mito di solito viene alla luce a cose fatte, e prelude alla scomparsa di un mondo. Una volta dileguatasi la divinità, morti gli eroi, esso giunge coperto da una fitta cortina temporale.

Il tempo e la storia, infatti, comprimari di questo romanzo, sommergono in profondi strati pensieri, vite, avvenimenti che tornano in superficie per accenni, frammenti e tracce. Accenni, frammenti e tracce che somigliano molto alle foglie di palma sparse dal vento, le quali contengono divinazioni da ricostruire, da intendere e interpretare, sibilline già sul nascere.

La sibilla di Cuma, che incontriamo nel romanzo di Michail H. Sedge, è messa a parte della conoscenza celeste, la sua mente umana ha visto ciò che nessun mortale ha mai concepito. Ha appreso i segreti degli Dei, le è stata data la chiave del suo stesso destino, di un futuro che, in quanto predetto,è già stato e non può cambiare.

Soggiogato da lei, Apollo è pronto a esaudire qualsiasi desiderio abbia nel cuore:

E io raccolsi un mucchietto di polvere e mostrandoglielo chiesi che, quanti granelli di polvere c’erano in quella manciata, tanti anni di vita mi fossero dati. Sciocca. Non mi venne a mente lì per lì di chiedere che fossero anche anni di gioventù. E tuttavia egli mi avrebbe concesso anche questo, una giovinezza perenne, se avessi ceduto alle sue voglie.

[Ovidio, Metamorfosi, Libro XIV vv. 136 ss. – edizione Einaudi a cura di Piero Bernardini Marzolla].

Quanto è lontana la fine? A un certo punto, vecchia di secoli, implora invano che giunga il suo tempo, non potendone più.

L’immortalità che scende su un mortale è un peso insostenibile. La sibilla in cambio assume su di sé un incarico gravoso che è chiamata a svolgere fino ai nostri giorni e oltre. Per portare a termine il suo compito non può, non deve morire. Il suo corpo, consumato dalla vecchiaia, decrepito e sempre più minuto, è destinato a dissolversi, si ridurrà a un fuscello infinitesimale, finché le rimarrà solo la voce che si insinuerà nei pensieri e nel destino degli uomini. E così mantiene per secoli la sua postazione, proteggendo un antico sepolcro, assalendo i cacciatori di tesori e i trafugatori di tombe.

Ai nostri giorni ben altro genere di personaggi si fanno vivi tra le pagine, più vicini e meno misteriosi, eppure non privi di ombre. Conosciamo Jennifer e suo marito David; la figlia Angelica; i cognati Jack, Valerie e la figlia Becky. Incuriositi dal salto temporale ci domandiamo cosa, costoro, possano avere a che fare con l’antica profetessa, e in che modo essa emergerà dai secoli.

Ebbene la sibilla è dove è sempre stata, viva e cosciente tra spoglie, resti, tombe e sacrari, ab aeterno soggiogata dal patto antico di cui lo stesso Apollo sembra essersi dimenticato. Forse Apollo non ricorda nemmeno di averla conosciuta.

Da questo spunto viene intessuta una storia che declina in modo diverso la contiguità tra la dimensione umana e divina, tra un destino tragico che insegue la sibilla e le atmosfere horror che coinvolgono un’intera famiglia nel nostro tempo.

Questi quindi i piani di lettura del romanzo:

  • il destino tragico che coinvolge la Sibilla, la quale non ha più a che fare con eroi troiani del calibro di Enea, ma con tutt’altra specie di esseri umani, nei confronti dei quali consumerà una vendetta ancestrale. La sibilla è un mostro partorito dal capriccio di un Dio che è stato capace di causare una sofferenza senza perché e senza rivincita. A conti fatti la sibilla non può ascendere oltre, non ha cioè alcun empireo cui tornare o trovar rifugio se non una tomba, uno scavo;
  • le atmosfere horror che, paradossalmente, hanno spesso un innesco umano: è l’uomo a violare un ordine, un comando antico, un passaggio, un’entrata. Ed è ciò che accade in questa storia: si aggiunga un atroce delitto che si combina a una serie di eventi che ridestano dal torpore la profetessa, o quel che ne resta, pronta a chiudere un conto aperto da millenni.

Davide Dotto


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