LA TRAIETTORIA DEL VENTO, di Ninnj Di Stefano Busà, Pref. Davide Rondoni, Ed. Kairos, 2013
LA DISTANZA E’ SEMPRE LA STESSA di Ninnj Di Stefano Busà, Pref. Nazario Pardini, Ed. Ursini, 2013
a cura di Guido Zavanone
Sto emergendo dalla lettura dei tuoi due ultimi libri. Noto che entrambi hanno un ampio respiro, direi poematico, in certi suoi aspetti che la caratterizzano.
Rilevo inoltre che essi segnano una svolta notevole rispetto alle pur validissime raccolte iniziali. Sono un approdo ulteriore, un trovare se stessi dopo una lunga peregrinazione: un porsi dinanzi alla vita avendone compreso il senso (o il non senso) accettandola per quello che è: “Sentire - spumeggiante-
di sua necessità il chiaro giorno
senza tonfi, nè attese”.
Si avverte nei versi la lezione dei grandi poeti, ma, soprattutto, quella di una esistenza ricca di eventi e accadimenti e di un cammino verso la verità, tenacemente intrapresa attraverso la parola:
“Stringere senso e pensiero (cioé corporeità e spiritualità) in una sola voce che s’identifica con quella della terra che “chiama le creature e “dispone l’ala del pensiero alla quiete” mentre “una sola eternità pare svettare/ da mille angoli del mondo/. Scansione del tutto e del nulla”.
Forte appare in queste pagine l’aspirazione alla “luce”, parola che, insieme a “meraviglia” intese entrambe come saper conservare lo stupore giovanile, “ il profumo dell’infanzia” è, significatamente, tra le ricorrenti, nonostante il disperato tentativo “di dare un senso alla tenebra”.
Questa “ansa di cielo che tenta
i minimi spiragli (la madre luce)
questo chicco di speranza atterrato
sulla terra brulla, questo fraterno
faticoso cercarsi, sottendono una sommessa, laica religiosità (quasi per antifrasi, se come scrivi, il nostro mondo può essere “il luogo delle attese”. Ma forse è vero, anche se ci sembra di attingere la luce, siamo sempre un passo indietro, perché “dal nulla l’anima si oscura”e siamo pur sempre chinati sul nostro perire, sul nostro sperdimento.
Poesia, la tua, che vola sempre alta, non s’impiglia tra le basse stratosfere, e non conosce cadute di tono, esemplare nella stoica accettazione del “male di vivere”, il ritmo, le sapienti risonanze, la sommessa musicalità, lo stile, accompagnano mirabilmente questo segno “che prelude alla pietas” si fa lirismo di una religiosità di fondo che introduce al divino.