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Recensione di Livelli di vita di Julian Barnes

Creato il 09 aprile 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di Livelli di vita di Julian BarnesVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Julian Barnes
Pubblicato da:Einaudi
Collana:Supercoralli
Genere:Narrativa Contemporanea
Formato e pagine:
Social:Goodreads
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scontato
usato
Trama:

Sul finire del XIX secolo, due uomini e una donna condividono lo stesso sogno. Dove approderanno il “mongolfolle” colonnello Burnaby, l’ambizioso aeronauta Tournachon e la fascinosa attrice Sarah Bernhardt, dopo aver saggiato il cielo a bordo dell’aerostato?


Livelli di vita è il racconto di un volo speciale, di un brillante decollo e di un brusco atterraggio, che riporta i passeggeri con i piedi per terra. Ma non siamo di fronte a un romanzo narrativo dall’epilogo tragico, né alla cronistoria delle prime imprese aeronautiche finanziate dalle società britannica e francese nell’età contemporanea. Livelli di vita offre molto di più: almeno tre tipologie testuali vi si intrecciano, conducendoci, nella successione dei capitoli, verso altrettanti “livelli” di lettura.

Dopo la dedica a Pat, figura di cui apprenderemo l’importanza nella terza parte dello scritto, si apre il Peccato dell’altezza: nel capitolo appaiono simultaneamente tre personaggi le cui vite, prima di intersecarsi in un reticolo di reciproche influenze, si snodano parallele, in virtù di una comune passione per i viaggi in mongolfiera. Attraverso una minuziosa ricostruzione storica, Julian Barnes ritrae Burnaby, la Bernhardt e Tournachon (noto alla maggior parte del pubblico con lo pseudonimo di Nadar) nelle transvolate sull’Eclipse, il Dõna Sol e il Le Géant. Seguono una riflessione sul significato del volo, con numerosi rimandi al mito e all’arte figurativa, e la biografia di Nadar, segnata da longevo amore per la fotografia e per la moglie Ernestine.

Il secondo capitolo, Con i piedi per terra, si regge su una similitudine, i cui termini di paragone sono due eventi fallimentari: la morte drammatica di Pilâtre de Rozier nell’incendio del suo aerostato ad aria calda durante la transvolata della Manica nel 1785, e la fine della liaison tra l’attrice del momento e il melanconico Burnaby, rimpiazzato da altri amanti.

In Perdita di profondità, Julian Barnes si fa narratore interno per esprimere, in un’ampia sequenza riflessiva, il dolore mai spento per la prematura scomparsa della compagna.

A una prima scorsa, le tre sezioni potrebbero sembrare scollegate, ma la lacuna è solo apparente: se il lettore è disposto ad affrontare un “salto di livello”, vedrà librarsi in ogni capitolo il medesimo aeronauta e scoprirà di essere, egli stesso, il protagonista di un analogo straordinario viaggio.

Per la ricchezza di riferimenti storico-biografici e di spunti filosofici, il libro merita senz’altro un 4, ma esige un lettore impegnato, pronto a confrontarsi con una scrittura di registro medio-alto e con tematiche esistenziali che ne coinvolgeranno l’emotività.

Approfondimento

Dopo aver conquistato pubblico e critica con il romanzo The sense of an ending (2011), fregiato del prestigioso Booker Prize, lo scrittore britannico Julian Barnes torna in campo con un’opera dall’impalcatura singolare: tre capitoli nei quali la voce dell’autore, all’inizio sommessa, si fa via via più intensa, fino a risuonare come disperato grido. Ciascuno di essi costituisce un diverso punto di osservazione del medesimo oggetto, di cui ci vengono svelati, in un climax ascendente, particolari sempre più nitidi.

È l’essere umano, alle prese con l’affascinante e al contempo faticoso viaggio della vita, il nucleo intorno al quale gravitano le tre parti del libro, che si configura, pertanto, come occasione di meditazione esistenziale.

Il decollo dei personaggi sull’aerostato è metafora degli ideali, dei progetti, dell’ambizione alla libertà e al benessere, cui tutti tendiamo. Di un sognatore, in particolare, lo scrittore si sofferma a raccontare le gesta: Félix Tournachon alias Nadar, riuscito solo in parte nell’originale impresa di coniugare l’aeronautica con la fotografia. Ad avvalorare la tesi secondo la quale il connubio fra “due cose che insieme non sono mai state a volte funziona e a volte no”, ci viene raccontata la nascita (e la fine) della relazione tra Fred Burnaby e la Divina. È proprio l’epilogo deludente di questa storia a riportare l’uomo con i piedi per terra, infliggendogli la pena di un perenne disincanto. Anche l’autore subisce una perdita di quota: la morte della moglie è un tremendo vento che lo scaraventa al suolo insieme al suo aerostato un tempo gonfio d’amore, passione e abitudini condivise. Nonostante il lutto mai completamente elaborato e la conseguente tentazione di autoeliminarsi, eros e thanatos si avvicendano senza un definitivo trionfo dell‘uno sull‘altro. Talvolta si avverte fortemente la mancanza di una mano consolatrice che indichi a Barnes il senso del suo dolore, ma di fatto il nome di Dio risuona in ciascuno dei passaggi salienti del libro. Com’è stato per lo scrittore e per i suoi personaggi, pure la nostra mongolfiera potrà incappare in qualche vento contrario, ma prima o poi si leverà anche per noi una brezza inattesa che ci condurrà verso nuovi livelli di vita..

Alessandra Melegatti

About Julian Barnes

Julian Barnes è nato a Leicester nel 1946. Si è dedicato al giornalismo, scrivendo sul «New Statesman», sul «Sunday Times» e sull’«Observer».

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