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Recensione di Schegge di Ismet Prcic

Creato il 31 maggio 2015 da Leggere A Colori @leggereacolori

Recensione di Schegge di Ismet PrcicVoto:
Informazioni sul libro
Titolo:Ismet Prcic
Pubblicato da:Bompiani
Collana:Romanzi Bompiani
Genere:Narrativa Contemporanea
Formato e pagine:
Social:Goodreads
Disponibile su:
in offerta
scontato
Trama:

Ismet è finalmente approdato in America. Ma non basta essere fuggito lontano, aver percorso migliaia di chilometri a bordo di traghetti, pullman e aerei per vivere in pace: la guerra è ormai padrona della sua mente, e da Tuzla a San Diego il passo è breve…BOOM!


“Chi siamo noi?”, chiese Ismet alla madre. Fino ad allora aveva vissuto nella convinzione che esistesse una sola nazionalità, che non vi fossero differenze tra chi come lui era nato a Tuzla, in Bosnia, e chi era originario della Serbia o della Croazia.

Ma a quindici anni dovette fare i conti con la realtà: assistette inerme al massacro di croati e musulmani per mano dei paramilitari serbi e dell’esercito popolare iugoslavo, all’assedio e al bombardamento della sua città per opera dei cetnici. Si trasferì con la famiglia a Zagabria, a casa di parenti, quindi a Dakovo, lasciandosi per sempre alle spalle gli amici, la passione per i ninja e la sua innocenza. Trovò qualche momento di evasione recitando in una piccola compagnia d’avanguardia, diretta dall’eccentrico Asmir, e innamorandosi di Asja. Si recò con alcuni aspiranti attori in Scozia, si innamorò di un’altra ragazza, tornò a Zagabria per ottenere i documenti per l’immigrazione e andò a studiare teatro e scrittura in un’università della California. Ma non erano cessati i boati delle granate e gli urli delle sirene, non si erano dissolte le immagini dei corpi straziati e delle case ridotte a macerie, il cuore continuava a martellare. Bastò lo scoppio del motore di un’automobile, udito mentre si trovava al bar del College, a riportare la guerra da lui. La guerra ritornò anche mentre attendeva un treno per recarsi a San Diego dalla nuova fidanzata, e tutte le volte che, senza riuscirci, cercava una tregua nel sonno.

Gli eventi narrati in Schegge costituiscono una sorta di memoriale autobiografico, scritto, o per meglio dire “prescritto” da un tale dottor Cyrus, per lenire le sofferenze del protagonista, costantemente provato dall’ansia, dalle paranoie e dalle allucinazioni. Oltre al Diario, il libro riporta le lettere che Ismet ha puntualmente inviato alla sua mati, la madre, dal settembre 1998 al maggio 2004. Come un moderno Svevo, Ismet Prcic affida il racconto ai ricordi del narratore interno, presentando i fatti secondo l’ordine in cui essi affiorano alla mente del giovane. L’intreccio è pertanto sorretto da un’impalcatura tanto singolare quanto complessa, costituita da tre macrosezioni, i Taccuini uno, due e tre, a loro volta scanditi in variabili estratti dell’epistolario e delle memorie di Ismet.

Tre le difficoltà che vi si riscontrano ad una prima lettura. Innanzitutto, si assiste a un’oscillazione continua tra episodi del presente e altri avvenuti anni prima, con un passato che di fatto non si può ritenere tale, in quanto s’insinua e si confonde tra le pieghe delle correnti vicende americane, come se alcune “schegge“ si fossero conficcate, senza mai venire estratte, nella carne del protagonista, continuando a farlo dolere. In secondo luogo, il narratore, omodiegetico, porta il nome di Ismet fino ai diciotto anni, dopodiché utilizza il soprannome di Izzy, affibbiatogli dalla fidanzata Melissa. Infine, il protagonista ha un alter ego, un’ombra che lo ossessiona e che mescola il proprio vissuto al suo, generato presumibilmente da un senso di colpa: Mustafa è l’emblema del coraggio e della responsabilità, colui che non si è sottratto ai doveri militari e che, imbracciato il fucile, si è immolato per il bene del proprio paese. Ismet è il fuggiasco, il vile, che con la scusa della carriera attoriale e dello studio, ha abbandonato la propria gente e la ragazza che diceva di amare. Egli è colui che, di fronte alle sofferenze di Mustafa, si sente indegno di essere definito bosniaco.

Ma il lettore supererà volentieri tali fatiche, motivato e appagato da una scrittura brillante e originale, che non lesina riferimenti autorevoli vivide descrizioni (come quando Ismet, temendo di non vivere ancora a lungo dopo essere stato convocato nell’esercito, si butta a capofitto nella lettura di Puskin, Pasternak e Dostoevskij), che restituiscono una visione a tutto tondo di personaggi e ambienti, e l’uso di eloquenti figure retoriche. Ne è esempio la similitudine con cui Ismet Prcic, nel capitolo intitolato La fuga, paragona a sonnambuli i rifugiati da poco giunti in America.

Approfondimento

Prcic adotta con maestria una focalizzazione interna variabile, con filmiche zoomate sulla sua storia individuale e parimenti su quella del paese da cui proviene. Quando è Ismet a essere inquadrato, accade che l’immagine si sfochi, e nel momento in cui i contorni si rifanno nitidi, compare il suo doppio, Mustafa. Altra figura-chiave del racconto è la mamma del protagonista, destinataria dell’epistolario nonché imprescindibile punto di riferimento lungo tutto il suo percorso biografico: appare quasi come una creatura superiore, in grado di presagire la guerra, di accompagnare il figlio da lontano, di scampare miracolosamente ai numerosi tentativi di suicidio. È colei che, anche nella follia, sa essere lucida per accogliere le confidenze che le giungono da oltreoceano e alla quale Prcic affida la conclusione del componimento. Se la madre assiste a tutte le esperienze di Ismet, vi sono altre figure femminili che vi si affiancano, scandendo le diverse fasi del racconto: sono le fidanzate Asja, Allison e Melissa, alle quali egli si lega, rispettivamente, in Bosnia, in Scozia e in California. Tre relazioni sospese, che ribadiscono il tema dell’abbandono, paventato e altresì perpetrato dal protagonista, nei riguardi dei più cari affetti, tra i quali è da includersi anche il paese natale.

Schegge si regge su ricorrenti dualismi: l’io-Ismet e l’io-Mustafa, l’infanzia e la maggiore età, il lato A(mericano) e il lato B(osniaco), l’attaccamento al suolo natio, ormai ridotto ad un sepolcro di relazioni e di ideali, e l’attrazione per luoghi sconosciuti, ma pullulanti di vita.

A questo libro, peraltro un’opera d’esordio, non manca niente: è un romanzo realista, storico, sentimentale e psicologico.

Alessandra Melegatti

About Ismet Prcic

Ismet Prcic è uno scrittore bosniaco.
A 19 anni si trasferisce in America, conseguendo un MFA All’Università della California.
Comincia a scrivere molto presto, partecipando anche a diversi concorsi letterari, tra cui il NEA Award for fiction e il Sundance Screenwriting Lab. Vive a Portland con la moglie, nello stato dell’Oregon. Del 2015 è “Schegge” (Bompiani) per il quale ha vinto il Pacific Northwest Book Award.

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