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Recensione di Silent Hill 4: The Room

Da Jark85 @LandOfRust

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room

di Luca “La Sfinge” Papale

Recensire un gioco nuovo è tutt’altra cosa rispetto al parlare di una vecchia gloria. Non ci si può limitare solo a descrivere il gioco per quello che è, ma si deve anche dar conto di quello che è stato, e dell’eredità culturale e stilistica che ha lasciato dietro di sé. Quando poi il gioco in questione è Silent Hill 4: The Room, la situazione si complica ulteriormente.

The Room si può infatti considerare lo “spartiacque” della serie, che separa la trilogia originale dai prodotti più recenti. Una corretta analisi del titolo deve dunque esaminarlo in qualità di gioco in sé, e al contempo dar conto del suo peso all’interno della saga, dei modi in cui l’ha influenzata, del ruolo che ricopre.


Comincio col dire che The Room si pose subito come un capitolo controverso. Vere e proprie marche stilistiche della serie quali la torcia e la radiolina non appaiono in questo episodio, mancano i passaggi all’Otherworld, così come il finale UFO; gli enigmi sono quasi totalmente assenti, e i pochi che ci sono non sono neanche degni di essere considerati tali. Tecnicamente non ci sono veri e propri boss (eccetto quello finale), dal momento che da tutti è possibile semplicemente scappare, invece di combatterli. Persino la nebbia, il concetto chiave fondamentale di Silent Hill, si vede poco (e scusate il gioco di parole). Ma d’altronde, il gioco stesso non si ambienta a Silent Hill, o meglio: la maggior parte delle location non si trovano nella città che i fan hanno imparato a conoscere e temere. Infine, se già con Silent Hill 3 il fattore esplorazione era stato ridimensionato, in The Room ci troveremo di fronte ad ambienti chiusi, quasi totalmente lineari. Dimenticatevi il girovagare per la città alla ricerca di anfratti e vicoli, perché in The Room il percorso sarà sempre a senso unico.

Tutti questi elementi fecero sì che The Room non fosse accolto troppo bene dai puristi della serie, in quanto di fatto rinnegava tutte le sue convenzioni e i suoi gli elementi tipici. Persino Bernard Perron lo liquida nel suo libro Silent Hill. Il motore del terrore, dedicandogli appena mezzo paragrafo e lasciando a Bittanti l’onere di parlarne in una postfazione. Qualcuno è arrivato a considerarlo uno spin-off, ma ritengo che questa definizione mal si adatti al gioco. The Room è semplicemente un gioco diverso, che ha saputo dimostrare che è possibile fare un buon, anzi un ottimo Silent Hill, anche senza la nebbia, la torcia e la radiolina. Uno spirito per certi versi affine a quello di Silent Hill: Shattered Memories – che, non a caso, ha sottratto a The Room lo scettro di “Episodio di Silent Hill più sottovalutato dai fan”.

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
Henry Townshend, protagonista di Silent Hill 4: The Room, si chiede come mai il suo gioco sia così incompreso.

Nel recensire questo titolo è opportuno cominciare dalla trama, da sempre il punto di forza della serie silente. La premessa è questa: Henry Townshend – un ragazzo qualunque, un everyman – si ritrova, un brutto giorno, rinchiuso nel suo appartamento: le finestre non si aprono, i vetri non si infrangono, la porta è sprangata dall’interno con lucchetti e catene, e tv, radio e telefono non funzionano (tranne in alcuni, inquietanti momenti). Sulla porta appare una scritta rosso sangue dal nulla: “Don’t go out”, non uscire (come se fosse possibile…). La scritta reca la firma di un certo Walter, del quale scopriremo l’identità più avanti nel gioco. Improvvisamente, nel bagno dell’appartamento, si apre un buco nel muro: è l’unica via d’uscita dall’appartamento, ma è anche l’ingresso ad un mondo da incubo…

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
“Quei cretini dei miei coinquilini, sempre a fare scherzi…”.

E già qui ci sono elementi succulenti. Il gioco è ricchissimo di richiami al cinema di Hitchcock e alle teorie dei film studies sul voyeurismo. L’appartamento in cui abita Henry fa parte di un complesso residenziale a forma di U che, come ricorda il protagonista stesso ad un certo punto nel gioco, rimanda chiaramente a quello di Rear Window. Attraverso le finestre potremo spiare gli altri inquilini, ma soprattutto potremo spiare la nostra vicina di casa sexy attraverso un buco nel muro, e guardare dallo spioncino dell’ingresso. Senza fare spoiler sulla trama, si segnala anche una ricchezza di elementi di psicanalisi e di femminismo, quali il rapporto con la Madre, il mostruoso femminino e altre suggestioni, che per essere approfondite richiederebbero un’analisi lunga pagine e pagine, non adatta a questa sede. Mi limiterò a dire che The Room non tradisce i suoi predecessori, presentando una storia leggibile su diversi piani, liberamente interpretabile, molto intricata e decisamente affascinante. Un neofita della serie molto probabilmente faticherebbe a comprenderla; chi invece si è “allenato” con i precedenti episodi troverà in The Room ulteriori spunti per riflessioni, teorie ed elucubrazioni d’ogni sorta. Da segnalare inoltre che The Room è in linea con entrambi i filoni narrativi della serie (quello dell’occultismo/paranormale del primo e del terzo episodio, e quello psicologico/introspettivo di Silent Hill 2), pur presentando una trama sostanzialmente indipendente, solo collegata da riferimenti a personaggi e situazioni dei precedenti episodi.

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
Fap fap fap fap…

Una lacuna fortemente lamentata dai fan di Silent Hill è la scarsissima caratterizzazione di Henry Townshend, davvero un manichino se paragonato alla tenacia vendicatrice di Heather, al carattere imperscrutabile di James e persino al semplice ma determinatissimo Harry. In apparenza non si può che dare ragione ai fan scontenti: Henry effettivamente è inespressivo, impassibile di fronte ad ogni situazione, parla pochissimo e non ha elementi estetici che lo caratterizzino – persino la sua casa, anonima e arredata con mobili dozzinali, dice poco di lui. Ma questa è una scelta ben precisa degli sviluppatori che, al posto di un personaggio che suscitasse meccanismi di empatia e compassione, hanno preferito per The Room un personaggio proiettivo, che favorisse una vera e propria fusione tra avatar e giocatore. Questa scelta si spiegherà con il ruolo che Henry avrà nel gioco, ma ancora una volta per fornire ulteriori spiegazioni sull’argomento sarebbero necessari spoiler e divagazioni non inerenti ad una mera recensione. Il giocatore particolarmente smaliziato non farà comunque fatica a riconoscere in Henry una personificazione del videogiocatore medio (o del suo sterotipo): maschio tra i 20 e i 30 anni, introverso, timido, e soprattutto è chiuso in casa (chiuso dall’interno, e la metafora è palese). Henry ha elementi caratteriali che facilmente un giocatore può riconoscere come “suoi”, e per il resto è abbastanza “vuoto” da essere “riempito” da chi lo veicola. Non è un semplice vezzo estetico (come erroneamente ritiene Perron) che, nel tornare nell’appartamento durante il gioco, la visuale passi dalla terza alla prima persona: è un modo come un altro per aumentare la “sovrapposizione” tra giocatore e avatar; senza contare che nella seconda metà del gioco, la nostra amabile casetta diventerà… piuttosto scomoda da abitare, e la visuale in soggettiva, unita agli spazi stretti del trilocale, causerà non poca claustrofobia al giocatore! Insomma, sebbene meno interessante dei suoi predecessori, Henry Townshend ha un suo perché: che ciò piaccia o meno poi, è a discrezione di chi gioca e di come chi gioca riesce a leggere tra le righe di The Room. Se non altro, il resto del cast è piuttosto convincente, e Walter ha una caratterizzazione fenomenale.

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
Walter è sicuramente il villain della serie di Silent Hill più carismatico dopo Pyramid Head. Oltre ad assomigliare paurosamente ad un mix tra Brad Pitt e Kurt Cobain.

Per ragioni di economia di spazio mi vedo costretto a lasciare da parte la trama di The Room e spendere qualche parola sul gameplay, com’è giusto che sia. E qui c’è poco da dire: la serie di Silent Hill non è mai stata divertente da giocare, a parer mio. Se cercate un gioco che vi affascini per le sue meccaniche, per il suo dinamismo, per i controlli totalmente rispondenti al giocatore, vi suggerisco di stare lontani non solo da The Room, ma dalla saga in generale. Premesso questo, la giocabilità non è pessima, ma semplicemente poco appetibile. Il personaggio ha movenze alquanto goffe e può compiere poche azioni. Il sistema di combattimento, se non altro, è abbastanza semplice ed intuitivo, ma in compenso le armi che troveremo lungo il percorso lasceranno sempre a desiderare, e in definitiva solo una (l’accetta) si rivelerà ben equilibrata. Scordatevi le armi da fuoco: in maniera piuttosto coerente sia col genere survival horror che col realismo in generale, non troveremo proiettili in ogni anfratto del gioco, ma anzi questi saranno molto rari, e solo per due armi (pistola e revolver). Stavolta i nemici dovrete affrontarli corpo a corpo, e scordatevi pure la fuga: come ho già detto, The Room non ha strade e spazi aperti, ma stanze e corridoi. Fortunatamente, ritornando nell’appartamento attraverso i buchi sparsi nei vari mondi che esploreremo, recupereremo salute e potremo tirare il fiato. Questo almeno nella prima parte di gioco, perché ad un certo punto anche tornare a casa ci esporrà a pericoli di ogni sorta, e da allora in avanti sarà meglio fare economia di oggetti salutari (che scarseggiano quasi quanto i proiettili). La costante minaccia di morte vi terrà col fiato sospeso, ma non dovreste avere infine troppe difficoltà nel sopravvivere ai nemici del gioco.

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
Il buco nel bagno dell’appartamento, sentiero verso i mondi da incubo di Silent Hill 4: The Room.

Tornare all’appartamento servirà anche a gestire il nostro inventario, che sarà limitato, a differenza di quanto succedeva nei primi tre episodi. Saremo spesso costretti a lasciare nel baule in casa molti oggetti, spesso inutili. Gli sviluppatori non hanno pensato di inserire la possibilità di abbandonare quelli non indispensabili lungo il tragitto, e questo fa sì che spesso ci ritroveremo a portarci dietro mazze da golf rotte – una vera rottura, è il caso di dirlo. Le mazze da golf, detto per inciso, anticipano la scelta di Silent Hill: Origins di inserire armi che si rompono con l’utilizzo, ma disponendo di altre altrettanto efficaci, e che non consumeranno spazio inutile nel nostro inventario, difficilmente il giocatore sarà invogliato ad usarle.

Infine, nell’appartamento dovremo anche tornare per salvare la partita, e per quanto il tragitto buco – diario di salvataggio – buco sia breve, sarà davvero tediante dover tornare così spesso a casa: il cambio continuo di location spezza il ritmo del gioco e tende a rovinarne l’esperienza. Ma d’altronde gli sviluppatori dovevano in qualche modo dare al giocatore un motivo per fare ritorno all’appartamento di tanto in tanto – soprattutto, ancora una volta, nella seconda parte del gioco.

La casa non sarà l’unica location che potrebbe venirci a noia, perché anche le altre lasceranno a desiderare, almeno a confronto con gli episodi del passato. Al di là dell’assenza di nebbia e del passaggio all’Otherworld, i luoghi che visiteremo sono privi di mordace (eccetto, forse, la Prigione Acquatica), e il fatto di doverli rivisitare tutti tranne uno per una seconda volta nel corso del gioco (tra l’altro senza scoprire neanche chissà quante parti inesplorate) non aiuta affatto. Una maggiore caratterizzazione degli ambienti sarebbe stata gradita.

(Retro)Recensione – Silent Hill 4: The Room
La Prigione Acquatica è probabilmente la location più convincente del gioco, così come il Twin Victims è il mostro meglio riuscito.

Che dire del comparto tecnico? L’audio è perfetto come sempre: ottimo doppiaggio, suoni terrificanti (anche se a volte un po’ scontati, vedi l’ululato nella foresta…), bellissime musiche di Akira Yamaoka, che con Room of Angel regala momenti di pura estasi sensoriale – soprattutto considerando la splendida e straziante scena in cui la udiamo. In almeno un’occasione, però, Yamaoka stona, presentando una traccia cantata poco indicata al momento, mal equilibrata con le immagini ma soprattutto con i dialoghi, che “cozzano” con le parole della musica. Il design dei mostri è indovinatissimo per alcuni, ma sa di già visto per altri. La grafica è encomiabile per il 2004, e vi conviene farvela bastare perché Hulett ha deciso che The Room non sarà nella Collection HD.

Infine, il fattore horror. Chi conosce Silent Hill sa che questa serie non fa esattamente “paura”. Non come un Resident Evil, comunque. La paura di Silent Hill è psicologica, è interna, è un grido strozzato e non un urlo, è un fiato sospeso e non un fiatone. Ma soprattutto è atmosfera, è suggestione, è conturbamento. Si ha, giocando a Silent Hill, l’impressione che quello che stiamo vedendo sia terrorizzante, ma spesso è qualcosa di così sibillino che non riusciamo neanche a dire perché sentiamo di dover aver paura. The Room non si distacca dai canoni della serie, e propone situazioni, ambienti e atmosfere che raramente vi faranno saltare dalla sedia ma che continuamente vi faranno chiedere “cosa sto vedendo, veramente?”.

Commenti finali
Silent Hill 4: The Room è uno di quei giochi che tende a puntare quasi tutto sulla trama e sull’estetica, e che dimentica, a volte, di essere un videogioco. Sebbene sfrutti le caratteristiche di questo medium per creare un’interessante gioco di sovrapposizioni tra avatar e utente, tralascia di fornire a quest’ultimo motivi convincenti (al di là della storia intrigante) per continuare a giocare. Giocatori troppo casual potrebbero mal sopportare i controlli poco vari e il gameplay scarno, oltre ad avere difficoltà nel capire la trama, mentre i puristi della serie potrebbero non apprezzare le novità che The Room ha cercato di proporre. Nonostante ciò si tratta comunque di un videogioco di ottima qualità, che sia gli amanti della saga che i “neofiti” potrebbero, liberandosi dai pregiudizi, saper apprezzare fortemente: The Room ha avuto il coraggio di rischiare, proponendo soluzioni innovative (anche se non sempre ottimali) per dare nuova linfa ad una saga che cominciava a sapere di già visto. Una cosa è certa: vale la pena, per una storia come quella di The Room, lasciare da parte l’ennesimo sandbox fighissimo dove puoi fare mille cose e sparare con dieci armi diverse contemporaneamente mentre salti da un edificio all’altro, e godersi il piacere di una narrazione videoludica assolutamente geniale.

+ Una trama fenomenale…
+ Inserimento di novità “coraggiose”, che rompono con molte convenzioni della serie…
+ Personaggi e mostri convincenti…
+ Sottile metareferenzialità, molto arguta
+ Comparto tecnico ottimo
+ Atmosfera, tematiche e situazioni in puro stile Silent Hill

- … che non tutti potrebbero arrivare a comprendere appieno
- … ma che potrebbero far storcere il naso ad alcuni puristi
- … ma la mancanza di personalità di Henry – benché motivata – è dura da digerire
- Gameplay rugginoso, soprattutto per quanto riguarda la gestione dell’inventario
- Ritmo di gioco a volte troppo frammentato
- Location non all’altezza degli standard della serie, che vengono riciclate nel corso del gioco


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