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Recensione di SUGAR MAN

Creato il 26 ottobre 2013 da Masedomani @ma_se_domani

Questa qui sotto è la copertina di un vecchio 33 giri. Nell’angolino in alto c’è qualcosa di insolito: sul cartellino il prezzo indicato è R 40.00, cioè 40 Rand, la moneta del Sud Africa. Quel Paese così lontano e dimenticato dalle cronache quotidiane è stato protagonista dell’inspiegabile, enorme successo di un artista altrove ignorato, un misconosciuto folk-singer di Detroit di origine messicana.

Recensione di SUGAR MAN

E’ una strana storia, e ha inizio nel 1968. Il 26enne Sixto Rodriguez è un cantautore che si esibisce nei locali di Detroit. Anzi, è un poeta: molti hanno definito i suoi testi decisamente superiori a quelli di Bob Dylan. Nel ’70 incide l’album Cold Fact, l’anno dopo Coming From Reality: entrambi ricevono ottime critiche ma sono completamente ignorati dal pubblico. Ha già pronti altri brani per un terzo album ma la Sussex Records, delusa dall’insuccesso dei 33 giri precedenti, lo scarica. E Sixto abbandona la carriera di musicista, ha messo su famiglia e la mantiene dignitosamente per decenni facendo l’uomo di fatica e il manovale edile.

Ora attraversiamo l’Atlantico, e anche l’equatore. Dice la leggenda che il primo disco di Rodriguez arrivò in Sud Africa nella valigia di una ragazza americana fidanzata con un giovane sudafricano. Le canzoni, un misto di rock e folk con forti impronte di impegno civile, piacquero moltissimo, in tanti volevano acquistare il disco ma non veniva distribuito in Sud Africa, per decenni sotto embargo commerciale a causa del regime dell’apartheid. Si diffuse perciò capillarmente in musicassette copiate da un ascoltatore all’altro; in seguito i 33 giri bootleg divennero il più grande successo nella storia del mercato discografico sudafricano. Nonostante la feroce censura governativa, che al fine di epurarne i testi “sovversivi” era grottescamente arrivata a fare graffiare con un chiodo una per una le tracce incriminate, tutti conoscevano le canzoni di Rodriguez, che furono d’ispirazione per molti giovani musicisti e attivisti per i diritti civili.

Ma non si sapeva nulla di Sixto, su di lui che era più famoso di Elvis Presley, di Bob Marley e dei Rollings Stones correvano varie leggende metropolitane (il suicidio sul palco alla fine di un concerto, ad esempio) ma nessuna certezza. Finché due suoi fan, dopo molti anni di inutili ricerche, pubblicarono in Internet un appello col ritratto di Sixto Rodriguez, la scritta “Conoscete quest’uomo?” e un numero di telefono. A vederlo nel 1998 fu una figlia di Sixto, fu lei a contattarli e a rassicurarli: sì, suo padre era ancora vivo, e certo, sarebbe stato felice di andare in Sud Africa a cantare le sue canzoni. E così uno stupito e spaesato 56enne Sixto Rodriguez si ritrovò ad esibirsi incredulo nel Palazzo dello Sport di Città del Capo davanti a 20.000 spettatori esultanti per 6 serate sold-out, concerti seguiti negli anni da altre 4 trionfali tournée in Sud Africa.

Il giovane regista svedese di origine algerina Malik Bendjelloul è incaricato di girare sulla storia un corto di 10 minuti: vi si appassiona talmente che ci lavora di tasca propria per 4 anni. Nasce così SEARCHING FOR SUGAR MAN, un documentario di 86 minuti così bello da vincere un gran numero di Premi internazionali, dal Bafta al Sundance, culminati con l’Oscar 2013. Ma è riduttivo definirlo un documentario; per due terzi è costruito come un thriller dalla regia ritmata e pressante, la ricerca del musicista scomparso è condotta come in un poliziesco. Inevitabilmente allentata la tensione nella seconda parte, concentrata sulla figura odierna di Sixto Rodriguez, un uomo gentile, sereno, quasi ascetico, certamente sorpreso ma non sconvolto dalla rivelazione di questo suo enorme successo aldilà dell’oceano e dalla consapevolezza dell’influenza che le sue canzoni hanno avuto su intere generazioni.

Recensione di SUGAR MAN

Meraviglioso Sixto che, anche dopo il successo del film e le seguenti, applauditissime esibizioni a New York come al Festival di Montreux, è rimasto l’uomo semplice di prima, ha donato alle figlie i compensi dei concerti e continua a fare il muratore, e a vivere nella modestissima casa che ha abitato per 40 anni. Grazie a Malik Bendjelloul per averci raccontato questa commovente e bellissima storia a lieto fine: di questi tempi ne abbiamo davvero bisogno.

n.d.r. Il film è già in DVD, ma gli amanti del grande schermo lo possono trovare ancora nei cinema di alcune città (sul sito ufficiale l’elenco delle sale –  i milanesi ancora per pochi giorni possono recarsi al cinema Beltrade).


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