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Recensione di Una mutevole verità di Gianrico Carofiglio

Creato il 08 agosto 2014 da Leggere A Colori @leggereacolori

0 Flares 0 Flares × Recensione di Una mutevole verità di Gianrico CarofiglioUna mutevole verità Gianrico Carofiglio
Pubblicato daEinaudi
Data pubblicazione in Italia:
Formato:
Collana:Einaudi. Stile libero big
Genere:Noir
Pagine:
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La trama:

Bari, 1989. Il maresciallo dei Carabinieri, Pietro Fenoglio, indaga su un omicidio troppo semplice: un uomo è stato sgozzato nel suo appartamento, l’arma del delitto è nel cassonetto davanti al condominio, le impronte sono chiare e nitide, il sospettato, senza alibi, viene riconosciuto da una testimone scrupolosa che ha, addirittura, annotato il suo numero di targa. Sembra già risolto, ma Fenoglio non è soddisfatto, ha la sensazione che qualcosa sia fuori posto.

L’edizione di Una mutevole verità è stata realizzata da Einaudi in collaborazione con l’Ente Editoriale dell’Arma dei Carabinieri in occasione del bicentenario dell’Arma. Non è questo il motivo per cui il protagonista è un carabiniere, infatti, non è il primo che Gianrico Carifiglio ha creato: già ne Il silenzio dell’onda c’era un collega. Il maresciallo Fenoglio però è un discorso a parte, è un personaggio davvero speciale: mi sono innamorata di lui! Sarà la sua commovente umanità, l’aria malinconica e romantica, calma e sobria, il passato da giovane studente di lettere, sarà l’R5 rossa (è stata la mia prima auto ed era proprio rossa!), il rituale del caffè, i riferimenti al mio mito, Sherlock Holmes, non lo so’, ma mi sembra impossibile non affezionarsi a lui!

In pochissime pagine, Carofiglio riesce a mostrare l’anima di un uomo che va oltre i doveri che l’Arma gli impone, che cerca la verità e non la facile soluzione di un caso che sembra già risolto: perché la verità è mutevole e bisogna scavare a fondo per carpirla, cercare gli elementi dissonanti, incoerenti che stridono come gli elementi di una trama che non funziona, che non scorre. La similitudine tra il lavoro dell’investigatore e quello dello scrittore è davvero calzante: entrambe per costruire una storia plausibile devono compiere un lavoro di ricerca e di fantasia, partendo dagli indizi costruiscono un’ipotesi su come si sono svolti i fatti. Una volta accertati, procedono al contrario cercando le prove a discarico, infatti, solo tentando di smontare la propria ipotesi saranno davvero certi di non averla portata avanti solo perché efficace, appropriata e apparentemente perfetta!

È un po’ come quando cerchiamo di interpretare la realtà intorno a noi, dalle cose più banali a quelle più importanti: ci affezioniamo a un’idea, a volte anche per pigrizia, e la portiamo avanti giustificando le nostre scelte in base alle nostre stesse ipotesi; difficilmente cambiamo punto di vista e cerchiamo di confutarle. Ed è ciò che succede agli scrittori mediocri e agli investigatori incompetenti! Fenoglio non è uno questi: entrando nella stanza dove si è svolto l’omicidio sente subito che qualcosa non quadra, è solo una sensazione, ma non può ignorarla anche se ai colleghi il caso sembra già bello che chiuso.

Il cadavere di Fraddosio, con la gola tagliata, è in una pozza di sangue e caffè. La signora Cassano, la vicina di casa, ha annotato la targa di un tipo sospetto che ha visto uscire di corsa dal palazzo: la bizzarra vecchietta ha un cassetto pieno di foglietti su cui ha scritto targa e data di avvistamento delle auto sconosciute parcheggiate davanti al condominio. Le colleziona dal giorno in cui si è verificato un furto nel quartiere e anche se da allora non è successo niente di rilevante, lei è in allerta come un cane da guardia! Ecco perché ha seguito il ragazzo fuori dal portone e l’ha visto buttare un sacchetto di carta nel cassonetto per poi fuggire in auto. Sulla busta ci sono le sue impronte e dentro l’arma del delitto. Il ragazzo non ha un alibi, non parla e si fa arrestare. Ma l’assenza di un collegamento tra la vittima e il sospettato e quindi di un movente, conferma a Fenoglio che la storia non regge: è tutto da riscrivere!

Il caso di per sé, nonostante sia una storia realmente accaduta, magari un caso cui Carofiglio ha lavorato durante la sua carriera di magistrato, non ha nulla di particolarmente interessante. Il breve romanzo, nonostante sia il suo primo vero poliziesco, così dice l’autore*, non colpisce per la suspense, i colpi di scena o le evoluzioni delle indagini, ma per l’umanità dei suoi personaggi: l’empatia e la compassione di Fenoglio per il delinquente che non arresta fino a quando i medici lo tranquillizzano sulle condizioni del figlio ricoverato, l’avversione per la violenza gratuita di alcuni colleghi verso i sospettati, le aspirazioni del giovane appuntato Montemurro, carabiniere per caso. Sono talmente reali che sembra di conoscerli e dispiace lasciarli dopo così poche pagine; ecco l’unico difetto de Una mutevole verità: è troppo breve! Spero ci sarà una serie sui casi del maresciallo Fenoglio, vorrei tanto passare un altro po’ di tempo con lui!

 

* La Stampa, 21/06/2014



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