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Recensione: "Dream House"

Creato il 28 gennaio 2016 da Giuseppe Armellini
Recensione: Uno di quei film definibili "thriller psicologici" quasi per antonomasia.
Una pellicola a tratti notevole e benissimo scritta.
Ma, ahimè, deturpata da un finale banale ed affrettato.
Dal regista de Il mio piede sinistro, Nel nome del padre e Brothers.
spoiler ammazzafilm (come il trailer del resto)
Di solito tutto quello che è il contesto intorno ad un film non solo lo ignoro, ma cerco sempre di fare di tutto per non conoscerlo.
E i premi, e le critiche, e i problemi, e le storie che ci girano intorno, e come è stato realizzato, e la distribuzione e tutto il resto di cazzi e mazzi.
Però ricordo sto titolo in videoteca e alcune notizie che lessi, all'epoca, al riguardo.
La prima cosa che ricordo è un trailer assassino che svelava il colpo di scena del film.
La seconda un casino talmente grosso successo col finale che il regista Sheridan (quello de Il mio piede sinistro, Nel nome del padre e Brothers, no, giusto per capirsi) disconobbe (perchè la laurea in lettere a volte va ricordata con termini simili), dicevo, disconobbe (2), il film.
Insomma, Dream House fu un flop sia perchè distribuito in maniera disastrosa (non guardate il trailer) sia perchè deturpato in sceneggiatura.
Ier sera l'ho visto.
E, almeno per la seconda cosa, confermo tutto.
Non so cosa avesse in mente come finale Sheridan ma è indubbio che quello poi effettivamente girato sia davvero debole.
Peccato, peccato davvero.
Recensione:
Perchè se è vero che Dream House appare come un film pieno di deja vu e molto classico e mainstream nella realizzazione, è anche vero che io a tratti l'ho trovato interessantissimo.
Persino un filo profondo in alcuni punti.
Intanto ci sono Naomi Watts, Rachel Weisz e Daniel Craig.
E le prime due valgono sempre il prezzo del biglietto, sia come arte recitativa che per gli occhi di noi maschietti.
Ma sti cazzi.
Dream House è ascrivibile al celeberrimo genere del thriller psicologico, genere che ha fatto la fortuna e la dannazione di tutte le videoteche.
"Hai un thriller psicologico?" ti chiedeva il cliente di turno, molto spesso un minchione che aggiungendo "psicologico" a "thriller" credeva di ergersi a spettatore d'essai.
E quando avevi la fortuna di conoscere titoli come Dream House andavi sempre sul sicuro.
Recensione:
Ma, insomma, sto film?
Ecco, per me è la sintesi quasi perfetta di due grandissimi film, Shutter Island e The Others.
Se qualcuno provasse a unirli uscirebbe fuori Dream House. Almeno sulla carta eh, non parlo di livello.
Un pò horror (la casa che pare mezza infestata e pure il trascendentale che arriverà poi), un pò thriller (una storia di omicidi) e un pò drammatico il film funziona per quasi tutta la sua durata.
Ha almeno 3 meriti.
Il primo è porre il colpo di scena a metà.
Perchè è facile metterlo alla fine, scrivere un finale e tutti a casa.
Invece qua il twist arriva molto presto e poi il film deve riuscire a "reggere" questa sua nuova identità.
E con lui deve farlo il protagonista, prima "vittima" del colpo di scena.
Adesso sa chi è. Ma il nuovo mondo che si era creato non riesce comunque ad andarsene. Ho trovato bellissime le scene in cui i due mondi, quello della consapevolezza e quello del sogno, della dream house insomma, si fondevano insieme.
C'è una scena strepitosa, quella sì da thriller di altissimo livello.
Le due bambine che iniziano a star male, la madre che le soccorre, lui che sa cosa sta succedendo, anzi, lui che sa cosa è già successo, e prova a convincere lei.
Di solito avviene il contrario, sono "loro" che devono convincere lui.
Scena sublime, psicologicamente scritta in maniera esemplare.
Recensione:
E questo è il secondo merito del film, quello del saper unire questi mondi in maniera non solo convincente ma persino empatica in certi momenti. Anche grazie all'uso di luci fredde (per la realtà) e calde (per il sogno).
A tal proposito altra scena notevolissima (post twist) è quella in cui lui è nel freddo della casa e piano piano l'oscurità diventa luce, la fredda morte calore, il silenzio la voce delle sue due bimbe.
In più, terzo merito, a tutto questo si unisce una interessante componente letteraria. I personaggi del libro di Peter sono le persone conosciute nel suo passato. Ma allo stesso tempo sono anche le persone che lo accompagnano in questo suo presente alternativo.
Per mezz'ora siamo davanti ad un thriller intenso, profondo, interessante e benissimo scritto.
Poi gli ultimi 20 minuti diventano uno spiegone dietro l'altro, un finale affrettato, banale e solo cinematografico, niente più.
La profondità raggiunta sparisce del tutto.
Eppure vedere la Weisz che segue il marito e riesce anche ad interagire con la realtà per salvarlo funziona, funziona alla grande.
Perchè questo film pur nelle sue imperfezioni riesce a raccontare un amore famigliare veramente credibile, al di là dei confini della vita e della morte.
Chissà Sheridan cosa aveva pensato.
Peccato
(voto 6,5)

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