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[Recensione] Enslaved: Odyssey to the West

Creato il 15 gennaio 2014 da Rostislav @videogiochiword
Scritto da alextonoli News, Recensioni mercoledì, gennaio 15th, 2014 [Recensione] Enslaved: Odyssey to the West[Recensione] Enslaved: Odyssey to the West[Recensione] Enslaved: Odyssey to the West[Recensione] Enslaved: Odyssey to the West[Recensione] Enslaved: Odyssey to the West

Il team Ninja Theory è uno dei team più particolari presenti sul mercato.
Fortunato ereditiere del famosissimo franchise Devil May Cry questo team, che proprio recentemente lo ha portato nuovamente alla ribalta con il reboot DMC ottenendo buonissimi risultati tra critica e pubblico (nonostante un non semplice inizio), era però in precedenza un vero e proprio ‘sfornatore di mondi’, nuovi ed originali.

I primi segnali appaiono infatti all’inizio della passata generazione: PS3 portava con sé tra i titoli di lancio proprio un loro prodotto, il buon Heavenly Sword. Evidente fin da subito quindi la formula caratteristica che contraddistingueva i titoli di questo team- pre DMC: gameplay il giusto per intrattenere misto ad una dose abbondante di creatività per quanto riguarda l’ambientazione di gioco, con in aggiunta, capacità di narrazione che sfuggono ( e soprattutto per i tempi) alla generale mediocrità propria dei titoli action, troppe volte posta in secondo/terzo/ultimo piano.

Croce e delizia, queste caratteristiche, poco dopo, hanno portato il team su una nuova strada: quella del West.
E’ del 2010 infatti la loro ultima pubblicazione originale, altro sfoggio di originalità e dedizione all’arte: Enslaved: Odyssey to the West’ . Creato senza più l’aiuto di mamma Sony, raccogliendo questa volta la collaborazione di Namco Bandai, Ninja Theory optava per una pubblicazione multipiattaforma, destinando il prodotto anche, e finalmente, ad Xbox 360.
Il gioco proponeva una storia ricca di fascino e di componenti nient’affatto usuali: un viaggio in una Terra sprofondata in un futuro distopico dalla bellezza, per l’epoca, davvero devastante; una collaborazione attiva tra i due personaggi protagonisti, caratterizzati da una profondità psicologica decisamente rara, grazie ad una sceneggiatura curata niente meno che da Alex Garland

Ma il viaggio non è stato certo dei più felici: uscita bistrattata, pubblicizzato in maniera oscena e senza l’ausilio di una fan base stabile che facesse da solido supporto. Da qui, come troppo consecutiva conseguenza, le poche vendite nonostante un’accoglienza della critica ottima, e la morte prematura di quello che sarebbe voluto essere un franchise a più capitoli,  che i molti affezionati sembrano ancora chiedere a gran voce nelle notti di Luna piena, quando la malinconia torna a farla da padrone.
Destino giusto o ingiusto ravviviamo questa malinconia, e reimmergiamoci di gusto in quest’opera della passata generazione troppo in fretta dimenticata, godiamone le atmosfere, e vediamo se questo viaggio avrebbe meritato davvero una più fortunata sorte, oppure è stato più vittima di sé stesso che della cattiva gestione marketing .

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La storia ci porterà su questa nave volante schiavista in cui il nostro personaggio , Monkey,  si troverà rinchiuso, confinato ermeticamente in una capsula statica in viaggio verso chissà dove. Un’anomalia ci permetterà di fuggire, e, mentre la nave volante cade nell’affascinante paesaggio terrestre all’apparenza disabitato e rigonfio finalmente delle sua stessa natura, saremo costretti a destreggiarci in una fuga dai robot schiavisti che da subito ci faranno intuire le doti profondamente ‘cinematographic oriented’ del titolo, nonchè la connotazione scimmiesca e particolarmente violenta del nostro personaggio. Cut-scene di intermezzo armonizzeranno le nostre prime arrampicate mentre rincorriamo quella che è stata la causa di questa anomalia: una ragazza, una schiava, anch’essa in fuga e alla disperata ricerca di una capsula di salvataggio.

Arrivati alla capsula la simpatica ragazza, Trip, si rivelerà però molto poco cortese con noi, e deciderà di sganciarsi dalla nave in via di distruzione fregandosene completamente del fatto che siamo appiccicati al vetro della capsula come una mosca sul parabrezza. Al risveglio dallo schianto però, come se non bastasse lo scomodo viaggetto, ci attenderà una non proprio bellissima sorpresa. Trip ci avrà installato una fascia che le permetterà di infliggerci delle scosse a suo volere, e che, in aggiunta, ci ucciderà nel caso in cui anche lei stessa muoia. Il tutto ovviamente ad un particolare fine: dovremo riaccompagnarla al suo villaggio natio tenendola al sicuro dai Robot schiavisti agli ordini di questo misterioso Pyramid.
Il viaggio sarà, come potrete immaginare, nient’affatto facile, ed in aggiunta la strana fascia che ci è stata installata, inizierà a portarci delle visioni di un mondo passato di cui dovremo decifrare il significato.

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Narration, salvation!

E’ certo che le caratteristiche di Enslaved sono sicuramente focalizzate sul comparto narrativo. Come dicevamo appunto, grazie all’ausilio di Alex Garland, la storia, tratta dal classico cinese ‘Viaggio in Occidente‘,  pur non godendo di una particolare profondità o articolazione è sicuramente l’elemento che catalizza l’attenzione del giocatore, e che permette al titolo di inserirsi nei cuori di chi purtroppo avrebbe voluto nuovamente assistere alle avventure di Monkey e Trip ben oltre rispetto alle poche ore concesse dal questo episodio (che comunque prevede una storia che si può definire conclusa e quindi godibile, con una decina di ore di longevità).

E il comparto narrativo può funzionare proprio perchè, di base, il duo stesso funziona: Monkey e Trip si incastrano alla perfezione, gli attriti iniziali sono solo il preludio alla futura intesa, e il viaggio che li porterà a conoscersi sarà un percorso evolutivo per ognuno dei due. Ma ad un inizio sicuramente affascinante e ricco di mistero, purtroppo, anche la storia a lungo andare si dimostra abbastanza fiacca. Affida infatti il compito, eccessivamente gravoso, di far mantenere vivo l’interesse del giocatore al fascino del pianeta (indiscutibile, sembra un prequel di ‘The Last of Us’), allo scambio di battute dei due personaggi che si sveleranno poco a poco, e allo sviluppo di una trama che evita continuamente il mistero di fondo per relegandolo solo nel (seppur stupendo) finale.

Questa fiacchezza è fortunatamente ravvivata da micro eventi che di tanto in tanto riaccendono completamente l’attenzione e il piacere di continuare a giocare: sequenze di arrampicate mozzafiato ad altezze  sostenute; corse contro il tempo e il cedimento del terreno; fughe da giganteschi cani robotici e, una su tutte, una scena di altissimo valore artistico con gli ologrammi di Romeo e Giulietta che partiranno nel mezzo di un nostro combattimento in un teatro decaduto, e insceneranno la famosissima scena del balcone (come a voler dire che il mondo potrà pur finire ma Shakespeare sopravvivrà, sempre e comunque).
L’introduzione del personaggio di Pigsy arriva poi perfetta nel momento di maggiore cedimento e, grazie alla sua personalità, aumenterà corposamente la dose ironica insita nel titolo regalando sequenze davvero divertenti, aiutando il giocatore a non mancare all’appuntamento con un finale che merita assolutamente di essere visto, talmente inaspettato da far sentire comunque soddisfatti al completamento del gioco.

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Gameplay, ma dove sei?

L’impianto narrativo ha però più di una scusante per i suoi cedimenti. Molti dei momenti in cui avvertiremo qualche sua debolezza infatti, saranno a causa in realtà dell’eccessiva noia a cui avrà condotto molto prima il gameplay. Essendo un titolo action, è vero che si sa benissimo a cosa si andrà incontro al momento dell’acquisto; ma il problema è che Enslaved sembra usare questa teorizzazione come scusante per tralasciare tutti i difetti di cui ampiamente gode, sperando che qualche buona intuizione (la collaborazione con Trip gestita tramite comandi) e qualche nota di colore (upgrande basilare in stile Rpg e le cut-scene cinematografiche durante gli scontri)  bastino a nascondere i sintomi di una stanchezza che inevitabilmente, da metà gioco in poi, si finisce per provare.

L’intelligenza artificiale degli avversari è purtroppo pietosa, e gli scontri sono resi difficili solamente dalla non perfetta gestione della telecamera che molte volte finisce per farci perdere il centro dell’azione. Le fasi shooter sono ancor peggio, con un sistema di mira che non mancherà di rendere più difficile del dovuto qualche pezzo altrimenti bypassabile facilmente. Una volta acquistato poi lo skill della rigenerazione vitale il gioco sarà praticamente concluso: non dovrete fare altro che rotolare continuamente per avere nuovamente la vita al completo e proseguire lo scontro vincendolo inevitabilmente ( non abbiamo mai utilizzato una fiala della vita in tutto il gioco).

Le fasi di arrampicata, che tanto sono ricche di fascino visivo, sono in realtà di una povertà aberrante, vittime della sindrome ‘Prince of Persia’(2008) , con il personaggio impossibilitato a mancare il salto, uccidendo praticamente qualunque, anche minima, sensazione di piacevole sfida.
Apprezzabili invece le fasi di moto su disco energetico, una sorta di nuvola per il nostro Son Goku che ci permetterà (solamente in alcuni momenti) di viaggiare su di essa a mo’ di skate volante cambiando di molto il ritmo del gioco, ma non abbastanza per risultare determinante nell’economia generale.

Il tutto si estingue quindi in scontri divertenti ma che, a contrario della formula usata da Darksiders, finiscono per annoiare prestissimo a causa della limitatezza degli approcci e delle tecniche.

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Terra, quanto sei bella!

Sicuramente in forma l’ ‘Unreal Engine 3′ che ci riporta a un mondo completamente sommerso dalla natura,  conquistato e assuefatto dalla sua rurale bellezza distrutta solo saltuariamente per contrasto dall’introduzione dei robot. Modelli, di questi ultimi, non troppo vari ma sufficientemente ispirati. Strutture in rovina splendide e  paesaggi mozzafiato completano il pacchetto, creando un prodotto che fa del fascino ambientale uno dei suoi punti di forza maggiori, grazie a colori sempre sgargianti che creano un bellissimo colpo d’occhio. Un mondo continuamente in bilico tra futuro e passato, tra tecnologia e giungla, che difficilmente riuscirà a non rimanere ben saldo nella memoria.
La recitazione digitale è, per i tempi in cui è stato rilasciato, semplicemente strepitosa, seconda solo alle performance di Heavy Rain di cui condivide il periodo d’uscita.

E se dal lato artistico non ci si può di certo lamentare, attenzione, perchè si può invece rimanere abbastanza irritati dalla continua e perenne composizione ritardata delle texture, caricate anche molti secondi dopo l’apparizione dell’immagine. Un effetto che, unito ad una colonna sonora stupenda, potrebbe passare in secondo piano, se non fosse che anche l’audio soffre di terribili disassestamenti, i quali vi porteranno a perdere ben più di un dialogo.

Commento

Si merita quindi Enslaved, il destinto che gli è stato proprio?
Diciamo che la domanda è destinata a rimanere in sospeso, ma di certo non si può gridare allo scandalo. Il gioco, pur essendo comunque una bellissima avventura con un impianto narrativo solido, non ha le carte in regola per riuscire dove altri riescono con maggiore efficacia. La debolezza del combat system fa ricadere troppe responsabilità su una trama che pur essendo bella, ha un incedere eccessivamente lento. Le ironie e le trovate artistiche quando fanno capolino ravvivano quanto possono ma lì, purtroppo, si fermano.
Se avete tempo da investire in una storia che merita di essere vissuta, con personaggi ottimamente caratterizzati, e che nel suo finale, vi assicuriamo, vi ripagherà dei molti sforzi di mantenimento d’attenzione, allora non pensateci neanche troppo su: Enslaved sarà il viaggio giusto per voi. Altrimenti il mondo è pieno di altri bellissimi sogni da vivere.

Pro                                       

  • Personaggi caratterizzati ottimamente
  • Sceneggiatura pregevole
  • Finale dal sicuro effetto

Contro

  • Combat System povero
  • Fasi di arrampicata che non prevedono tasso di sfida
  • Alla lunga annoia

                                                                                                                    Voto: 6.5

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