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[Recensione] Euro in bilico di Bruno Amoroso

Creato il 11 aprile 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

Euro in bilicoTitolo: Euro in bilico – Lo spettro del fallimento e gli inganni della finanza globale
Autore: Bruno Amoroso
Editore: Alberto Castelvecchi Editore S.r.L.
Anno: 2011
ISBN:978887615-6397
Num. Pagine: 128
Prezzo: € 12,00
Voto: [Recensione] Euro in bilico di Bruno Amoroso

 

Contenuto:

Il denaro di per sé è uno strumento neutro, la sua funzione è quella di reperire i beni necessari al soddisfacimento dei nostri bisogni. Il denaro retribuisce il lavoro di chi ha prodotto i beni che utilizzeremo a tal proposito. Può trattarsi di qualsiasi cosa: un panino, una sedia, un libro, per non parlare dei servizi (trasporto, mensa, scuola ecc…).
Già la comune esperienza ci rende evidente quanto il lavoro sia qualcosa di altro, di diverso e di ulteriore rispetto alla merce che scegliamo tra gli scaffali di un negozio o tra le bancarelle di un mercato all’aperto, rispetto a un servizio di cui usufruiamo.
Si pensi solo all’art. 1 comma 1° della Carta costituzionale:
L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.”

per non parlare dell’art. 36 comma 1°:
Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”

Si forma una “triade” di tutto rispetto: denaro – lavoro – beni.
Se di questi elementi ne facciamo due o uno soltanto, (se uno qualunque di essi per una ragione o per l’altra assorbe l’altro) le cose più che semplificarsi si complicano. Se il lavoro fosse considerato alla stregua di una merce di scambio, anche il denaro muta la sua natura: cessa di essere uno strumento neutro.
Il lavoro, non distinguendosi più dagli altri beni, entra nella catena produttiva, non è retribuito per produrre un bene affinché se ne possano acquisire altri ma viene remunerato come un fattore produttivo, al fine di produrre altro denaro che andrà a remunerare il capitale investito.
In una costruzione del genere un art.1 o un art. 36 della Costituzione stonano, sono tracce d’inchiostro su un foglio di carta muto.
Per quanto detto non sfugge la peculiarità della “riforma del mercato del lavoro” e dell’articolo 18 (dello Statuto dei lavoratori del ’70): non sembra chiaro dove si voglia andare a parare: se affossare definitivamente il lavoro e la sua dignità in maniera tale da non distinguerlo più da qualunque altro fattore produttivo o se invece si intenda restituire a esso la centralità che merita.
Il titolo “Euro in bilico” può apparire fuorviante per più di un motivo:il volume di Bruno Amoroso dedica all’Euro non molte pagine, e non dice molto di più di quello che da mesi ormai apprendiamo dai giornali e dalle rubriche di approfondimento. Il titolo lascia adito al sospetto che l’autore volesse indicare tra i responsabili della crisi in atto la moneta unica europea, la mancanza di una politica economica comune;il lettore può erroneamente ritenere che al centro della trattazione vi sia un discorso più o meno approfondito sull’Europa e la sua moneta.
A lettura conclusa ci rendiamo conto che prevale un approccio antropologico di largo respiro. Da una parte il volume mi pare fuori tema rispetto al titolo, tuttavia centrato e pertinente sotto altri aspetti.
E’ vero, infatti, che ci si concentra troppo, per spiegare la crisi in atto, su quanto accaduto negli ultimi dieci anni (2001-2011) piuttosto che negli ultimi cinquanta-sessant’anni o addirittura negli ultimi secoli.
A ben vedere ciò che ha generato la crisi attuale ha strati e contro strati più antichi dell’Unione Europea e della sua moneta.
A tornare indietro nel tempo ritroviamo la storia millenaria dell’homo oeconomicus, evolutosi dall’homo sapiens. Sin dalle origini si è rivelato molto aggressivo e determinato, molto più di altri ominidi con i quali condivideva l’ambiente (l’uomo di Neanderthal). Questa aggressività e determinazione agli albori del tempo, rientra tutto sommato nell’ordine naturale delle cose, poiché sul piatto vi era la sopravvivenza della specie, a fronte delle difficoltà dell’ambiente, della difficoltà di reperire il cibo e altri beni. Apparteneva all’ordine naturale delle cose fare di tutto per sfuggire all’estinzione, anche a costo di rendere la vita impossibile ai propri simili, fino a farli scomparire. L’uomo di Neanderthal forse non è stato sufficientemente in grado di affrontare le sfide cui doveva andare incontro per giungere fino a noi.
Di tutto questo però c’è il rovescio della medaglia: ciò che ha permesso all’homo sapiens di giungere fino a noi, o meglio, ha concesso a chi scrive e a chi legge di ritrovarsi nel numero di questi, sta pregiudicando il suo futuro.
A precisare il punto è utile ricostruire il quadro storico: l’autore ci ricorda che l’economia monetaria (il denaro) si sviluppa nel XII secolo. La moneta, che permette lo sviluppo degli scambi, era battuta dalle zecche dei maggiori comuni italiani. Già allora vi era chi segnalava il pericolo di quello che cominciava a essere chiamato “sterco del diavolo”( s. Francesco d’Assisi).
Nel XIX secolo Nietzsche “ritiene che le fondamenta del nostro pensiero razionale ed etico siano costruite sulla moneta”.
Nel Piccolo Principe, leggiamo: “Se voi dite ai grandi ‘Ho visto una bella casa di mattoni rosa, con dei gerani alle finestre e dei colombi sul tetto’ loro, gli adulti, non arrivano a immaginarsela. Bisogna dire:’Ho visto una casa da centomila lire’ e allora esclamano ‘Come è bella’”.
Non è un economista ma è Pier Paolo Pasolini a mettere il dito sulla piaga, vedendo nella “fusione tra denaro e merce il virus letale della nostra società”.
Prima vi erano tre elementi: denaro – lavoro – merce. Poi denaro – merce. Infine il denaro diviene il bene per eccellenza, fino a esprimere la seguente identità:

denaro = denaro

con la quale si arriva all’economia finanziaria che fa a meno del sistema produttivo, della così detta economia reale.

Dov’è il soggetto? Ve n’è ancora uno da qualche parte?

Il soggetto attivo dell’economia non è più il produttore di beni o il proprietario dei mezzi di produzione. E’ colui che detiene il capitale finanziario. Mi verrebbe da dire: nemmeno costui. Il denaro possiede chi lo detiene, come un virus:

Probabilmente saremmo capaci di fermare il sole e le stelle perché non ci danno alcun dividendo” (Keynes).

Il denaro è una merce destinata a incrementarsi, a essere impiegata solo al fine di produrre altro denaro. Questo ne fa un virus del quale il “consumismo” è chiaro sintomo. Si bruciano risorse non per soddisfare bisogni ma per appagare desideri, producendo denaro da conservare nei forzieri, fino al punto, si è detto, di soffocare l’economia reale (quella produttiva).
Il denaro è un virus che intacca e distrugge qualsiasi cosa su cui si posa: il lavoro, la produzione, l’economia, le risorse, le bellezze naturali e, alla fine, se stesso. Può la moneta sopravvivere al mercato, all’economia reale, ai beni, al lavoro?
Com’è potuto succedere tutto questo?
Euro o non Euro, Europa o non Europa, le crisi economiche che si sono avvicendate negli ultimi due secoli sono spiegate dal ribaltamento dell’idea di mercato: “da luogo di socializzazione, di incontro, a centro di potere”.
Il produttore non è più protagonista, un soggetto attivo, ma un “vinto”, la sua forza lavoro è una merce come le altre, monetizzabile, sfruttabile da chi detiene il capitale finanziario, il coltello dalla parte del manico.
Tornando a epoche meno recenti, l’Ottocento è stato il secolo del colonialismo: da una parte vi erano (e vi sono) i paesi industrializzati e dall’altra quelli più arretrati o in via di sviluppo. I primi sono i proprietari del capitale finanziario, i secondi sono comunità destinate all’arretratezza, anche se proprietari di beni da sfruttare (terre, minerali, petrolio…).
L’aspetto inedito della crisi che l’America e l’Europa stanno vivendo, è dato dal fatto che essa ci è entrata in casa. Eppure è causata da un sistema che regge da generazioni, da secoli. Oggi come allora vi è chi prende (senza dare) e chi dà (senza avere nulla in cambio). I guadagni vanno in una direzione soltanto e il conto delle spese è presentato altrove. L’effetto San Matteo (poveri che divengono sempre più poveri e ricchi che diventano sempre più ricchi) è la scoperta dell’acqua calda. Ciò che prima chiamavamo “altrove” (paesi oltre oceano dove esportavamo i costi delle nostre produzioni, i problemi sociali e persino quelli ambientali) è un “qui e ora”, qualcuno che bussa alla porta di casa. Non più Guatemala, Africa o Paesi latino americani: ma Grecia. Sta avvenendo in Europa, in America, quanto è sempre avvenuto nelle aree soffocate dal debito (pubblico) la cui spirale colpiva senza alcuna soluzione di continuità, più forte del destino.
L’Europa e l’America sono vittime dell’effetto boomerang della loro stessa economia. Il tentativo di produrre e trasferire altrove i problemi sociali e ambientali non funziona più: essi ora colpiscono da vicino il nostro sistema produttivo. Si ha l’impressione che non si sappia che pesci pigliare: si è alla ricerca di altri soggetti chiamati a pagare un conto assai salato a colpi di manovre (finanziarie, si badi bene) quali: l’aumento della pressione fiscale, tagli alla spesa pubblica, al welfare ecc.
In bilico non mi sembra tanto l’Euro, quanto l’economia monetaria tout court e puntare il dito sulla moneta unica è di per sé fuorviante. Non è nemmeno questione di “destra” o “sinistra”. Sotto questo aspetto l’autore mi sembra eccessivamente schierato (mi interessa poco con quale parte).
Qui si tratta di rivedere un’intera cultura, l’intero modo di concepire le cose.


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