Film visionario o pura follia senza precedenti? Zack Snyder ha drammaticamente anticipato i tempi o ha banalmente ingerito una dose eccessiva di sostante psicotrope? Come è possibile che la maggior parte degli articoli che infestano carta stampata e cyberspazio lo stronchino inesorabilmente, mentre ogni soggetto in carne ed ossa che si incrocia ne parli con un tale fascino da indurre noialtri ad accorrere in sala?
La trama cosa narra di così fuori dagli schemi da (sicuramente) disorientare lo spettatore sino a (forse) tramortirlo?
Un nuovo viaggio nei meandri della mente decisamente differente da “Inception”, ma rispettoso di Nolan, doloroso sin delle prime immagini nonostante le parole di sottofondo siano (e saranno per tutto il tempo) di incoraggiamento e speranza: la nostra mente ci sostiene sempre anche nelle situazioni più difficili e se la ascoltassimo potremmo usufruire della incredibile forza che ne consegue così da reagire e vincere. Una favola quindi per narrare le reazioni di autodifesa che garantiscono la sopravvivenza della malcapitata giovane protagonista (Emily Browning). Una avventura in cui non pare difficile immedesimarsi grazie alla fredda ed angosciante fotografia (la cui efficacia è già stata testata in “300”), uno stile da fumetto ed una ambientazione dal profumo retrò.
Ci vengono proposte tre situazioni (soccombenza-lotta sino alla fine-eroismo) in tre luoghi (un manicomio-un teatro-un pianeta in guerra), tre universi, tre gironi infernali o tre livelli di un… gioco, la scelta è solo vostra! Inizialmente non si comprende cosa stia accadendo, è tutto talmente drammatico dal volere solo finisca in fretta, si accoglie quindi con sollievo il cambio di scena, il salto in un mondo che, seppur di privazioni, decisamente risulta più sopportabile per la compagnia ed il cameratismo che solo un gruppo può dare. Ma quando anche qui il gioco si fa duro, l’aria si fa pesante, ci ritroviamo catapultati nel miglior videogioco, in un action-fantasy i cui effetti speciali ci ricordano che Matrix ha cambiato la storia del cinema per sempre. Ma non temete, di nuovo nessun plagio solo un sentito ringraziamento.
Un cast da far rabbrividire ogni maschietto e far risvegliare l’ormone di un ottuagenario. Cinque affascinanti bellezze, con lembi di pelle alternativamente scoperti o inguainati in provocanti tute da assalto, incarnano le reazioni che noi tutti possiamo avere quando versiamo in una situazione di pericolo: l’insicurezza e la paura (Vanessa Hudgens), la protezione e la freddezza (Abbie Cornish), l’impulsività e l’incoscienza (Jena Malone), la violenza (Jamie Chung) e Emily Browning la lotta per la sopravvivenza che qui avviene attraverso un sensuale ballo, mai mostrato ma che intuiamo abbia effetti ipnotici utili a riottenere la libertà.
Perché tutto questo? Troppo macchinoso e troppi generi mescolati per alcuni, a me piace pensare che sia un nuovo modo per affrontare temi di una pesantezza mostruosa lasciando (alla nostra mente!) sempre una via di fuga.
Film che non lascia indifferenti e che ha soprattutto il pregio di insinuarsi nei meandri della tua testa per riaffiorare a più riprese e farti rivalutare, se non addirittura comprendere, a posteriore alcuni tasselli di un mosaico costruito con attenzione e dedizione quasi maniacali.
Come Tarantino riesce a farci digerire tonnellate di violenza (anche gratuita) senza toglierci il sonno, così Snyder, grazie al suo mondo fantastico, sbatte in faccia argomenti drammatici senza mai schiacciare lo spettatore. Un incitamento, una iniezione di fiducia in sé stessi, potrà ciò segnare veramente il declino di un regista?
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