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[Recensione] Fratture di Massimiliano Nuzzolo

Creato il 22 febbraio 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Fratture

Titolo: Fratture
Autore: Massimiliano Nuzzolo
Editore: Italic
Collana: Pequod
ISBN: 9788896506431
Numero pagine: 184
Prezzo: € 16,00
Voto: [Recensione] Fratture di Massimiliano Nuzzolo

Trama: Thomas, trent’anni, una famiglia solida alle spalle e una ragazza con cui mettere su casa. Elisa, studentessa universitaria fuori sede, animo artistico e una forte passione per la fotografia. Per entrambi arriva il momento della “frattura”: Thomas resta coinvolto in un terribile incidente stradale che lo priva in maniera permanente della memoria, ma allo stesso tempo gli apre gli occhi, lo mette davanti alla realtà di una vita che gli va stretta. Per Elisa si tratta invece di una lenta discesa nel proprio inferno privato quando, dopo un’adolescenza come tante altre, fatta di qualche spinello, concerti rock, piccole trasgressioni, inizia sempre più ad avvertire il peso del mondo. Fino al giorno in cui Thomas si ferma a leggere una scritta nel bagno di un locale: “Cerco disperatamente una persona che abbia ancora l’anima e che possa prestarmela”. Sotto c’è il numero di un cellulare. Da quando Thomas decide di comporlo, hanno inizio le intense confessioni telefoniche con Elisa, come due adolescenti innamorati sospesi nel tempo e nel sogno. “Fratture” parla della difficoltà di vivere senza scadere mai nel sentimentalismo, ma soprattutto riesce a farlo con ironia. Perché in fondo non sarebbe poi così male poter cancellare tutto e ripartire da zero.

Recensione:

Cerco disperatamente una persona che abbia ancora l’anima e che possa prestarmela. Ne avrò molta cura. Promesso, è una cosa seria.

Da questa insolita richiesta d’aiuto, tutto ha inizio. Elisa non chiede cosa sia l’anima, non ne vuole la definizione: nelle sue parole, che rischiavano di passare inosservate, vi è l’ansia di chi ha perduto per strada qualcosa di importante, e non sa dove andarla a recuperare. Domandare a prestito un’anima, sperando che qualcuno ce l’abbia da qualche parte, non è cosa da poco. In precedenza Elisa si è impegnata in un’estenuante ricerca, fotografando di tutto: insetti, foglie morte, carcasse di animali. Diventa una smania, la sua, con pretese artistiche tanto che, come Leonardo e Michelangelo un tempo, si spingerà oltre:

Ciò di cui avevo bisogno era un vero morto in stato di decomposizione avanzata. E di poterlo fotografare in tempi diversi, per analizzare in modo adeguato ogni singolo cambiamento. 

Ecco il punto: in che modo un corpo, prima pulsante e vivo, incede inesorabilmente verso il nulla? Cosa lo aveva separato fino a ora dagli abissi? Cosa significa, tutto a un tratto, cessare di esistere, non avere l’anima?

Un incidente ha posto Thomas sulla strada di Elisa. La mente è resettata, intonsa, linda, priva di contenuti. Non conosce la persona che è stata, lo sanno gli altri per lui. Ha perso tutto, non semplicemente dimenticato. I ricordi sono irrecuperabili. Si è aperta una falla, anzi, una frattura. In tale stato fa sue le domande urgenti di Elisa.

Anche Thomas ha bisogno di fare un inventario: raccoglie e classifica oggetti, attribuisce loro un significato, un numero, una descrizione, sperando di trovarvi qualcosa che vada oltre la consistenza di cose.

Non ricordare nulla, dice Thomas, è strano. Non devastante. Ciò che ha di più importante gli è rimasto: la consapevolezza di esistere, di pensare, di occupare uno spazio; la possibilità di muoversi, di scegliere, libero ormai come pochi. Si è lasciato alle spalle la sua gabbia. Non deve gettare via nulla perché, a parte lui, tutto è scomparso.

Strano, ma non devastante. Già questa è una risposta. Elisa può trarne frutto: il suo mondo la devasta facendola sentire strana, anormale, fuori tono. Anche lei ha preparato il suo inventario: un elenco di pensieri, di parole, di ciarpame inutile. Le manca poco per accorgersi che quel che resta è il soggetto: colei che ha chiamato ogni cosa con il suo nome, esprimendo su di essa una sorta di signoria. Ha rappresentato il suo mondo in grigie fotografie; non è sui suoi scatti che deve poggiare l’occhio vigile e indagatore, ma in colei che fotografa e scrive il suo numero di cellulare sui bagni di un locale. È qui che l’anima tanto cercata si manifesta. L’anima sta ai margini, e dai margini discerne, giudica, inventaria e fotografa quanto si staglia nel proprio orizzonte.

Thomas ha perso la memoria, ma non l’anima, è questo che sta comprendendo passo dopo passo. Nella sua nuova condizione attira gli altrui destini come una calamita. Non solo Elisa, ma vari personaggi fanno ressa intorno alla sua memoria vergine, riempiendola di storie, racconti, frustrazioni: il postino, l’amico di famiglia, Nicola, Nadia, Emma, Roberto.

L’errore di fondo è credere di trovare nelle definizioni traccia di ciò che si cerca. Non è con questo indottrinamento che si viene a capo di qualcosa:

«Thomas sei felice tu?» «Non saprei. Non riesco a connotare la definizione».

Elisa, dal canto suo, ha raccolto in un quaderno diverse definizioni di anima:

Come posso fare una cosa oggettiva quando ognuno la vede in un modo diverso e “impreciso”, quando un concetto così vitale sfugge, quando le sue interpretazioni sono così vaste ed io stessa rischio di non capirci più niente?

Definire l’anima significa inscatolarla, creare confini a ciò che è sconfinato, parcheggiarla in un anfratto. Peggio ancora è raccogliere definizioni che hanno dato altri, quando la domanda è la tua.

La migliore risposta giunge inaspettata, improvvisa, intuitiva. Ecco l’anima: Io sono io, il resto non conta nulla, conclude Thomas. 

La risposta vera è nel viaggio, nel cammino che sia traccia di un itinerario, quello dell’homo viator. Un po’ come Dante tra Inferno, Purgatorio e Paradiso, c’è una porta per entrare, un’altra per uscire.


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