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Recensione: Gli ultimi abitanti del sottosuolo

Da Flautodipan @miriammas
Recensione: Gli ultimi abitanti del sottosuolo Titolo: Gli ultimi abitanti del sottosuolo Autore: Nanni Cristino Editore: Alcheringa Collana: Gli occhi di tigre Pagine: 264 Prezzo: 12 euro Descrizione:
Parigi, dicembre 2012, linea otto del metrò.
Sembra che un serial killer l’abbia scelta come teatro dei propri omicidi.
Armand Vandeweil, un ex criminologo ora editore di Metronoctis, un giornale di annunci per coloro che si incontrano per caso nel metrò e vorrebbero conoscersi, scopre che gli omicidi vengono sempre preceduti da un messaggio piuttosto insolito recapitato al giornale, un versetto biblico che recita: C’è una via che sembra diritta a qualcuno, ma sbocca in sentieri di morte.
Da tre settimane il giornale riceve e pubblica, ogni giovedì, questo messaggio. E il serial killer uccide le vittime, con una puntura di cianuro al collo, proprio la notte di ogni giovedì, sulla linea otto.
Singolari clochard, musicisti di strada, uno psicologo, una bella violoncellista, un cataphile, il commissario Montrouge e l’ex criminologo, ora editore, intrecciano le loro vicende quotidiane con l’accaduto, e sulle note della musica jazz che fa da colonna sonora alla storia, tutti danzano fra sospetti e indizi, facendo emergere in tutta la sua potenza una realtà sotterranea nascosta e sconosciuta ai più.
Chi è il misterioso assassino?
Che cosa c’entra con gli omicidi l’inquietante racconto di uno scrittore argentino?
Trascinato suo malgrado nelle indagini, sarà proprio Armand, con l’aiuto dello stravagante clochard Manouche, a scoprire un piccolo, insignificante particolare che permetterà di incastrare il colpevole.
 L'autore:
Recensione: Gli ultimi abitanti del sottosuolo
 
Nanni Cristino è insegnante di Lettere e vive tra Chieri, la città piemontese in cui lavora, e Parigi, dove si rifugia a scrivere. Autore di manuali scolastici di Storia per l’Editrice Petrini (gruppo De Agostini), ha realizzato anche il testo di un’opera teatrale dedicata a Nino Rota e inserita nel cartellone della rassegna “Mito 2010”.
“Gli ultimi abitanti del sottosuolo” è il suo primo romanzo.
 
La recensione di Miriam:
Ci sono storie che scorrono in superficie e altre che viaggiano nel sottosuolo perché sotto la crosta di città come Parigi si cela un intero mondo brulicate di vita. Ad abitarlo è il popolo del metrò, quello che non conosce le lusinghe del tubo catodico né il tepore del focolare domestico, ma nondimeno sogna e ha qualcosa da raccontare. Ed è proprio lì, nelle viscere della più romantica capitale europea, tra clochard, cataphile e artisti di strada, che Nanni Cristino ci conduce per sussurrarci la sua storia tessuta d’ombre e morte eppure pregna di umanità al punto di brillare. È un thriller in piena regola quello con cui siamo chiamati a misurarci, un rompicapo poliziesco di quelli che costringono il lettore e non abbassare la guardia e a tirare dritto fino all’epilogo senza concedersi soste. Un serial killer sta colpendo proprio nel metrò, le sue vittime sono donne, l’arma del delitto un’iniezione di cianuro, la peculiarità del suo modus operandi un bigliettino recante un versetto della Bibbia che, prima di ogni omicidio,  recapita alla redazione di Metronoctis − un giornale di annunci per coloro che si incontrano casualmente in metropolitana  e vorrebbero ritrovarsi. Forse non è un caso che l’editore del giornale, Armand Vandeweil, sia un ex criminologo e che, negli ultimi tempi, si aggiri di frequente nella Parigi  sotterranea per dar vita a un nuovo progetto: selezionare dei jazzisti di strada e regalare loro l’ebbrezza di un’esibizione al Duc des Lombardes. Seguendo strane vie, il passato torna a bussare alla sua porta cosicché Armand, che con la polizia credeva di aver chiuso, si ritrova ad affiancare il suo ex collega Montrouge al fine di dipanare l’intricata matassa. Il giallo abilmente orchestrato dall’autore, ricchissimo di enigmi e colpi di scena, possiede tutti i requisiti per catturare l’attenzione e conquistare gli appassionati del genere, allo stesso tempo però si contraddistingue per alcuni elementi che lo rendono unico e lo elevano al di sopra del mero intrattenimento. A fare la differenza è il contesto che non si esaurisce in un affascinante contenitore sotterraneo, ma corrisponde anche a un fitto reticolo di personaggi e storie che si intrecciano. Il metrò, in definitiva, è una sorta di crocevia esistenziale in cui convergono razze diverse, disparati bagagli d’esperienza, sogni, illusioni, speranze. Leggendo ci riscopriamo così lanciati all’inseguimento di un serial killer ma, nel contempo, spinti alla scoperta di numerose tracce che ci parlano di vita vissuta, di miseria umana e di solidarietà. Avventurarsi lungo la linea otto del metrò significa imbattersi nelle stravaganze di Manouche, che in un passato ormai dimenticato faceva il professore di lettere ed è finito a mendicare dopo aver vissuto gli orrori della guerra in Kosovo. Significa fermarsi ad ascoltare i fraseggi jazz dei fratelli Prazinowski e a guardare Flore danzare, nonostante il fardello dei suoi settant’anni spesi per strada e le sue scarpe bucate. Più che il mistero legato agli omicidi seriali, saranno i sorrisi, i sogni infranti o ancora coltivati, i sentimenti di questa gente a rimanerci impressi. Saranno gli ultimi abitanti del sottosuolo a imprimersi nella nostra anima, a ricordarci che anche gli uomini messi al margine dalla società, le cui vite sembrano vite senza sole, possono essere portatori di luce. Di quella luce questo romanzo brilla.


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