Magazine Cultura

[Recensione] Il carico della formica di Demetrio Verbaro

Creato il 28 aprile 2014 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Il carico della formica
Autore: Demetrio Verbaro
Editore: Lettere Animate
Genere: Narrativa contemporanea
ISBN: 9788868820022
Num. Pagine: 169
Prezzo: 12 €

Voto4Bstelle

Trama:

A Carlo Fante non manca nulla: ha Rachele, una moglie straordinariamente bella e innamorata,  un figlio sveglio e sportivo di nome Riccardo e la secondogenita Luna in arrivo.
A completare il quadro felice, dopo anni passati ad arrangiarsi tra un lavoro e l’altro, giunge persino il coronamento di un sogno: un incarico a tempo indeterminato come giardiniere, all’istituto psichiatrico “San Gregorio”.
Cosa si può desiderare di più? Forse di liberarsi di quel fardello pesante, quel carico che l’esistenza in un modo o nell’altro lascia addosso ad ognuno.
Carlo conoscerà i pazienti del manicomio Mimì, Filippo, Bart e Vera e da loro capirà che ciascuno ha la sua lotta e nessuno può permettersi di mollare.
Salverà allora il meraviglioso legame che ha con la sua famiglia, o lo spezzerà per avverare il suo desiderio d’amore con l’affascinante Vera?!
Qualunque sia la scelta, l’ esistenza va avanti sempre e comunque e sia Carlo che i suoi amici dovranno imparare a vivere, per non morire schiacciati dal loro assordante dolore.

Recensione:

Ho vissuto come una formica: su e giù dal campo al formicaio e viceversa, a testa bassa, sotto il peso di un enorme chicco di grano. La mia mente non è stata nemmeno sfiorata dall’idea che potessi scuotermi dalle spalle quel peso, quell’opprimente carico che mi impediva persino di alzare gli occhi al cielo, e andarmene semplicemente via.

La prima cosa che giunge al lettore diretta e immediata fin dalle prime pagine, è la raffinatezza dello stile: scorrevole , fluido, eppure forbito, si avvale talvolta di termini elevati, così da impreziosire la narrazione. È un modo di scrivere semplice e complesso nel contempo, che lascia intendere una grande attenzione dedicata al dettaglio: ciò si nota soprattutto dalle descrizioni ambientali e meteorologiche, rese con una precisione da pittore paesaggista. Suoni e sensazioni sono presentati in modo così intenso e preciso, da  immergerti perfettamente nella situazione: la percepisci a livello sensoriale e immaginativo. E’ un richiamo quasi inconscio.

Io e Pasquale ci sentivamo liberi, poetici, innamorati della natura. “Mio dolce amico, caro Mimì. Anche io amo i tramonti. Spesso quando mi sento giù, chiudo gli occhi e rivivo quello che vidi a Napoli l’anno scorso: il golfo era diventato un anfiteatro naturale, che aveva come pubblico le centinaia di barche e pescherecci fluttuanti sull’acqua scintillante d’oro, che venivano cullate dalle docili onde della sera, mentre il Vesuvio aveva occupato il posto principale in platea. Il sole si travestì da Michelangelo e iniziò lo spettacolo, che consisteva nell’usare i suoi raggi a guisa di pennello e tingere il paesaggio circostante di un rosso dalle tonalità caleidoscopiche, che investiva il cuore degli spettatori come una sindrome di Stendhal.”

La stessa sensibilità fotografica emerge dalle “istantanee” dedicate ai personaggi, esatte e rigorose sia riguardo gli aspetti fisici, che caratteriali. Come se raccogliesse frammenti d’anima caduti, per lucidarli e poi portarli in superficie. Come se valutasse l’emozione al microscopio, prima di trasporla su carta.

Passarono molti secondi prima che Maria aprisse, ma non era più Maria, era come se fosse invecchiata di dieci anni, i suoi capelli erano ingrigiti, zampe di gallina si dipanavano dai suoi occhi, dove il blu si era spento e per un momento mi parvero di color giallastro appassito, come una foglia morta in autunno; le braccia erano rattrappite come radici di vite, le spalle scendevano in una gobba, come se non volessero più saperne di rialzarsi, ma volessero invece sprofondare nel pavimento e trascinare con loro tutto il resto del corpo.

La storia può essere definita un mosaico da ricomporre tassello per tassello; una vicenda in cui nulla può essere dato per scontato, le cui profonde crepe non possono essere semplicemente riempite dall’indifferenza, ma necessitano di comprensione e pazienza per essere colmate. Nella narrazione infatti, diventa complicato distinguere la realtà, scovare luoghi, persone e situazioni. Va analizzata a fondo, per non finire schiacciati dal carico a nostra volta.
Il finale chiuso, ben distinto, è efficace e lascia in sospeso fino all’ultimo. In sospeso, per poi lasciarsi accarezzare da un accattivante conclusione, che ho decisamente apprezzato. Essa fa trasparire la vittoria più totale dell’amore incondizionato verso la persona amata, sentimento che fornisce la forza di superare ogni ostacolo, portando ad accettare un individuo per ciò che è: semplicemente un essere umano che necessita di affetto, come tutti.
“Quanta poesia può scaturire dalla pazzia?” mi sono inoltre chiesta, leggendo stralci di pensieri dalla profondità contagiosa, che ti porta ad esserci dentro; a vivere la storia.
L’aspetto importante è lo stravolgimento: chiudendo l’ultima pagina, si finisce per chiedersi veramente in cosa consista la  pazzia; cosa definisce davvero un pazzo e una persona normale.
E se il confine fosse molto più labile di come lo si è immaginato?
Se fosse semplicemente la quantità spropositata e annientante di dolore che si è costretti a sostenere, a condurre un individuo alla pazzia?
Forse non lo sapremo mai; o forse sì.
Fatto sta che dalla penna disarmante di Demetrio Verbario  emerge un messaggio chiaro e diretto: matti siamo tutti, o semplicemente nessuno.
Lettura molto interessante, che mi ha dato parecchi spunti di riflessione. Consigliata soprattutto a chi non ha tutte le risposte, ma ha ancora voglia di cercare, scavare a fondo, trivellare la propria anima per conoscersi e conoscere davvero.
Un libro fatto per chi non si stanca mai di scoprirsi e scoprire.

«È pazza una persona che non la pensa come gli altri, una persona fuori dal tempo in cui vive, a volte è avanti e proiettata nel futuro, altre volte invece è indietro, intrappolata nei giorni felici del suo passato.» 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :