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Recensione - "Il fiume ti porta via" di Giuliano Pasini

Creato il 01 giugno 2015 da Diegothriller
Recensione fiume porta via Recensione a cura di Massimo Minimo
"Il fiume ti porta via" di Giuliano Pasini è il nuovo thriller Mondadori che uscirà oggi 1° giusgno recensito in anteprima da ThrillerPages “Quanto è sottile il confine tra amore e odio? E quanto facilmente lo si attraversa?”. Questi sono solo alcuni dei tanti interrogativi cui cerca di trovare una risposta Roberto Serra, nella terza avventura che lo vede protagonista. Sospeso per aver tirato un sonoro ceffone al questore di Treviso, il commissario è costretto a stare con le mani in mano. Quando però Alice, la donna con cui ha avuto una figlia, gli mostra un ritaglio di giornale, Serra torna subito in campo: c’è stato, infatti, un omicidio e la vittima è proprio quel dottor Gardini che si era interessato alla “Danza”. Roberto si trova così catapultato a Pontaccio, nella Bassa emiliana, un luogo fuori dal mondo ricostruito dopo una grande alluvione e in cui il tempo sembra essersi fermato. Qui s’imbatte in una serie di personaggi alquanto bizzarri, a cominciare dal cattolicissimo maresciallo dei Carabinieri, amante dei proverbi che declina a suo modo. Il centro della vicenda è la cosiddetta Ca’ di màt, il manicomio diretto da Gardini sino alla chiusura avvenuta il 31 dicembre del 1979. Diviso fra la voglia di andare a fondo nell’indagine e la necessità di tornare a Bologna in tempo per accompagnare la figlia Silvia a un’importante visita medica, il commissario deve fare i conti anche con la piena del Po che minaccia di spazzare via tutto un’altra volta.
Giuliano Pasini supera brillantemente anche lo scoglio del terzo romanzo, riproponendo la figura di Serra, destinato a diventare un personaggio classico della letteratura di genere, ma non solo. Così come nelle due precedenti avventure, il poliziotto si trova a essere uno ed fòra e per questo malvisto dalla popolazione locale, eccezion fatta per la ristoratrice Serenella. Tanti gli omaggi a Guareschi presenti nel romanzo, a cominciare dai luoghi in cui si svolge l’azione per arrivare ad alcuni nomi che rimandano a Peppone e Don Camillo. Non possono mancare succulenti dettagli enogastronomici: assistiamo in special modo a sostanziose bevute di lambrusco e malvasia e alla preparazione del brodo in terza e di quello in quarta, vere e proprie chicche per gli amanti dell’arte culinaria. Anche la musica gioca un ruolo importante: stavolta tocca a Fossati e Vecchioni allietare le giornate di Serra. L’argomento principale è, però, quello della pazzia e l’autore dimostra di essersi documentato ampiamente e con molta perizia. Fino alla legge Basaglia che nel 1978 decretò la chiusura dei manicomi, quali erano le condizioni degli “internati” e come venivano curati? Attraverso le ricerche di Roberto, i diari di Gardini e i racconti di alcuni ex pazienti veniamo a conoscenza della storia della Ca’ di màt: un luogo che conserva ancora tanti misteri e provoca altre vittime a più di vent’anni di distanza dalla smobilitazione (la vicenda qui narrata si svolge nel 2001). Il tutto per tornare agli interrogativi iniziali, a come sia difficile distinguere amore e odio, perché spesso certe azioni sono provocate da entrambi i sentimenti. Le ultime pagine ci lasciano un Serra “rintanato” in un rifugio sicuro, a meditare sulla fine, quasi inevitabile, della sua storia con Alice. Pronto, però, a tornare presto all’opera, statene certi.

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