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[Recensione] Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett

Creato il 23 marzo 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Il giardino segreto di Frances Hodgson BurnettTitolo: Il giardino segreto
Autore: Frances Hodgson Burnett
Editore: X
ISBN: 9788840363998
Numero pagine: 222
Prezzo: A seconda dell’edizione
Voto: [Recensione] Il giardino segreto di Frances Hodgson Burnett

Trama:
Mary è una bambina di dieci anni i cui genitori, lei una donna bellissima ma superficiale, lui un uomo totalmente assente, muoiono di colera. Rimasta sola nella colonia indiana in cui è nata, Mary è cresciuta con la sua ayah, la bambinaia, e diventa una ragazzina viziata, insensibile e solitaria. In seguito è affidata a uno zio che vive in Inghilterra. Ad accoglierla c’è la governante Mrs Medlock che, trattandola freddamente, mette subito le cose in chiaro: difficilmente vedrà lo zio, le stanze della villa sono per la maggior parte chiuse da anni quindi è proibito entrare, e per tutto il resto l’importante è non creare problemi. Con il tempo Mary inizia ad ambientarsi e a conoscere i tanti piccoli segreti della famiglia, tra cui quello dello zio, che è diventato un uomo ancora più solitario da quando la moglie è morta nel suo giardino ormai chiuso a chiave. Ma lei, con l’aiuto fatato di un pettirosso con cui ha fatto amicizia girovagando per i giardini, ritrova la chiave ed entra nel “giardino segreto” attraverso una porta nascosta tra l’edera. Una notte sente qualcuno piangere, e scopre che in una stanza c’è un altro ragazzino della sua stessa età: Colin, suo cugino, è rinchiuso dalla nascita in quella stanza perché malato. Tra i due bambini viziati nasce una bella amicizia, nonostante i momenti d’isteria di Colin, che sembra acquietarsi solo con l’aiuto caparbio e ostinato di Mary: proprio la sua determinazione riesce a riportare Colin fuori dalla stanza, incuriosito dalle promesse del giardino che sta sbocciando. Il miracolo sembra compiersi quando il giovane, da sempre considerato paralizzato, incoraggiato da Mary inizia a camminare, dimostrando così che la malattia era la conseguenza della sua paura.

Recensione:
Uno dei libri più belli della mia infanzia, che ancora oggi vado a risfogliare ogni tanto. Mi sono innamorato da subito dei delicati toni pastello usati per descrivere i classici giardini delle antiche ville inglesi, con labirinti di siepi, frutteti e sentieri di ghiaia. Un’Inghilterra raffinata, dedita all’educazione familiare e caratterizzata soprattutto dagli ampi spazi grigioverde della brughiera che un po’ richiama le zone selvagge dell’Irlanda rimaste intatte fino ai giorni nostri. E proprio nella brughiera si incontra quello che è sempre stato il mio personaggio preferito, Dickon: un ragazzino proveniente da una numerosa famiglia di umili origini, abituato alla vita all’aria aperta e dotato della rara capacità di stabilire un’amicizia con gli animali selvatici, che aiuta prima Mary e poi Colin a ridare vita al giardino con l’arrivo della primavera.
È difficile trovare in un libro luoghi descritti così bene, così come è quasi impossibile districarsi nella selva delle pubblicazioni moderne: il vero talento, quello che fa emozionare il lettore, è sempre più sommerso da spazzatura, da autori che pubblicano solo perché o hanno le tasche foderate di soldi o uno stuolo uniforme di simili che si scopiazzano a vicenda. Per questo, salvo poche meritate eccezioni, sono un sostenitore dei testi un po’ più datati.
Il giardino segreto è una piacevole evasione dalla vita di tutti i giorni, una pausa serena con le tinte ingenue e incantate dell’infanzia, che fa tornare la voglia di correre fuori nel primo spazio d’erba a disposizione e ritrovare qualche frammento di ciò che ci affascinava da bambini, un fiore o una nuvola, il rumore della pioggia e quello delle foglie.
Ho volutamente messo in secondo piano il messaggio più profondo del libro, che è la cosa più evidente quando si arriva con un sorriso all’ultimo capitolo, proprio per dare risalto a ciò che più mi è rimasto impresso fin dalla prima lettura. Sarò anche cresciuto, ma per me sono ancora affascinanti i grandi spazi aperti, quelli in cui sembra che l’uomo non abbia mai messo piede; perché è lì, da soli con la terra e il cielo, che forse si può più facilmente imparare ad essere se stessi.


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