M. J. Rose
È un’autrice molto amata dai lettori per la sua abilità nel miscelare erotismo e suspense in trame sempre originali e avvincenti. I suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. Harlequin Mondadori ha già pubblicato Ossessione Perversa e Rosso Scarlatto.
Sito: www.mjrose.com/content
Titolo: Il libro dei profumi perduti
Autore: M. J. Rose (Traduttore: Roberta Zuppet)
Serie: //
Edito da: Fabbri (Collana: Fabbri Life)
Prezzo: 8,80 €
Genere: Narrativa, paranormal, romance
Pagine: 430 p.
Voto:
Trama: Jac L’Étoile è da sempre in fuga dal passato. Ultima erede di una grande e decaduta famiglia di profumieri francesi, è tormentata dal ricordo di un amore perduto e da misteriose visioni innescate dalle fragranze esotiche che respira fin da bambina. Per liberarsene è fuggita a New York, dove lavora come studiosa di mitologia e autrice televisiva. Ma il passato riemerge quando il fratello Robbie, deciso a tentare il tutto per tutto pur di risollevare le sorti della famiglia, le annuncia di aver ritrovato un antico testo, Il libro dei profumi perduti, e alcune tracce del leggendario profumo delle anime gemelle, un’essenza in grado di risvegliare memorie di vite trascorse e fornire così la prova della reincarnazione. È l’inizio di un’avventura che costringerà Jac a fare i conti con i propri fantasmi e ad affrontare oscuri nemici per i quali la posta in gioco non sono i sentimenti, ma il potere. Dall’Egitto di Cleopatra alla Francia rivoluzionaria, dalle montagne del Tibet alle catacombe di Parigi, Il libro dei profumi perduti è un thriller dell’anima, un susseguirsi di intrighi, passioni e colpi di scena.
Recensione
di Livin Derevel
La linea che divide le descrizioni dall’infodump è molto labile, e qui sembra quasi dissolversi. La parola che più di tutte esprime ciò che mi ha lasciato questo romanzo è noia.
Non avendo mai letto nessun’altra opera di quest’autrice non so bene come di solito impronti le sue storie, ma se in un qualche passaggio del libro abbia voluto creare qualche scena di suspense, io non l’ho proprio capito, visto lo stile assolutamente privo di tono che piuttosto che invogliare la lettura fa alzare gli occhi al cielo per la monotonia che trasmette.
La trama di fondo è già di per sé un piccolo azzardo: veridicità o meno delle reincarnazioni, complotti orientali per far sì che il mistero non venga svelato, un paranormal ambientato in una Parigi sfarzosa ma dipinta con parole troppo magniloquenti e impersonali, che danno più l’idea di un manuale d’arte che di narrativa; l’intreccio si snoda attraverso differenti epoche e tuttavia non si avverte il cambiamento, i vocaboli rimangono gli stessi, persino i termini francesi che stonano in maniera mastodontica in relazione con l’antico Egitto, evidenziando quanto si sia dato più peso alla pomposità della forma che alla sostanza vera e propria.
I personaggi sono monodimensionali, non hanno un carattere proprio e non si muovono indipendentemente, è palese che siano stati creati in funzione della trama, sono forzati e spesso le loro azioni sono incoerenti, sciocche, prive di logica, guidati appositamente per giungere al finale. La loro psicologia è descritta come se si stessero pizzicando corde di chitarra senza però mai suonare una melodia: paragrafo dopo paragrafo ci sono infinite digressioni che raccontano il loro lato introspettivo ma senza mai scendere nel profondo, è un lavoro superficiale che non ci fa comprendere le motivazioni ma ce le spiega e basta, non ci si affeziona né tantomeno si arriva ad apprezzarli. Sono parole stampate, e questo penso sia uno dei difetti maggiori di un qualsiasi personaggio.
La risoluzione della vicenda è – come già affermato – incoerente per quanto riguarda Jac e Griffin, due tra i protagonisti, che ci viene rifilata accompagnata da due righe in cui l’autrice vorrebbe farci capire come lo spirito di sacrificio e l’amore trionfino sempre. Io penso solo che non abbia alcun senso che sia finita così, ma probabilmente è soggettivo.
Se il libro fosse stato ripulito dalle decine e decine di pagine di descrizioni superflue ed estemporanee, e soprattutto se ci fossero state risparmiate tutte le lagnose pare mentali di Jac, forse il ritmo ne avrebbe giovato, permettendo al lettore di voltare pagina senza aver paura di incontrare l’ennesimo passaggio inutile tra un capitolo e l’altro.
In sostanza: non mi è piaciuto. Il libro dei profumi perduti promette di essere appassionante e suggestivo, ma si rivela essere un’accozzaglia di splendide parole e nomi famosi che si intrecciano nel nulla, troppi fronzoli letterari che zavorrano la storia e la disperdono, costringendo chi legge a fare spesso mente locale per ricordarsi dove si voglia andare a parare.
Lo consiglierei soltanto alle persone che amano i romanzi melensi e che hanno tanta, tanta pazienza