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[Recensione] Il pallonaro – Luigi Romolo Carrino

Creato il 25 novembre 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Il pallonaro – Luigi Romolo CarrinoTitolo: Il pallonaro
Autore: L. R. Carrino
Editore: GoWare
ISBN: 9788867971213
Num. Pagine: 211
Prezzo: 4,99€
Voto: [Recensione] Il pallonaro – Luigi Romolo Carrino

Trama:
I gay nel calcio non esistono. Nel mondo dei machi pallonari non ce ne sono. Il calcio è uno sport duro, contrasti accesi, aggressività e tanta cattiveria agonistica, senza contare che spesso si sta nudi negli spogliatoi.
L’attaccante napoletano Diego Di Martino ha realizzato il sogno della sua vita: il suo primo campionato di calcio in serie A. Sa di essere ricchione e lo sa anche il suo procuratore Marco Natti che per due anni gli ha organizzato incontri clandestini con marchette e venditori di sesso. Diego è stanco di sotterfugi, è stressato, si sente solo ed è facile possa commettere qualche passo falso e compromettere la sua carriera per sempre. È per questo che Natti gli rivela l’esistenza di una rete di insospettabili calciatori gay coordinata da Michael Feemors, il giocatore più virile e scontroso del campionato, e da Simone Ristagni, il centrocampista sposato e con prole della nazionale italiana.
Alla prima riunione Diego incontra Stefano Baldini, portiere della sua stessa squadra, e con lui comincia una relazione. Marisa, così è stata denominata la rete, permette di parlare di sé senza dover mentire, di trovare luoghi sicuri e persone fidate con cui fare sesso.
Ma non è soltanto questo: la rete ha uno scopo ben preciso e per questo ha regole e leggi precise, e prevede punizioni per chi viola la sua costituzione, proprio come un piccolo Stato. Una di queste regole impone che non esistano relazioni tra i suoi membri e Diego non ne comprende il motivo. È una notte di gennaio a rivelarglielo, quando un commando sequestra Diego e Stefano pestandoli a sangue, qualcosa che serve non tanto a interrompere i “vostri giochetti del cazzo”, come li definisce Giussy, il capo degli ultras della loro squadra, ma a non farli sapere a tutto il campionato.
Il pallonaro ruota intorno ai verdenero, una non meglio identificata squadra del Nord-Ovest, scoperchia un po’ di pentole sull’ipocrisia del mondo del calcio e racconta quello che nell’universo pallonaro sanno tutti, comprese l’omosessualità e la bisessualità di alcuni di loro.

Recensione:
Un titolo estremamente interessante pubblicato dalla casa editrice digitale GoWare.
Si sa che il calcio è un mondo a parte, soprattutto in Italia. Il calcio non è soltanto uno sport ma una ragione di vita, è un esempio da seguire, spesso è una carriera agognata, per alcuni è un trono su cui quando ci si siede significa l’essere arrivati in vetta.
È un ambiente ostentatamente machista, riservato solo ed esclusivamente agli uomini, che divengono i paradigmi di intere generazioni. E in una società come la nostra è impensabile che questi paradigmi possano essere diversi. In special modo, impensabile che possano rivelarsi omosessuali.
Però i calciatori sono pur sempre esseri umani, e in quanto tali non sono tutti uguali. E alcuni sì, sono gay.
Il pallonaro racconta proprio la vicenda di un ragazzo, Diego, che è omosessuale, che se ne rende conto e che non ha nessuna intenzione di farsi venire una crisi di coscienza per questo. Ma il regno del pallone non è ancora pronto per questo, e Diego ci mette un po’ a capire come stanno le cose.
Col tempo, e con la Serie A, viene immesso in una rete di giocatori che hanno segreti da mantenere, immagini da impalcare, obiettivi da perseguire, e tutto ciò viene regolato da bizzarre regole che Diego non riesce né a comprendere né tantomeno a seguire. E non è l’unico.
Forse non è tanto il sesso, e con chi lo si fa, il problema. Il problema arriva quando fioriscono i sentimenti, quando gli schemi non vengono solo un po’ sforati ma vengono totalmente ribaltati, e quando l’omertà è qualcosa che va davvero troppo stretta.
Stavolta parlerò subito di una cosa che non mi è piaciuta – direi l’unica. Troppo dialetto. Il libro è in prima persona, e il protagonista è partenopeo, pertanto molto spesso mi sono ritrovata davanti non solo frasi interamente scritte in napoletano puro, ma anche costruzioni del testo che vi rimandano, oppure termini o modi di dire strettamente dialettali di cui ho fatto fatica ad afferrare il significato.
Penso che sia giusto che un autore, per dare un’impronta più vera e reale alla storia, voglia inserire elementi che permettano una collocazione geografica e sociale in modo da affinare ancora di più l’identità del personaggio principale. Tuttavia questa caratterizzazione dovrebbe limitarsi a stare tra le virgolette, ovvero: solo nei dialoghi, dove le libertà che si possono prendere sono maggiori. Nel corso della narrazione gli elementi dialettali possono diventare un ostacolo, ostici se il lettore non è avvezzo a quel particolare slang, che peraltro si accentua nei momenti di pathos – usato per dare enfatizzare al massimo, ma proprio per questo abbassa la possibilità di comprensione.
La scrittura è estremamente fluida ma non dozzinale, la padronanza del linguaggio da parte di chi scrive è palese e brillante, e proprio per questa capacità mi sono un po’ risentita nel leggere così tanto dialetto che potrebbe rappresentare una difficoltà.
Ma a parte questa parentesi, del romanzo ho apprezzato tutto il resto.
Diego è un personaggio ben costruito, reale, credibile, vitale, impossibile non fare il tifo per lui. Ho apprezzato le descrizioni della sua visione del calcio, non dal punto di vista esterno ma interno.
La sensazione di immensità che si sprigiona quando si è sul campo, il cameratismo e la simbiosi quasi mistica che si viene a creare tra i membri della squadra, l’amicizia solida e cavalleresca che si instaura solida e apparentemente infrangibile.
Ho adorato i momenti in cui i personaggi dimostravano la propria complicità, il loro appoggio quando ce n’è stato bisogno, le pacche sulle spalle e i gesti di fratellanza, e le correttezze in partita. Piccoli dettagli forse, ma messi nei punti giusti e spiegati con l’adeguata delicatezza per dimostrare che il rispetto è una componente importante che non va mai sottovalutata.
La trama in fondo è semplice ma ben delineata, non scontata e ricca di sensibilità che non sfocia mai nel patetico. E il finale… Un finale adatto, a parer mio.
Mi è piaciuto.
L’ambientazione è originale, e l’argomento ancora di più visto che si affronta un tema spinoso e bistrattato come la libertà sessuale in un contesto dove di solito l’unico aspetto ammesso è la donna vista come un trofeo (o una figurina).
Una storia d’amore contemporanea e divertente, testimone di un lento cambiamento che sta avvenendo dovunque e di persone che hanno sempre più voglia di parlarne.


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