Magazine Diario personale

Recensione: “Il posto delle fragole” di Massimo Botturi

Da Chiara Lorenzetti

Appoggio il capo della mestizia di alcuni giorni di vita grama, nello sconforto s’accende il ricordo e la solerzia dei passi, si placa.
Apro allora con rito e cerimonia il libro di poesie di Massimo Botturi, una pagina dopo l’altra con la lentezza pigra degli anni e siedo al suo tavolo, accanto, spalla a spalla. Volto il viso ed intravedo quel guizzo rosso che genera amore e poesia. Può questo un libro di poesie? Può ridonare la pace? Riprendersi il respiro da sotto la terra?

“Il posto delle fragole” di Massimo Botturi è un campo da coltivare d’emozioni e il poeta  v’è a guida e maestro.

“Il posto delle fragole è qui, che m’hai nutrito

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col latte di chi fonda città
e dà nome ai fiori. E’ questo bell’andare
che ci matura al sole, è la gentile ombra
che ci facciamo dopo.
Servisse un’occasione di esserlo davvero, vicini
quasi dentro, alla felicità” ( Il posto delle fragole)

L’arte della poesia  è la sua strada e sporcarla con le mie parole par di mettere ghiaia bianca ove c’è erba prelibata.
“Ti scrivo una poesia come farei l’amore.
Entro nel foglio tutta la testa
perché è acqua, la fonte che d’estate si carica di labbra.
Gli segno gli orli come una sarta
gesso chiaro, fingo sia una tovaglia di trine […]
[…] Ti scrivo una poesia che fa cenere dei giorni
di noi, quando vibriamo come due pietre scaglie
e fuori viene un fuoco ch’è ancora da inventare” ( La cenere dei giorni)

Se t’appresti al bordo liscio e tondo delle parole del poeta, scorgerai i sentimenti di cui t’adorni capo e cuore ogni mattina; sebbene siano sue, di natura ti si generano dentro e rinascono, radici e rami impiantati.
La nostalgia, se la vuoi trovare
“E si sta come le vedove al mare
gli occhi lunghi, a misurare il cielo
piedi bagnati e lustri.
Si sta come le reti da rammendare ancora
nostalgiche del fondo
della veloce mano, dei nodi scossi addosso al corallo.
E’ un bel rumore” ( Sera) 

L’amore, prediletto figlio del poeta, d’antica e vetusta devozione e fedeltà
“Dì, te l’immagini natale tra vent’anni?
O capodanno, pieno di spari, e di rumori?
Capaci ormai di sopportare niente?
Io lo so.
Cucineremo pasta e lenticchie, una bottiglia
di quelle sigillate da timida allegria;
con le ciabatte e le doppie calze
mezze luci. La tele che sputtana musica col dire” (Timida allegria)

l’amore, quello della carne e della pelle e del silenzio delle parole
“Parole che è meglio lasciare da parte
procedere prima a carezze, su in fronte.
Parole d’addio che farebbero a pugni
parole per ridere senza rancore.
Parole che al posto del t’amo, nessuna” ( Parole)

La malinconia del tempo spezzato, tornato, riperso, inflitto, vissuto, non sprecato.
“Sapere prima il tempo che non sarai più tu 
a spegnermi la luce, non so
se lo vorrei” (L’oracolo) 

Vi è un senso passato tra le parole di Massimo Botturi, l’odore del grano tagliato, il rumore secco delle cartoline tra i raggi della bicicletta, il freddo tra i calzoni, l’acqua fredda nell’acquaio, il gabinetto condiviso sul balcone, i baci sulla bocca, il fieno tra i capelli.
“Per dire le orazioni toglieva il suo ditale
il filo già scaduto alla bocca; ed ogni cosa
veniva come a prendere luce
là, in cucina
dove la roba d’altri sostava in agonia
per farci mille lire o di più
per la bottega, i libri della scuola
le scarpe da aggiustare.” ( In lei fuggiva vita del fiore)

così come alberga la follia, l’incompreso cenno delle lettere, righe scomposte, ricercata accuratezza delle parole, affannata corsa verso l’ignoto, ne mai il poeta se ne sottrae.
“Quel che va fatto è mettersi in pace
darti il meglio
di certi spettatori celesti sconosciuti
piedi di nafta ed eliche al passo.
I loro occhi, le orecchie e i magnetofoni accesi sulle stelle.
E’ darti le autostrade finite a piedi nudi
e gli elefanti sopra le donne
a farsi indietro, come coltelli in pance di ferro.” ( Cose uguali)

Viene da chiedere residenza ne Il posto delle fragole, cambiare nazione e là dimorare. Viene da distendervi una coperta e contare i fili d’erba, i rossi germogli dei frutti ancora acerbi; viene da alzare il capo nella notte buia a contare le stelle, senza intimorirsi del rossore della guance, dei desideri spinti, delle lacrime e delle risa.
Viene da restare, così come si resta sulle labbra di un bacio d’amore vivo.
” Ti bacio sulla bocca perché mi viene bene
e tu mi fai gli applausi
e si muore un po’ meno ( Ti bacio sulla bocca) 

“Il posto delle fragole”
Massimo Botturi
Collana “Poeti senza cielo” – Genesi Editrice
ed. maggio 2012
pag.105
€ 12.00

La poesia di Massimo Botturi si trova su massimobotturi.wordpress.com

Chiara

 


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