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Recensione: “Il primo bacio a Parigi”, Stephanie Perkins.

Creato il 23 marzo 2015 da Chiara
Recensione: “Il primo bacio a Parigi”, Stephanie Perkins.Titolo: Il primo bacio a Parigi (Anna and the French Kiss #1)
Titolo originale: Anna and the French Kiss (Anna and the French Kiss #1) Autore: Stephanie Perkins Editore: DeAgostini Pagine: 431
Anno: 20152015 Reading Challenge
13 – Un libro ambientato in un paese diverso

Sinossi
Non c’è nulla che Anna aspetti più dell’ultimo anno al liceo. E’ sicura che ogni singolo momento insieme alla sua migliore amica e al ragazzo per cui ha una cotta colossale sarà indimenticabile. Ma le cose non vanno affatto come sperato perché i genitori di Anna decidono di spedirla per un anno intero in collegio a Parigi. Anna è disperata … almeno fino al giorno in cui incontra Etienne St.Clair. Divertente, sensibile, affascinante, St. Clair sembra proprio il ragazzo perfetto. C’è solo un piccolo problema: lui è fidanzato. Ma- si sa – Parigi è la città più romantica del mondo, e tra una passeggiata sulle rive della Senna e un appuntamento al chiaro di luna, tutto può succedere.

Recensione: “Il primo bacio a Parigi”, Stephanie Perkins.

Questo romanzo ha il merito di aver reso un viaggio Forlì-Trieste straordinariamente piacevole nonostante l’insopportabile individuo che si è ben guardato dall’aiutarmi a caricare la valigia sul portabagagli nonostante le mie evidente difficoltà e la mano sanguinante. E anche la successiva mattina, spesa a crogiolarmi sul divano in preda al dolce far niente che è tipico alla chiusura di ogni sessione d’esame, in questo caso particolarmente guadagnato e meritato vista la media vergognosamente alta che sono riuscita a portare a casa. Il primo bacio a Parigi, capitolo introduttivo di una trilogia Young Adult Romance, è uscito in Italia il 3 febbraio di quest’anno, ma già da un po’ spopola nel web come IL libro per eccellenza della categoria: tanto di cappello alla DeAgostini per averlo proposto finalmente anche qui da noi, permettendoci di avere tra le mani un vero e proprio gioiellino dalla dolcezza straordinaria e le atmosfere magiche che solo una Parigi straordinariamente ben descritta può regalare.

Indica Notre-Dame. «Non è per lei che ti ho portata qui.»
Non riesco a immaginare niente di meglio. «Non entriamo?»
«È chiusa. Avremo tempo per visitarla un’altra volta, ricordi?» Mi guida verso lo spiazzo davanti alla cattedrale, e io colgo l’occasione per ammirare il suo sedere. Callipige. Allora c’è qualcosa di più bello di Notre-Dame.
«Eccoci» annuncia.
Da dove siamo abbiamo una visuale perfetta dell’ingresso principale: centinaia e centinaia di minuscole figure intagliate all’interno di tre colossali portali ad arco. Le statue sembrano bambole di pietra, tutte diverse e ricche di particolari.
«Sono incredibili» sussurro.
«Non lì. Qui.» Indica ai miei piedi.
Abbasso lo sguardo e scopro con sorpresa di trovarmi al centro di un piccolo cerchio di pietra. Nel mezzo, esattamente fra le mie scarpe, c’è un ottagono di bronzo con una rosa dei venti. Nella pietra tutt’attorno sono incise le parole: POINT ZÉRO DES ROUTES DE FRANCE.
«Mademoiselle Oliphant, la traduzione è punto zero delle strade di Francia. In altre parole, è il punto da cui in Francia vengono misurate tutte le distanze.» St. Clair si schiarisce la voce: «È dove tutto ha inizio».
Torno ad alzare lo sguardo. Sta sorridendo.
«Benvenuta a Parigi, Anna. Sono felice che tu sia qui.»

L’ultimo anno di liceo è una tappa fondamentale nella vita di ogni adolescente americana e non c’è niente di più sconvolgente che il vedersi strappare via dalla propria routine, dalle proprie certezze, per essere catapultati in una realtà totalmente estranea, lontana da tutto ciò che si conosce, dove non si ha attorno un solo volto amico. Bugia, qualcosa di più sconvolgente e spaventoso c’è: frequentare l’ultimo anno in una nuova scuola, in un paese dove non si parla la tua lingua. Quando Anna rimane sola, nella sua nuova stanza, e realizza per la prima volta quanto la realtà sia lontana da quelli che erano i suoi progetti e il panico la assale in maniera incontrollata. Fortuna vuole che la sua vicina di camera, la biondissima Meredith, non si faccia scrupoli nel bussare alla sua porta e offrirle, assieme ad una cioccolata calda e la sua comprensione, anche il suo straordinario gruppetto di amici. Tra questi, Etiénne St. Claire, che catturerà l’attenzione e il cuore di Anna in una maglia di gentilezza e piccole premure spontanee, destinate a stringere un legame tanto saldo quanto insidioso, sporco di un giovane amore che neppure la presenza – evanescente, marginale, ma estremamente ingombrante – della ragazza di lui riesce a soffocare. Tra dolcetti, passeggiate e serate al cinema, l’ultimo anno scolastico di Anna si rivelerà essere molto più felice di quanto lei non osasse sperare, fino a quando una tragica notizia non sconvolgerà le carte in tavola, stravolgendo gli equilibri e costringendola ad affrontare la realtà al fianco di un amico che, ormai, non è più solo quello.

È un dolore fisico. Étienne. Quanto lo amo. Io amo Étienne. Amo il modo in cui inarca il sopracciglio ogni volta che dico qualcosa che ritiene intelligente, o divertente. Amo sentire le sue scarpe attraversare a passi pesanti il soffitto della mia stanza. Amo che la prima lettera del suo nome si scriva con l’accento, e che parli con quello strano accento. Io amo il suo accento. Amo sedere di fianco a lui a Fisica. Sfiorarlo accidentalmente nelle ore di laboratorio. La sua calligrafia disordinata sui fogli dei compiti. Amo allungargli lo zaino, a fine lezione, perché così poi le mie dita sanno di lui per i dieci minuti seguenti. E quando Amanda dice qualcosa di stupido, e lui cerca il mio sguardo per scambiare una smorfia infastidita… amo anche quello. Amo la sua risata da ragazzino, le sue camicie spiegazzate e quel ridicolo berretto fatto a maglia. Amo i suoi grandi occhi castani e il modo in cui si mangiucchia le unghie, e amo i suoi capelli al punto che potrei morire. C’è solo una cosa che non amo di lui. Lei.

Non mi vengono in mente tantissime cosa da dire su questo romanzo, ma non perché non ce ne siano né perché non me le ricordo. Ho terminato la lettura un mese abbondante fa e ancora serbo in ricordo la sensazione di calore, stupore e ingenua meraviglia che ho provato per tutta la durata della lettura. Anna è un personaggio senza pretese, che sogna di diventare il futuro grande critico cinematografico d’America ma, al tempo stesso, non è consapevole che Parigi è una capitale del cinema letteralmente disseminata di sale cinematografiche. Ha un bel sorriso, ma con una piccola finestrella aperta tra i denti davanti. Ha avuto un ragazzo, ma il suo cuore batteva molto più forte nel pensare a Toph, suo collega al multisala dove ha sempre lavorato ad Atlanta. Quando Etiénne irrompe nella sua vita, non sa niente dell’amore ed è troppo spaventata dalla novità della situazione che sta vivendo per riconoscere le avvisaglie di quanto sta invece accadendo. Non si accorge della rarità delle sue attenzioni, della precisione con cui sono capaci di risollevarle il morale e farla sentire a casa nonostante ci sia un intero oceano tra il luogo in cui vive e il luogo in cui è sempre vissuta. Ed è questo il bello di Anna: è vera. Si perde in un bicchier d’acqua, è distratta dalla portata di quanto sta affrontando, come un naufrago si aggrappa ad ogni appiglio disponibile per non cedere allo smarrimento e nel farlo non si accorge delle conseguenze che, ad un certo punto, è inevitabilmente chiamata ad affrontare. Mi è piaciuta, nonostante i suoi difetti e la sua cecità emotiva, perché è esattamente come dovrebbe essere un’adolescente un po’ ingenua.
Etiénne, al contrario, non mi ha conquistata così come ha conquistato buona parte del web. Sì, è carino, sì, è adorabile, sì è un cucciolo di labrador che non puoi fare a meno di prendere tra le braccia e coccolare per il resto della vita, ma non è stato capace di farmi sentire le farfalle nello stomaco che lo avrebbero proclamato, senza possibilità d’errore, un incredibile paperboy. Degli altri personaggi purtroppo non ci è dato saper molto. Compaiono quel tanto che basta per darci un’idea della loro presenza costante e quotidiana, sono delineati a sufficienza perché si possa riconoscerli, perché si possa associare loro delle qualità, ma è evidente che non sono loro i protagonisti di questa vicenda estremamente dolce.

Dopo diversi minuti che mi sembrano ore, il suo respiro rallenta, il corpo si rilassa.
Finalmente inizio a rilassarmi anch’io. Voglio memorizzare il suo profumo, la sensazione che dà la sua pelle – un suo braccio, contro il mio – e la compattezza del suo corpo. Qualunque cosa accada, ricorderò questa notte per il resto della mia vita.
Studio il suo profilo. Le labbra, il naso, le ciglia. È bellissimo.
Il vento fa tremolare i vetri e le luci del corridoio emettono un leggero ronzio. Dorme profondamente. Quando è stata l’ultima volta che ha trascorso una tranquilla notte di riposo? C’è un’altra cosa che mi angoscia. Perché mi importa tanto di lui e perché vorrei che non fosse così? Come può una persona confondermi a tal punto tutto il tempo?

Il primo bacio a Parigi è uno di quei libri che ti fanno innamorare dei collegi, della possibilità di vivere lontani dai genitori, di conquistare la propria indipendenza giovanissimi nonostante il prezzo che questa libertà comporta. La lontananza, la capacità di arrangiarsi senza una mamma o un papà a cui chiedere aiuto nei momenti difficili… tutto il negativo, il rovescio della medaglia, in questa storia sono mitigati dalle atmosfere leggere, impalpabili, che rendono impossibile non amarla. È davvero semplice lasciarsi conquistare da questa Parigi priva di brutture, dai pomeriggi passati sulle scalinate delle sue chiese con il sole in faccia alle serate nei suoi cinema e non ci vuole una laurea per capire perché tutti siano assolutamente innamorati di Etiénne ed Anna. Sono semplicemente adorabili. Tutto, in questo romanzo, è assolutamente adorabile. Una favola, in un certo senso, riadattata all’etichetta Young Adult; non a caso le uniche cose che mi hanno fatto storcere un po’ il naso sono dei cliché del genere: il dramma improvviso e il lieto fine esageratamente zuccherato. Ma a parte questo, c’è davvero poco da dire. La Perkins ha centrato l’obiettivo con precisione chirurgica, portando alla vita un intreccio che incanta con la sua ingenua semplicità e conquista senza colpo ferire raccontandosi attraverso gli occhi di una protagonista che permette al lettore una quasi totale identificazione e con uno stile che non annoia mai, frizzante come un sorso di Coca-cola ghiacciata in una sera d’estate.
Poco impegnativo, piacevole, romantico: come non consigliarlo?



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