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Il richiamo del cuculoAutore: Robert Galbraith Editore: Salani Numero di pagine: 550 Prezzo: € 16,90 Data di pubblicazione: 4 Novembre 2013 Sinossi: Il primo caso per Cormoran Strike in questo romanzo di esordio di Robert Galbraith, pseudonimo di J.K. Rowling, autrice della serie di Harry Potter e de "Il seggio vacante". Londra. È notte fonda quando Lula Landry, leggendaria e capricciosa top model, precipita dal balcone del suo lussuoso attico a Mayfair sul marciapiede innevato. La polizia archivia il caso come suicidio, ma il fratello della modella non può crederci. Decide di affidarsi a un investigatore privato e un caso del destino lo conduce all'ufficio di Cormoran Strike. Veterano della guerra in Afghanistan, dove ha perso una gamba, Strike riesce a malapena a guadagnarsi da vivere come detective. Per lui, scaricato dalla fidanzata e senza più un tetto, questo nuovo caso significa sopravvivenza, qualche debito in meno, la mente occupata. Ci si butta a capofitto, ma indizio dopo indizio, la verità si svela a caro prezzo in tutta la sua terribile portata e lo trascina sempre più a fondo nel mondo scintillante e spietato della vittima, sempre più vicino al pericolo che l'ha schiacciata. Un page turner tra le cui pagine è facile perdersi, tenuti per mano da personaggi che si stagliano con nettezza. Ed è ancora più facile abbandonarsi al fascino ammaliante di Londra, che dal chiasso di Soho, al lusso di Mayfair, ai gremiti pub dell'East End, si rivela protagonista assoluta, ipnotica e ricca di seduzioni.
La recensione
Chiudo
gli occhi e immagino. Inizio a vedere. Una stanza buia, piena di
libri polverosi che toccano quasi il soffitto; un tavolino basso su
cui una tazza di té bollente getta tutt'intorno sbuffi caldi che
sanno di zucchero, arancia e cannella; due occhi mai stanchi che
illuminano un foglio e le infinite traiettorie della penna.
L'ispirazione è arrivata con il crepuscolo fuori. Non vediamo il
viso dello scrittore, solo lo schienale di una poltrona color malva -
sobria, elegante, comunissima. Una vestaglia di ciniglia contro
l'aspro freddo londinese, il fantasma di una pipa che non c'è:
perché, nei noir, il fumo ha il suo fascino; nel quotidiano –
invece – uccide. Il fumo, come la fama. Messi ad asciugare accanto
ai piedi leonini della poltrona, un paio di stivali zuppi d'acqua e
fango, testimoni di una gita nel parco all'avventurosa ricerca di
idee. Quella sera, la Città aveva il suono di un concerto rock.
Cantava di modernità, traffico intenso e luci che non si spengono
mai: lo stridere dei freni a tamburo faceva da batteria, i leggeri
tonfi delle auto sui dossi artificiali da grancassa, il frusciare
delle foglie secche da chitarra, la foschia che si alzava piano da
immancabile ghiaccio secco. Lo scrittore, seduto su una panchina con
un trench antracite, aveva aspettato al gelo, in solitudine, fino a
quando il freddo pungente non si era deciso ad esplodere in una
piccola tempesta di neve. E fino a quando, come le vetrine di un
centro commerciale nel giorno di Natale, non si erano accese le luci
del lussuoso condominio affacciato sul parco. Riflettori puntati
sulle cucine, i salotti e le esistenze di attori inconsapevoli, alle
prese con il copione più difficile e imprevedibile: quello che la
gente saggia chiama vita. Sono come pesci tropicali in un
immenso, gigantesco acquario suburbano e, a loro insaputa, una
persona appunta da giorni, su un taccuino, i loro peculiari
corteggiamenti, le loro liti e i loro riti, i loro drammi, le loro
ordinarie storie d'amore e le loro inquietanti storie di violenza
domestica.
Lo scrittore non ruba nulla, no: lui prende semplicemente
in prestito, come ha fatto con altre storie e con altri nomi, una
vita fa. Si volta e – colpo di scena più grande di quello
contenuto nel finale di Psyco o I soliti sospetti –
quel lord inglese con la sua tazzina di porcellona e il suo cappotto
pesante si rivela essere una lei.J.K Rowling, la sola e unica: mamma di Harry Potter, di tre figli e di generazioni di lettori ormai cresciuti, ma sempre affezionati a lei, come se il tempo non fosse passato. La donna che riuscirebbe a rendere avvincente anche un elenco del telefono; la sola che farebbe di un incalzante e sicuro best-seller anche la lista della sua spesa e di ammorbidente, dentifricio, pane, acqua e verdure da acquistare gli ingredienti di un accattivante mistero grande quanto il mondo. Lei è zia J: la mia adorazione per lei è l'unica cosa, forse, a non essere un mistero per nessuno. Ho cercato il suo nuovo nome e il suo nuovo romanzo tra gli scaffali; l'ho accarezzato nel breve tragitto tra il reparto libri e le casse e, ancora, nel meno breve tragitto tra la stazione e il mio appartamento; mi ci sono fatto, insieme, anche una foto ricordo. L'ho venerato come un buon cristiano, probabilmente, farebbe con una copia della Sacra Bibbia, e con una copia della Sacra Bibbia autografata. Storia vera, giuro. Tanta adorazione non è stata buttata alle ortiche: l'avevo riposta, sin dall'inizio, in ottime mani. In mani di cui mi fido ciecamente. Perché, che si chiami Robert Galbraith o Giovanni Esposito, Nicolas Sarkozy o Jane Doe, lei è sempre lei. Classe allo stato puro. Dopo il meraviglioso Il seggio vacante, in Il richiamo del cuculo fonde insieme, con la sua maestria senza uguali, la magia del racconto e l'arte dell'indagine. Torna con un intrigante pseudonimo maschile e con un giallo con la lettera maiuscola: struttura dalle linee che più classiche non si può, stile impeccabile, intreccio sinuoso, personaggi credibili ed incredibili al tempo stesso. Pieno di autentica bellezza, limpida grazia e fumoso charme anche nella tragedia, anche nella morte. Non c'è sangue, non ci sono sudate corse a perdifiato o sparatorie da gangster, non ci sono figure che rinunciano facilmente al loro aplomb – nemmeno in caso di omicidio doloso. Lula Landry - ventitrè anni vissuti da bellissimo angelo dalla pelle coloro cappuccino - finisce i suoi giorni sulla terra perdendo la sua polvere fatata e schiandosi al suolo senza più le sue ali di seta pregiata a mantenerla a una spanna dal suolo, lontana da fan asfissianti, paparazzi inopportuni, parenti serpenti, viscidi opportunisti. Cade dal cielo e, leggera come una piuma, non fa rumore: un tappetto di neve attutisce il rumore, non l'impatto. Muore sul colpo, con addosso il suo vestito nuovo. I flash, per l'ultima volta, le illuminano il viso: Lula non sorride. Un magico filo di serendipità conduce il lettore alla scena successiva, ricordando a tutti che, anche se nascosta sotto falso nome, la Rowling è ovunque. Il richiamo del cuculo ha, infatti, un fascino tutto femminile; un ritmo che sembra una danza. A condurti è una lei che potrebbe portarti anche in capo al mondo, se solo volesse. Ci sono sfilze di particolari a cui noi uomini non faremmo mai caso, e tutti prendono magicamente vita sotto i nostri occhi. Ricchezza, salotti lussuosi, palazzi antichi, strade buie, gossip che uccidono. L'autrice porta al banco degli imputati un mondo intero, oscuro per quanto sfavillante, e mette alla berlina un sistema che sempre ispirerà repulsione e fascino. Come il lettore comune, anche la Rowling lo condanna, pur essendone visibilmente e irrimediabilmente affascinata: quasi fosse una gazza ladra che, senza pensarci, si fionda sul primo luccichio avvistato. Un gioiello, forse. O forse una tagliola in cui lasciare le penne. Lula – come Marilyn, Amy, Whitney – è il simbolo della desolante solitudine del vincente. Tutti che la vogliono, nessuno che le vuole bene per davvero.
Riempie di una sottile tristezza - anche se non ha una voce
sua, non più – e, grande personaggio “in assenza”, riportata
in vita dalle voci, dai racconti e dai rumors
più disparati, sembra condurre le indagini camminando, sui suoi
invisibili tacchi alti, accanto agli straordinari protagonisti: per
vedere se le lacrime macchiate di rimmel del suo sregolato e fragile
fidanzato - un riuscito e originale incrocio tra Kurt Cobain e Johnny Depp - siano reali; per sentire ancora l'adorazione nelle parole di
un fratello adottivo in cerca di giustizia e di un simpatico amico
stilista; per cercare le sue radici perdute.
Tutti sono colpevoli,
tutti sono innocenti. Le tante, ma impercettibili sfumature tra
innocenza e colpa sono difficili da cogliere, mai come in questo
caso. Io potrei riassumere l'intera trama qui, in appena due parole.
Onestamente, infatti, questo intreccio che si dipana per cinquecento
pagine e oltre potrebbe essere mostrato senza troppo sforzo in appena
quaranta minuti di un poliziesco alla TV. Eppure, sarebbe un errore
mortale ritenere questo romanzo dal titolo sfuggente un giallo come
tanti. Eppure, saltando le sontuose descrizioni e i miliardi di
dialoghi a piè pari, vi perdereste tutto il resto. Un
resto frastagliato, dinamico,
palpitante, irriverente e mordace. Favoloso. L'esperienza più bella
in assoluto è stata conoscere Cormoran Strike: la sgraziata,
ingombrante, incredibile e impresentabile nemesi di La
signora in giallo, Sherlock
Holmes, Poirot.
Non ha nemmeno i tratti orientali del Detective Conan,
disegnato da un abile fumettista giapponese: lui, casomai, è un
bozzetto di Picasso. Soprattutto, non ha pareti piene zeppe di foto
di cadaveri sanguinanti, nel suo piccolo studio che profuma
disgustosamente di deodorante al lime: ci sono un sacco a pelo, un
bollitore, un set di tazzine spaiate, uno zaino che – dalla zip –
vomita vecchie cravatte, camicie sporche, cicche di sigaretta. Ha la
sua personalità; è la sua casa improvvisata. Con il suo brutto nome
e il suo brutto aspetto, Strike è uno dei personaggi più belli e
completi incontrati da alcuni mesi (o anni?) a questa parte. Ogni
Sherlock ha il suo Watson, poi; ogni Batman ha il suo Robin. E lei si
chiama così, Robin: adorabile, gentile, trasognata e piena di
risorse, sembra la protagonista di un brillante chick-lit. La Andrea
Sachs di Il diavolo veste Prada con
un brillante all'anulare, coraggio da vendere e un lavoro precario
come segretaria che la spaventa e la esalta in egual misura. Questa
strana coppia regala costantemente sorrisi, dal momento del loro
imbarazzante primo incontro fino al toccante e delicato congedo:
complici, professionali, rispettosi. Quasi amici, quasi. Il
richiamo del cuculo ha
la scorrevolezza e la leggiadria del Joyland
di
Stephen King, lo svolgimento perfetto di un giallo in piena regola,
personaggi che impari a chiamare per nome come fossero tuoi amici, o
nemici, di sempre. E' grande e funzionale in tutto, senza mezze
misure. La prova "inchiodante" è contenuta alla fine, come accade per
ogni mistero che si rispetti: lo chiudi e sai
che
è un libro da leggere, consigliare, regalare. Te lo suggerisce il
sorriso vagamente ebete che ti è spuntato in faccia nel frattempo.
Mentre, alla stazione, vedi il treno partire – lo stesso treno che
ti ha portato per sette volte a Hogwarts e, lo scorso anno,
nell'inospitale e bella Pagford – e vorresti egoisticamente che
questo ambiguo e imperdibile viaggio per Londra iniziasse da capo,
senza nemmeno fare tappa per casa tua. Aspetto un altro treno, aspetto un
altro caso: prometto. Aspetto di conoscere un altro volto ancora di un'autrice
che sempre saprebbe reggere il confronto con i nomi più grandi:
questa J.K Rowling, mai così vicina all'immensa Agatha Christie, è
un'esperienza da non perdere. Garantito.
Il
mio voto: ★★★★★
Il
mio consiglio musicale: Lady Gaga - Paparazzi (Piano Version)





