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Recensione in Pillole #7

Creato il 14 luglio 2014 da Leggiamo
Lettura particolare quella di cui vi parlo oggi, un po' fuori dalle mie corde ma nemmeno troppo. Ogni tanto mi piace immergermi in testi che per quanto semplici portano con sé la forza della riflessione.
L'Oste dell'Ultima Ora di Valerio Massimo Manfredi
| Wingsbert House, 2013 | pag. 90 | € 11,00 |
Recensione in Pillole #7
Figlio di contadini senza terra nella Galilea sotto il giogo romano, il protagonista di questo libro è costretto a guadagnarsi da vivere inventandosi nuovi lavori. Marinaio senza fortuna, taglialegna e carpentiere, vignaiolo a servizio di un piccolo possidente. Finalmente decide di mettersi in proprio, e di aprire una promettente rivendita di vino. Sembra la storia di un uomo qualunque e della sua intraprendenza in un'atmosfera di tempi nuovi, in cui molte cose stanno cambiando. Ed è così: qualcosa di assolutamente nuovo, inaudito e sconvolgente sta accadendo vicino a lui. La novità di una predicazione, di una testimonianza che cambierà per sempre la storia, e che ha le fattezze umane del figlio di un falegname di Nazareth. Il contatto avviene durante un banchetto di nozze, a Cana. L'oste è incaricato del vino, ma disgraziatamente ne ha portato troppo poco. Sarà allora testimone privilegiato di un fatto che stenterà, anzi non riuscirà proprio a spiegarsi. Ma il suo rapporto con il Nazareno e la sua strana compagnia di discepoli non finirà lì. Qualche tempo dopo, durante la Pasqua a Gerusalemme, gli verranno a chiedere ancora del vino: per celebrare quella che sembra una sera triste come una cena d'addio... Con questo volume Valerio Massimo Manfredi inaugura la collana di Wingsbert House dedicata ai grandi narratori di ieri e di oggi che raccontano il vino, le sue storie, la sua filosofia.

Credo che tutti conosciate Valerio Massimo Manfredi, noto scrittore, sceneggiatore, e archeologo, famoso per portare nella narrativa la Storia del passato che ha contribuito a scrivere il nostro presente. Da Alessandro Magno a Ulisse, da Giulio Cesare a re Artù, Manfredi ha raccontato di personaggi realmente esistiti e di altri appartenenti all'immaginario mitologico greco e romano: ha spaziato tra i secoli ed era quasi scontato che prima o poi si sarebbe soffermato là, dove tutto è iniziato. A Gerusalemme pochi anni dopo la nascita di Gesù.
L'Oste dell'Ultima Ora più che un romanzo breve è un quadro. Mi sento quasi di accostare Manfredi a Giotto, Veronese, Bosh, Giordano, perché in meno di cento pagine ha saputo dipingere il primo miracolo di Gesù, la tramutazione dell'acqua in vino, con pennellate veloci e vivide. Ma l'ha fatto in modo diverso, innovativo, affidando la parola all'oste, a colui che servì il vino, a un personaggio dimenticato che non ha fatto la Storia ma ha vissuto un attimo di Storia.
Provate a immaginare un qualsiasi fatto raccontato da una comparsa.
Manfredi ci insegna a spostare l'obiettivo, a non guardare solo quello che è noto, ma a scoprire cosa si cela dietro le quinte, e devo ammettere che questo cambio d'inquadratura regala nuove e interessanti prospettive.
Gesù viene semplicemente indicato come il predicatore, Maria appare nelle ultime pagine per farsi solo portavoce della notizia "hanno finito il vino", e le nozze di Cana sono quasi un pretesto per farci conoscere Baruch ben Gad, un uomo umile, semplice e generoso che ha fatto della coltivazione dei vigneti la sua grande passione. Il messaggio è semplice ma per nulla banale: un piccolo gesto, come l'offrire un bicchiere di vino con l'unico piacere di condividere un posto a tavolo e offrire ospitalità, verrà sempre ripagato da chi è buono e giusto. Con un sorriso, un grazie, ma anche con un miracolo.

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