L'Oste dell'Ultima Ora di Valerio Massimo Manfredi
| Wingsbert House, 2013 | pag. 90 | € 11,00 |
Figlio di contadini senza terra nella Galilea sotto il giogo romano, il protagonista di questo libro è costretto a guadagnarsi da vivere inventandosi nuovi lavori. Marinaio senza fortuna, taglialegna e carpentiere, vignaiolo a servizio di un piccolo possidente. Finalmente decide di mettersi in proprio, e di aprire una promettente rivendita di vino. Sembra la storia di un uomo qualunque e della sua intraprendenza in un'atmosfera di tempi nuovi, in cui molte cose stanno cambiando. Ed è così: qualcosa di assolutamente nuovo, inaudito e sconvolgente sta accadendo vicino a lui. La novità di una predicazione, di una testimonianza che cambierà per sempre la storia, e che ha le fattezze umane del figlio di un falegname di Nazareth. Il contatto avviene durante un banchetto di nozze, a Cana. L'oste è incaricato del vino, ma disgraziatamente ne ha portato troppo poco. Sarà allora testimone privilegiato di un fatto che stenterà, anzi non riuscirà proprio a spiegarsi. Ma il suo rapporto con il Nazareno e la sua strana compagnia di discepoli non finirà lì. Qualche tempo dopo, durante la Pasqua a Gerusalemme, gli verranno a chiedere ancora del vino: per celebrare quella che sembra una sera triste come una cena d'addio... Con questo volume Valerio Massimo Manfredi inaugura la collana di Wingsbert House dedicata ai grandi narratori di ieri e di oggi che raccontano il vino, le sue storie, la sua filosofia.
Credo che tutti conosciate Valerio Massimo Manfredi, noto scrittore, sceneggiatore, e archeologo, famoso per portare nella narrativa la Storia del passato che ha contribuito a scrivere il nostro presente. Da Alessandro Magno a Ulisse, da Giulio Cesare a re Artù, Manfredi ha raccontato di personaggi realmente esistiti e di altri appartenenti all'immaginario mitologico greco e romano: ha spaziato tra i secoli ed era quasi scontato che prima o poi si sarebbe soffermato là, dove tutto è iniziato. A Gerusalemme pochi anni dopo la nascita di Gesù.
L'Oste dell'Ultima Ora più che un romanzo breve è un quadro. Mi sento quasi di accostare Manfredi a Giotto, Veronese, Bosh, Giordano, perché in meno di cento pagine ha saputo dipingere il primo miracolo di Gesù, la tramutazione dell'acqua in vino, con pennellate veloci e vivide. Ma l'ha fatto in modo diverso, innovativo, affidando la parola all'oste, a colui che servì il vino, a un personaggio dimenticato che non ha fatto la Storia ma ha vissuto un attimo di Storia.
Provate a immaginare un qualsiasi fatto raccontato da una comparsa.
Manfredi ci insegna a spostare l'obiettivo, a non guardare solo quello che è noto, ma a scoprire cosa si cela dietro le quinte, e devo ammettere che questo cambio d'inquadratura regala nuove e interessanti prospettive.
Gesù viene semplicemente indicato come il predicatore, Maria appare nelle ultime pagine per farsi solo portavoce della notizia "hanno finito il vino", e le nozze di Cana sono quasi un pretesto per farci conoscere Baruch ben Gad, un uomo umile, semplice e generoso che ha fatto della coltivazione dei vigneti la sua grande passione. Il messaggio è semplice ma per nulla banale: un piccolo gesto, come l'offrire un bicchiere di vino con l'unico piacere di condividere un posto a tavolo e offrire ospitalità, verrà sempre ripagato da chi è buono e giusto. Con un sorriso, un grazie, ma anche con un miracolo.