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Recensione: "L'antico profumo di gelsomino" di Irene Pecikar

Creato il 22 giugno 2011 da Lauragiussani
Titolo: L'antico profumo del gelsomino
Autore: Irene PecikarEditore: Ibiskos Editrice
Data uscita: maggio 2011
Pagine: 124
Prezzo: 12,00 euro
Sofia, timida e ironica ragazza, fa ritorno a Duino, dopo un periodo di studio in Inghilterra. Da poco laureata in archeologia, già le si prospetta un brillante futuro. Ma partendo improvvisamente per aiutare la sua migliore amica, si trova coinvolta in un intrigo pericoloso e ricco di colpi di scena. Di chi si potrà fidare ora, che nulla è come sembra? E chi sarà l'artefice misterioso dei messaggi al profumo di gelsomino? Dopo questa sconvolgente esperienza la sua vita cambierà per sempre... Un romanzo leggero e appassionato, un piccolo giallo all'inseguimento del sogno di Atlantide.

RECENSIONE: Romanzo veloce basato su buone idee ma che si risolve però in una trama poco strutturata e carica di improbabili coincidenze(Attenzione: Spoiler!)
Ho saputo dell’esistenza di questo romanzo direttamente dall’autrice, persona davvero simpatica e gentile. Titolo e trama m’ispiravano, quindi mi sono più che volentieri buttata nella lettura. Premetto che, quando recensisco un libro, il mio obiettivo è quello di dare un parere il più sincero e spassionato possibile. Compito che spesso può risultare difficile e antipatico, nel caso il libro non mi sia piaciuto. Purtroppo devo dire che questo libro non mi è piaciuto.
Va detto che “L’antico profumo di gelsomino” è un libro di cento pagine e poco più, una storia molto – ma molto – condensata che si legge tranquillamente in un paio di ore. Prima di passare agli aspetti negativi, vorrei soffermarmi sugli elementi che ho invece apprezzato. In primis, il gelsomino. Il suo profumo, intenso e intrigante, sembra voler permeare le pagine del romanzo: una sorta di filo conduttore di natura olfattiva, una percezione sensoriale che è spesso (e purtroppo) ignorata in ambito letterario. 
Tra i personaggi, il mio preferito è stato indubbiamente Simon: meritava forse più spazio, o quanto meno un occhio di riguardo. Resta il fatto che l’ho apprezzato molto, e con lui alcuni episodi che lo toccano da vicino, come ad esempio la divertente scenetta del massaggio di Sofia nel centro estetico, ad inizio libro, o quel piccolo segretuccio sulla strana cerimonia (festosa, e Sofia non ha idea di quanto!) che il lettore scopre a metà libro ma che alla protagonista non viene mai rivelato, nemmeno nelle ultimissime pagine. Bella anche la decisione dell’autrice di ambientare parte del suo romanzo nei dintorni di Trieste, zona che conosce molto bene e che evidentemente adora… O almeno questa è la sensazioni che si avverte leggendo le descrizioni, amorevolmente accurate. E ora… Il tasto dolente, ovvero cosa non mi è piaciuto di questo romanzo. Molte cose, devo dire. Cominciamo col dire che il racconto ha sofferto dell’esiguo numero di pagine: la narrazione tradisce un’urgenza che porta a continui e rapidi cambi di scena, di pensieri, di obiettivi. E’ una carrellata di momenti che passano velocemente davanti agli occhi del lettore, senza che gli aspetti importanti abbiano più risalto rispetto alle scene di contorno. E troviamo quindi una festa di laurea (pomposa al pari di un matrimonio) messa sullo stesso piano di un intrigo quasi internazionale, tra gente in incognito, trafficanti d’armi pericolosi e leggende forse non poi così leggendarie. Considerazioni banali (su vestiti e scarpe – Prada e Chanel – e alla fine anche borse di Louis Vuiton) si mescolano a temi ben più seri (il rapimento, tanto per dirne uno), stridendo non poco in quanto costretti a un connubio che manca sostanzialmente di coerenza. Sul rapimento, aprirei una piccola parentesi: a parte la serie di assurde coincidenze che rendono possibile (ma non molto plausibile) il tutto… Perché Sofia non pensa – nemmeno una volta – a chiedere aiuto o a chiamare la polizia? Sarebbe una reazione estremamente logica. E invece, una volta appurato che le è stato confiscato il cellulare, tutto ciò per cui si dispiace è di non poter avvisare l’amica e i genitori. Chissà come si preoccuperanno, sembra essere il suo più grande cruccio. Dopotutto, è stata “solo” rapita. Altro aspetto a mio avviso un po’ abusato è quello delle coincidenze. Coincidenze delle coincidenze, sarebbe forse meglio dire. E mi riferisco al viaggio all’Isola d’Elba, al fatto che Sofia viene rapita per via dei suoi studi, delle sue capacità e dei suoi recenti trascorsi… ed ecco che magicamente sono però coinvolti anche personaggi che conosce ma che sono al di fuori dell’argomento “archeologia” e che per di più non frequenta da anni (vedi Riccardo). Tutti coinvolti, tutti in missione, tutti agenti che sembrano un po’ improvvisati. Piloti, avvocati, carabinieri, agenti dell’interpol, laureati in storia dell’Arte… Insomma, sono praticamente dei tuttofare. Lo stile è buono, scorrevole direi. Ma alla base vi è comunque una sorta di forzatura, quasi un disperato bisogno di far quadrare i conti, tanto che il contenuto ne risente pesantemente, si fa parecchio improbabile, e a quel punto poco conta che sia scritto bene o male. E’ la trama che non trova gli spazi giusti, vittima di una struttura portante che cigola in diversi punti. Ho detto di aver apprezzato Simon, e lo ribadisco. Ma perché i  suoi biglietti sono così vaghi? Perché le sue telefonate si interrompono sempre sul più bello col trito “ora devo andare”? Sembra che lo faccia apposta, anche se ovviamente non credo fosse questo l’intento dell’autrice. Sorvolo sul lato sentimentale, sia per quanto riguarda Riccardo-Sofia (non si vedono da quattro anni, e tipo in due secondi “mi hai pensato? Io ti ho pensata tanto tanto”. Passi che uno dei due mente di proposito, ma se l’altro trova il tutto normale, io dico che c’è da preoccuparsi), sia per quanto riguarda Simon-Sofia (innamoramento istantaneo, tipo colpo di fulmine supervelocissimo, a cui si vanno ad aggiungere dichiarazioni fatte nei momenti più improbabili… Perché, si sa, quando si viene rapiti e si cerca di fuggire da pericolosissimi assassini, c’è sempre tempo per un break… E no, non è un Kit&Kat ma qualcosa di molto più zuccherato). Battute a parte, il problema più grande direi che sta proprio nel non distinguere ciò che è importante ai fini della storia da tutti quegli elementi decorativi di puro contorno. A questo va ad aggiungersi una mancata riflessione su quelle che sono le normali congetture che ogni persona farebbe – nella vita reale – se si trovasse nelle stesse condizioni di Sofia. In conclusione, due sole stelline. L’idea di base non era male, ma le fondamenta da sole non bastano per decretare la qualità di un intero palazzo. Con i libri, è più o meno la stessa cosa. La mia impressione è che l’autrice abbia scritto la storia di getto, seguendo l’ispirazione – e questo è un bene – ma che si sia poi limitata ad aggiustare qui e là il racconto, sfruttando le soluzioni più facili e purtroppo anche scontate, invece di utilizzare l’idea di base come un punto di partenza sul quale costruire una storia complessa, ricercando ulteriori variabili e possibilità di sviluppo.

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