Titolo: L’insostenibile leggerezza dell’essere
Autore: Milan Kundera
Traduzione di: Giuseppe Dierna, Antonio Barbato
Editore: Adelphi
ISBN: 9788845906862
Anno: 1989
Formato: libro
Lingua: italiana
Numero pagine: p.318
Prezzo: € 12,00
Voto:
Trama: (da Wikipedia) Il romanzo, che si svolge a Praga negli anni intorno al 1968, descrive la vita degli artisti e degli intellettuali cecoslovacchi nel periodo fra la Primavera di Praga e la successiva invasione da parte dell’Unione Sovietica. La storia si focalizza sul gruppo noto come il Quartetto di Kundera, composto da Tomáš (un chirurgo di fama e successo che a un certo punto perde il lavoro a causa di un suo articolo su Edipo che, anche a causa delle modifiche operate dai redattori del giornale a cui lo ha inviato, risulta molto critico nei confronti dei comunisti cechi), la sua compagna Tereza (una fotografa), la sua amante Sabina (una pittrice) e un altro amante di Sabina, Franz (un professore universitario). Questi quattro personaggi vengono seguiti nelle loro vite fino alla fine. Tomáš ha due interessi: il lavoro e le donne. Egli si innamora di Tereza ma non riesce a rinunciare alle sue amanti, e questo rende Tereza estremamente gelosa ma per la sua debolezza la donna non riesce a ribellarsi e tiene per sé i suoi tormenti, fingendo di non sospettare il tradimento di Tomáš. Sabina è un’idealista, uno spirito libero. Avrà una breve storia con Franz (di cui si innamorerà perdutamente) ma, non avendo il coraggio di stabilire un rapporto serio, fuggirà lasciando Franz da solo senza neanche una parola. Franz inseguirà il ricordo di Sabina e sarà proprio questo a portarlo alla morte.
(Dal risvolto)«Il suo romanzo ci dimostra come nella vita tutto quello che scegliamo e apprezziamo come leggero non tarda a rivelare il proprio peso insostenibile. Forse solo la vivacità e la mobilità dell’intelligenza sfuggono a questa condanna: le qualità con cui è scritto il romanzo, che appartengono a un altro universo da quello del vivere» (Italo Calvino). «Chi è pesante non può fare a meno di innamorarsi perdutamente di chi vola lievemente nell’aria, tra il fantastico e il possibile: mentre i leggeri sono respinti dai loro simili e trascinati dalla “compassione” verso i corpi e le anime possedute dalla pesantezza. Così accade nel romanzo: Tomáš ama Tereza, Tereza ama Tomáš: Franz ama Sabina, Sabina (almeno per qualche mese) ama Franz; quasi come nelle Affinità elettive si forma il perfetto quadrato delle affinità amorose» (Pietro Citati).
Recensione: Nel romanzo la pesantezza e la leggerezza dell’esistenza si radicano su un’idea sconcertante che, pare, sia costata il senno a Nietzsche: quella dell’eterno ritorno.
Eterno ritorno è il tempo che si muove in circolo, è moltiplicazione degli stessi atti, cosa che rende relativo (o infinitesimale) qualsiasi cambiamento. L’alternativa è ugualmente insostenibile: la vita che viviamo è un’esperienza unica e irripetibile, dopo la quale nulla resta, nemmeno il ricordo, o una fotografia. Le nostre esperienze e i nostri giorni, privi di peso e significato, sono destinati a scomparire senza lasciare traccia. Se gli eventi accadono una sola volta, è come se non fossero mai avvenuti (Einmal ist Keinmal). Basta questo a esprimere una leggerezza di per sé insostenibile, per il solo fatto che ogni decisione presa si rivela indifferente. Se tutto è destinato a ripetersi, siamo inchiodati alla responsabilità di ogni decisione. L’idea dell’eterno ritorno è il fardello più pesante.
È indifferente il cancellierato di Adolf Hitler? È indifferente il Regime del Terrore di Robespierre?
C’è una bella differenza tra un Robespierre che è comparso una sola volta e un Robespierre destinato a tornare in eterno.
La storia è leggera al pari delle singole vite umane, insostenibilmente leggera, leggera come una piuma, come la polvere che turbina nell’aria, come qualcosa che domani non vi sarà più.
Sintetizzando: da un lato vi è la realtà che preme con il suo peso. Dall’altra l’esistenza di chi, più leggero dell’aria, vi si allontana.
Non sembra possibile alcun termine di paragone: se la pesantezza è un fardello, non è detto che la leggerezza sia meravigliosa. Rappresentano (leggerezza e pesantezza) due poli indivisibili. L’una in ogni momento può convertirsi nell’altra, nel ricordo che impone alla mente ciò che è stato, nell’oblio che consente il distacco. Da una parte vi è l’incedere lento e ossessivo di chi conta i propri passi (la lentezza), dall’altra la folle corsa verso un possibile oblio.
Arriviamo così alla storia di Tomáš e Tereza.
Tomáš ha paura delle donne, le desidera e ne trae spavento. Alla ricerca di un’impossibile alchimia, attraverso lo stratagemma delle amicizie erotiche (le amanti) stabilisce rapporti senza complicazioni, senza pretese, che gli consentono di rimanere sospeso tra l’una e l’altra. A ben vedere è una contraddizione di termini: come intendere il rapporto amoroso se non come fardello, immagine di corpi che premono e precipitano l’uno sull’altro? Il rapporto con l’amante Sabina è tenue, inconsistente. Quello con Tereza gli è greve, eppure si tratta di una relazione irrinunciabile più delle altre, anche se posta sul terreno dei vincoli, delle coercizioni:
…due poli della sua esistenza, inconciliabili eppure entrambi belli.
La leggerezza richiama la pesantezza e la pesantezza richiama la leggerezza, per via della comune insostenibilità, del dramma dietro la porta, del tutt’uno che rappresentano. A causa dell’insostenibilità di un certo modo di essere Tereza si è legata a Tomáš, Tomáš a Tereza. Far scivolare il fardello che preme sulle spalle significa rimuovere dei sostegni, qualche volta persino la propria identità (titolo di un altro romanzo di Kundera).
C’è un che di biografico in fondo: l’autore sentiva il peso della cittadinanza ceca, minata dal regime dittatoriale, e perduta nel 1979 a seguito della pubblicazione de “Il libro del riso e dell’oblio”. Il peso tolto ne faceva un apolide dell’esistenza tout court, situazione insostenibile fino al conferimento della cittadinanza onoraria francese due anni dopo.
Anche la leggerezza delle amicizie erotiche di Tomáš diviene un fardello senza peso che cala sulle spalle, invisibile e insidioso: diviene senso di colpa, bisogno di giustificare, di nascondere. Tuttavia Tereza percepisce il peso di un vuoto che assomiglia al nulla, a una meta che rimane sconosciuta, e se conosciuta appare priva di senso: “Chi tende continuamente verso l’alto deve aspettarsi prima o poi di essere colto dalla vertigine”, di precipitare. Ed è proprio il precipitare che risolve il paradosso, accomunando le sorti di ciascuno.