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Recensione: L’invenzione della madre di Marco Peano

Creato il 10 maggio 2015 da L'Angolino Di Ale @LangolinodiAle

Recensione: L’invenzione della madre di Marco PeanoBuona domenica a tutti! Oggi, 10 maggio, si festeggia la festa della mamma. Un grosso augurio a tutte le mamme e…spero il prossimo anno di poter festeggiare anch’io questa festa! Nel frattempo vi lascio con la recensione di un romanzo molto bello che parla proprio della figura della madre: “L’invenzione della madre” di Marco Peano (edito da Minimum Fax). Si tratta di una lettura malinconica e dolorosa ma nella quale la figura della madre viene celebrata in maniera semplice e delicata. Non vi anticipo nulla di più, aspetto i vostri commenti e di nuovo auguri a tutte le mamme!

Recensione: L’invenzione della madre di Marco Peano

  L’invenzione della madre di Marco Peano – 252 pagine – Minimum Fax – Prezzo di copertina: 14.00 €(acquistabile anche su Amazon)

Trama: Questa è una storia d’amore. Si tratta dell’amore più antico e più forte, forse il più puro che esista in natura: quello che unisce una madre e un figlio. Lei è malata, ha poco tempo, e lui, Mattia – sapendo che non potrà salvarla, eppure ostinandosi contro tutto e tutti – dà il via a un’avventura privatissima e universale: non sprecare nemmeno un istante. Ma in una situazione simile non è facile superare gli ostacoli della quotidianità. La provincia in cui Mattia abita, il lavoro in videoteca che manda avanti senza troppa convinzione, il rapporto con la fidanzata e con il padre: ogni aspetto della sua vita per nulla eccezionale è ridisegnato dal tempo immobile della malattia. Un rifugio sicuro sembrano essere i ricordi. In questo viaggio dove tutto è fuori posto, è sempre il rapporto con la madre a far immergere Mattia nella dimensione più segreta e preziosa in cui sente di essere mai stato. Raccontando di questo ‘everyman’, Marco Peano ridà senso all’aspetto più inaccettabile dell’esperienza umana: imparare a dire addio a ciò che amiamo.

La mia recensione

Distacco ed abbandono sono due termini che non dovrebbero mai essere accostati alle parole madre e figlio. Il legame che esiste tra i due è così speciale che, quando viene per qualsiasi motivo spezzato, scatta un meccanismo di auto-difesa per andare contro questa separazione.

La parola “mamma” è, quasi sempre, la prima ad essere imparata e pronunciata da un bambino. L’autore considera questa parola come un susseguirsi di m tutte allineate che marciano come un esercito. In questo romanzo si parla di “madre”. Il concetto di base potrebbe essere il medesimo ma, riflettendoci c’è una sostanziale differenza: la madre non è solamente colei che genera ma è un soggetto unico ed insostituibile.

L’invenzione della madre” è interamente raccontato da una voce fuori campo: scelta ragionevole per provare a raccontare oggettivamente la malattia ed i fatti narrati. Sarebbe, probabilmente, risultato impossibile dare al protagonista, Mattia, anche l’onere di dover esprimere con la propria voce quella sofferenza e tristezza, in un racconto, già di per sé, straziante e malinconico. I dialoghi senza virgolette rendono la lettura ancora più diretta ed essenziale.

Ogni respiro suo che mi perdo, non accadrà mai più

Il personaggio di Mattia si rivela da subito in tutta la sua fragilità. Il ritmo sembra essere scandito dalla routine quotidiana: il lavoro presso la videoteca, gli incontri con la fidanzata, le cene e gesti ordinari come dormire, lavarsi. Ma questa quotidianità è ingannevole, nasconde il timore che tutto possa svanire da un momento all’altro. Quelle azioni abituali diventano improvvisamente un insieme di ultime opportunità di condivisione.

Suddiviso in tre parti (il prima, il durante ed il dopo) questo primo romanzo di Marco Peano, editor torinese al suo primo romanzo, è ricco di sentimenti strazianti ed indefinibili. Non si può dare, infatti, una definizione a quel dolore. Risulta impossibile riuscire a circoscrivere e delimitare quella sensazione di vuoto insopportabile che si infiltra negli anfratti del cuore di un figlio che non vuole lasciar andare una madre malata.

Attimi insignificanti, che all’improvviso potrebbero rivelarsi preziosi

L’ossessione di Mattia per le ultime volte è tremendamente umana e condivisibile. Mattia cerca di non arrendersi e di provare a catturare tutte le ultime volte di una donna corrosa da una tremenda malattia. Vorrebbe poter racchiudere quegli ultimi respiri della mamma in un barattolo e custodirli per quando lei non ci sarà più. Le emozioni sono fortissime ed è impossibile non commuoversi durante la lettura di questo romanzo. Mattia si prende amorevolmente cura della mamma mentre tutto il mondo attorno continua a vivere come se nulla di nuovo stesse accadendo. Quel mondo circostante è percepito come monotono, insensibile ed, a tratti, quasi crudele. Anche la sua visione del mondo è improvvisamente cambiata. Mattia coglie degli aspetti, di sé stesso e della realtà, fino ad allora nascosti. Il senso di protezione, che solo una madre sa darti, ora vacilla e lui si sente in bilico, smarrito, sospeso ad un filo sottilissimo che si chiama “accettazione“.

Più tardi, Mattia prepara sua madre per la notte. La distende con cura sul letto e la lava, la pulisce, la cambia. Poi quando ha finito la bacia, restituendole uno delle migliaia di baci della buonanotte che quand’era bambino lei gli ha dato.

È come se, quel dolore che caratterizza il passaggio del neonato dal corpo della madre alla vita, venisse in qualche modo trasposto in questo caso al figlio. Quest’ultimo deve affrontare il passaggio contrario, dalla vita alla morte, di colei che gli ha donato tutto. È un dolore dal quale non se ne esce ma con il quale è necessario imparare a convivere.

Mattia vorrebbe qualcuno che gli insegnasse come comportarsi in caso di morte. Vorrebbe un manuale d’istruzioni capace di dare un ordine a quel caos di giornate che scivolano lungo un piano inclinato.

Mattia ha tra le mani solo brandelli di tempo da ingurgitare in tutta fretta per saziarsi di quel poco tempo che rimane di lei. Quell’amianto che ha asfaltato la madre di metastasi non può, oramai, più essere bonificato. In effetti, chi ha “inventato” la madre le ha affidato, nella sua magnificenza, un significato semplice: quello di amore eterno ed incondizionato.

Osservando la madre respirare, gli era venuto in mente di riempire dei palloncini con il suo fiato, per poi tenerli da qualche parte come provviste per l’inverno. Quando la mancanza sarebbe stata insostenibile, Mattia avrebbe potuto prendere uno di quei palloncini preziosi, avvicinarlo alla bocca e aspirare quel fiato. Inalare sua madre.

Quale può essere il messaggio che Peano vuole trasmetterci? Sicuramente quello di non sprecare il tempo. Trascorrere quest’ultimo con chi ci ha dato la vita significa dare un senso a noi stessi e a quella vita che ci è stata regalata. Ogni singolo istante con lei, la nostra mamma, andrebbe esaltato, senza sciuparlo con inutili dissidi o sciocchezze. Colei che ci ha tenuto in grembo, nutrito e protetto merita tutte le nostre attenzioni e premure ma subito. Ora. Prima che sia troppo tardi. Costruire dei ricordi oggi, significa immagazzinare delle immagini di noi due, insieme, che costituiscono la pellicola di un film prezioso, quello più dolce. Noi siamo in grado di farlo? Questo romanzo, riflessivo e doloroso, ci pone di fronte a questo quesito. Ciascuno di noi potrà ragionarci su e trarne le proprie conclusioni di figlio/a.

Un figlio che muore, per un genitore è come un film che hai visto dall’inizio e del quale sei certo di sapere tutto. Un genitore che muore, per un figlio è come un film che hai visto da metà e del quale sei certo di ignorare molto.

Alessandra - L'angolino di Ale (black)© L’angolino di Ale – Riproduzione riservata


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