Recensione L'urlo della farfalla di Marcello Viel (a cura di Giuseppe Novellino)

Creato il 06 maggio 2011 da Braviautori

Jacques, cittadino di Loudun, è sull'orlo del suicidio. Motivi: un'infanzia infelicissima e la perdita dell'amata Isabel. Inoltre la sua città è nel marasma più nero perché i mercanti, che hanno preso il sopravvento sui preti, si sono lasciati un po' prendere la mano e hanno creato un nuovo inferno. In preda alla disperazione, il nostro eroe vaga nel bosco e si imbatte in tre porte che nascondono la Stanza dei Ricordi, la Caverna degli Dei e la Sala della Visione. Passando attraverso di esse, Jacques comprende finalmente se stesso e il suo passato, trasforma gli impulsi negativi in tensioni creative, ritrova nella pittura il suo linguaggio, con il quale dà voce al demone interiore, aiutato da un oscuro Maestro. Diventa così Jack Farfalla, torna a vivere nella civiltà, ottiene un buon successo, passa attraverso alcune traversie che affronta con coraggio e maggiore consapevolezza. Infine è in grado di raccontare tutto con distacco e spirito di saggezza.
Si tratta di un romanzo gotico, genere oggi tornato in auge. Loudun, infatti, come la Otranto di Walpole, è assai poco caratterizzata e quasi per niente contestualizzata, non per difetto, ma perché essa rappresenta un luogo tipo (addirittura archetipo), dove si dipana la solita, tragica vicenda umana. Siamo alla fine dell'Ottocento, in Normandia, ma di questi riferimenti spazio temporali non si ha un'immagine realistica. Loudun dapprima è dominata da preti integralisti e oscurantisti, poi dai mercanti. In seguito arriva una specie di Savonarola che, stigmatizzando i misfatti dell'era liberale, tuona con parole che potrebbero essere riassunte così: "Ve l'avevo detto, o no?". Ma l'autore non è stato generico in modo gratuito: luogo e tempo sono semplicemente quelli di una favola gotica. Ci sono, infatti, tutti gli elementi onirico-orrorifici del genere: il bosco cupo, la donna con il mantello nero, la rivisitazione di tenebrosi episodi lontani nel tempo, predicatori tanto severi quanto equivoci, delitti efferati. Con qualche ammiccamento al mondo del computer: la prima porta immette in una stanza circolare; qui si aprono altre tre porte, con tre opzioni differenti.
I personaggi sono tratteggiati con una discreta abilità descrittiva, ma risultano nel complesso un po' stereotipati, in perfetta linea con un armamentario narrativo abbastanza di maniera. Risalta in modo vivace soprattutto Jacques, il protagonista, che però appare prevedibile in gran parte delle sue mosse e delle sue scelte.
È un libro scritto in modo scorrevole. L'autore fa molto uso di pagine di narrazione fitta, senza dialoghi, secondo il costume del romanzo gotico, appunto. E ci riesce abbastanza bene, creando un certo clima di tensione che regge bene alla lettura.
Interessante è il riferimento al tema della psicanalisi. Jacques, attraverso le tre porte, scende nel profondo del suo animo, ne comprende il senso e trova la forza di riprendere il cammino della vita con rinnovata fiducia in se stesso.

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