Libri di Rachel Joyce recensiti: L'imprevedibile viaggio di Harold Fry ♦ Il bizzarro incidente del tempo rubato
Dopo aver scritto il biglietto di addio per Harold, Queenie di certo non si aspettava una reazione del genere: non si aspettava di diventare spettatrice silenziosa del lungo viaggio dell'uomo verso il suo capezzale, solo per poterla salutare, solo per poterla vedere un'ultima volta..per questo, quando inizia a ricevere le cartoline di Harold, firmate con l'immancabile "aspettami, sto arrivando", non riesce quasi a crederci, ed inizia a pensare al tempo, troppo poco quello che le resta per poter raccontare all'amico tutto ciò che vorrebbe, tutto ciò che il suo cuore le detta: ed ecco che arriva lei, un'infermiera della casa di cura che le propone di scrivere un messaggio per Harold, in cui finalmente poter tirare fuori tutte le mille parole che affollano la sua mente. E Queenie così fa. Prima sono foglietti, poi diventano quaderni. Lei scrive sulle carta (o almeno ci prova, viste le limitazioni provocate dalla malattia), mentre l'infermiera ricopia tutto grazie ad una macchina da scrivere, per rendere il tutto più comprensibile, anche gli scarabocchi che la povera Queenie non riesce a tradurre in vere e proprie parole. Di tanto in tanto, le sue giornate sono colorate da annunci televisivi e giornalistici sul viaggio di Harold, che scatenano sempre nuove memorie e nuove motivazioni per continuare a scrivere nonostante tutto, nonostante la fatica ed il dolore della sua condizione.
"«La gente può amare in tanti modi», dissi a David. «Puoi amare a tutto volume, facendo un gran rumore, oppure in silenzio, mentre lavi i piatti. Si può anche amare qualcuno senza che lo sappia mai.»"Grazie a ciò che l'anziana scrive, noi impariamo a conoscerla - così come abbiamo conosciuto Harold durante il suo cammino - diventiamo spettatori del suo primo incontro con l'uomo che le ha cambiato la vita e conosciamo anche il figlio di Harold, David, ed al tempo stesso stesso, mentre lo conosciamo in vita, apprendiamo anche della sua tragica fine. Queenie racconta ogni cosa, ogni pensiero, ogni ricordo della sua vita, passata per metà a struggersi d'amore per quell'uomo che ora, dopo essersi allontanato, sta correndo verso di lei attraversando l'Inghilterra a piedi.
Ho letto questo romanzo in pochissimo tempo e, così come era successo per il cammino di Harold, mi sono lasciata coinvolgere dal cammino silenzioso di Queenie, anche se devo ammettere che mi sono trovata meno coinvolta rispetto al libro precedente: non so darvi una motivazione per questo, ma mentre leggevo della vita vissuta dalla protagonista, mi sentivo solo una semplice spettatrice, mentre nei paragrafi dedicati alle sue giornate nella casa di cura, ero decisamente più coinvolta, più attenta e più emozionata dalla sue parole. Cosa che non accadeva mentre leggevo di Harold, trascinata da un coinvolgimento totale nella sua storia e nel suo percorso.
Mi ha fatto piacere capire chi fosse Queenie e come abbia incontrato Harold, mi ha fatto piacere sapere che fine ha fatto il figli di quest'ultimo..ma non mi sono emozionata mentre le leggevo. Mentre i dialoghi tra le infermiere e le giornate nella casa di cura, mi hanno toccata nel profondo, quasi come se fossi li anche io, al capezzale della nostra protagonista, ad ascoltare le sue storie immersa in quell'atmosfera malinconica che aleggia nelle stanze asettiche e quasi impalpabili di quel luogo di transizione che porterà inevitabilmente all'arrivo del furgone delle pompe funebri, così come ci racconta più volte la stessa Queenie, mentre i suoi compagni di cure, scompaiono un giorno dopo l'altro per le cause più disparate. C'è una cosa che più di tutte mi è piaciuta nella descrizione delle giornate nella casa di cura: il silenzio. Rachel Joyce scrive di ogni cosa, di ogni rapporto, di ogni attività, di ogni chiacchiera..eppure, tra una riga e l'altra, è quasi possibile sentire il silenzio assordante che investe chiunque entri in un luogo del genere, quel silenzio coperto da parole scontate e frasi di circostanza che servono solo ad alleviare un po' il dolore e l'angoscia dei pazienti e dei parenti degli stessi.
"Suor Marie Inconnue ha sospirato: «Forse dovresti guardare le cose da una prospettiva diversa.»Non sono molte le parti raccontate dalla finestra della camera di Queenie, ed i racconti della sua vita passata prendono il sopravvento, così come è giusto che sia, in un libro sviluppato come una seconda prospettiva..eppure, questi ultimi mi hanno emozionata molto meno rispetto a ciò che sta "di contorno". E questo forse mi ha portata a dare una valutazione più bassa rispetto al previsto: ho avuto emozioni altalenanti, un paragrafo si ed uno no, tuttavia adoro lo stile narrativo di Rachel Joyce ed il suo modo di raccontare di sentimenti e di vite umane quindi posso perdonarle questo piccolo "scivolone" e posso consigliarvi la lettura di questo e degli altri suoi romanzi, soprattutto se vi piace leggere di una vita che non è fatta di rose e nuvole morbide, ma anche di tristezze, rimpiante e giornate decisamente storte. E' vero che dopo la tempesta arriva l'arcobaleno, ma è altrettanto vero che la tempesta può essere durissima da affrontare.
«Quale prospettiva? Non posso aspettare Harold. Sono qui per morire.»
Suor Mary Inconnue era ancora china sulla macchina da scrivere. Vedevo soltanto le punte inamidate della cornetta. Era come parlare con un tovagliolo.
Ha detto: «Scusami, ma sei qui per vivere fino a quando morirai. C'è una differenza notevole.»"
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