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[Recensione] La casa della gioia di Edith Wharton

Creato il 08 febbraio 2012 da Queenseptienna @queenseptienna
[Recensione] La casa della gioia di Edith WhartonTitolo: La casa della gioia
Autore: Edith Wharton
Editore: Bookever
Anno: 2006
ISBN: 9788889212110
Pagine: XX-388
Prezzo: 16,00 € Voto: [Recensione] La casa della gioia di Edith Wharton

Trama: Il romanzo, pubblicato nel 1905, racconta la storia di Lily Bart, desiderosa di far parte del bel mondo, al quale si sente destinata da sempre. I genitori l’hanno cresciuta convincendola che quello è il suo posto: le piccole cose, le ristrettezze economiche della sua famiglia prima benestante, non fanno per lei. Le hanno insegnato a vivere nell’eleganza, sognando la leggerezza, l’apparente assenza di asperità di un ambiente di cui non può più fare a meno. Troppo tardi si renderà conto dell’inganno, della trappola nella quale è caduta e di quanto posticcia e crudele sia la casa della gioia, un universo che stenta a tenersi in piedi, pronto a soccombere nei rovesci di fortuna, all’ombra di Wall-Street.

Recensione: Lily Bart è cosciente dei pregiudizi della società in cui vive, li asseconda e li scansa quel tanto che serve per profittarne e non essere sopraffatta.
Si tratta però di un abito stretto da indossare, e fatalmente si tradisce fino a inciampare, cadere rovinosamente. Ma la sua è veramente una caduta?
Non riesce a entrare nel mondo che percepisce estraneo. Per ovviarvi dovrebbe imbalsamare la propria gioia di vivere nei lacci di pregiudizi e di convenzioni sociali,  elementi che, nel frattempo, la respingono.
Lily parte svantaggiata, non è cattiva, non è in grado di offendere e difendersi, “Solo una donna cattiva riesce ad arrivare dove vuole. Per diritto e per rovescio.”
Se non è cattiva è saggia, ma non sufficientemente accorta. Si adegua alle regole, sa che deve calcolare, cercare la giusta opportunità, avanzare e ritirarsi all’occorrenza, attenta a non compiere l’irreparabile passo falso. Cos’altro le manca mai per riuscire? Deve pur esserci anche per lei un posto in quel “mondo di piaceri affollato ed egoistico da cui la povertà sembrava escluderla“.
Ciò che la affascina è la “sicurezza che rende ottusi“, indice dell’altrui elevatezza sociale.
Molto presto lei stessa concluderà che chi è ottuso ha chiusi gli occhi, è perso in pensieri che non sono i suoi, chiassoso e povero in ciò che realizza. E’ ottuso perché “percorre il sentiero della vita senza trascurare di compiere neanche uno dei mille gesti compiuti dai burattini con i quali convive“.
Al contrario di questi, Lily ha una profondità che è d’intralcio, ha la capacità di penetrare i sentimenti altrui, di immedesimarsi e osservare ciò che altri osservano. Forse è utile per le occasioni minori, no nelle decisive.
Pur essendo esiliata, emarginata, accade un fatto curioso: se la mano destra del bel mondo la lascia da parte, la sinistra sembra pronta ad accoglierla, percepisce il fascino straordinario e prestigioso che in lei si nasconde. La vuole e la rifiuta al tempo stesso come lei, nei fatti, vuole e rifiuta allo stesso modo.
Coloro che la attorniano sembrano e sono desiderosi di accoglierla, ma per farlo devono spegnerla, distruggerla, dissiparla, corromperla definitivamente, annullare quello stesso ascendente di cui le donne ingelosiscono. È quanto riesce a significarle Rosendale:
Volevo i soldi e ora ne ho da non sapere come investirli tutti; ma non mi sembra più che valgano molto se non riesco a spenderli per una donna come si deve”.
Il ragionamento di Rosendale per farla cadere è perfetto: “Le piace divertirsi e non dover pagare personalmente, ora quello che io le posso offrire è una vita piacevole, senza la preoccupazione di non dover niente a nessuno.” Lily, pur attratta, non demorde, non cede, simile al Cristo delle tentazioni.
La cosa è evidente e l’ha compresa anche Mrs. Fisher quando di lei dice: “A volte penso che sia solo trascuratezza, ma più spesso sono convinta che lei, nel profondo del suo cuore, disprezza ciò cui sta tentando di arrivare. È la difficoltà di capirla che  la rende così interessante e drammatica.
Il dramma è presto servito: dopo il fattaccio è comodo credere alla furba Bertha Dorset, che si è salvata a spese di Lily, perché ha una grande casa lussuosa, il posto a teatro e in chiesa, non conviene mai scontentare una simile persona. E’ superfluo essere a conoscenza della verità dei fatti.
Bertha Dorset nella sua vittoria diviene sempre più piccola, più insignificante e Lily Bart sempre più grande nella sua disfatta. Nessuno glielo può perdonare, è questa la ragione della sua rovina, per questo è perduta.
Pur potendosi vendicare e riabilitare, Lily Bart non ne vuole profittare. Per non somigliare alla Dorset (e cessare di essere agnello, sebbene tra i lupi) non cerca la situazione di vantaggio. Diversa dagli altri lo sarebbe stata sempre comunque, sentenzia alla fine l’amico: Lawrence Selden.
I due universi che si scontrano, sono due modi distinti e diversi di intendere il fondamento stesso della morale: “Fare il bene ed evitare il male”. Potendo compiere il male, vendicarsi del torto subìto e quindi cessare di essere agnello dato in pasto ai lupi, Lily non ne approfitta. Non rivela il contenuto di certe lettere compromettenti che potrebbero riabilitarla. Preferisce distruggerle: “vendetta e riabilitazione le erano così vicine che l’abbagliavano quasi per la completezza con cui le si presentavano“.
Il bene c’è chi lo ostenta e lo grida ai quattro venti: è quello delle persone (troppo) per bene. Altri invece sanno quanto sia complesso e difficile compierlo, si contentano di non far del male a nessuno e se il bene fanno, è ignoto a loro stessi, come insegna il finale che invito i lettori a scoprire.


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