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Recensione: "La spada di Thorn" di Johanna Lindsey

Creato il 24 agosto 2011 da Lauragiussani

Titolo: La spada di Thorn
Autore: Johanna Lindsey
Editore: RBA
Data uscita: luglio 2010
Pagine: 293
Prezzo: 8,00 euro circa
Per un antico maleficio, quando la sua spada finisce nelle mani di una donna, il guerriero Thorn è costretto ad abbandonare il paradiso vichingo per servire colei che ne è entrata in possesso.
Appare così all'esterrefatta Roseleen serissima docente di storia medievale.
Elettrizzata dalla possibilità di vivere nell'epoca cui ha dedicato tutti i suoi studi, Roseleen non immagina che molto più elettrizzante sarà il fascino del guerriero di cui può disporre a suo piacere.....
La chiamano Maledizione del Bevitore di Sangue. Un nome suggestivo e quantomai appropriato per la bellissima e preziosa spada vichinga di cui Roseleen, giovane docente di storia medievale presso una piccola università statunitense, è riuscita a entrare in possesso. Un nome attribuito a ragion veduta, in virtù del misterioso potere che l'arma esercita: ogni volta che la giovane donna la impugna, un rombo di tuono annuncia l'improvvisa apparizione di un forte e splendido guerriero vichingo, che sostiene di chiamarsi Thorn, il Bevitore di Sangue. Vittima di un arcano maleficio, Thorn, ogni volta che la sua spada cade in mani femminili, è costretto a lasciare il Valhalla - il mitico paradiso vichingo - per trasformarsi in umile servitore delle nuove proprietarie. Ma con Roseleen la sua schiavitù è destinata ad assumere connotazioni piuttosto particolari. L'intraprendente professoressa è infatti assolutamente determinata a scoprire il più possibile sul mondo del suo accidentale servitore e lo costringe a un viaggio indietro nel tempo. Prende così il via un'avventura magica e indimenticabile nel cuore degli eventi medievali, un'avventura destinata a sbocciare in un grande amore che corre il rischio di modificare addirittura il corso della storia... 

RECENSIONE: Pessima lettura: banale e scontata, con due protagonisti ridicoli e insulsi...(Livello spoiler: praticamente assenti)

Non posso dire che Johanna Lindsey sia tra le mie autrici preferite, ma in passato mi è capitato di leggere qualche suo romanzo e di averlo anche apprezzato. Purtroppo, La spada di Thorn, si è rivelata essere invece un’amara, amarissima delusione.
A cominciare dal prezzo, direi. Sì, perché il romanzo sfiora i sette-otto euro (ora non ricordo precisamente, anche perché era riportato solo sull’involucro di plastica che sigillava il libro, e che è finito dritto nel cestino). Ad ogni modo, trovo che sia un prezzo davvero eccessivo, considerate le circostanze.
Contrariamente a quanto si possa pensare, il mio giudizio negativo non poggia sul fatto che il romanzo sembra la brutta copia di un altro libro, “Fantasy lover”, primo capitolo della famosa serie “Dark Hunters” di Sherrilyn Kenyon. Questo perché – diamo a Cesare quel che è di Cesare – Johanna Lindsey ha pubblicato il romanzo diversi anni prima (1995 o giù di lì), mentre il noto urban fantasy ha visto la luce solo sei o sette anni più tardi. Quindi ok, fondamentalmente l’autrice non ha colpa se – prendendo tra le mani il suo libro dopo aver già letto l’altro – si ha l’impressione di trovarsi davanti a qualcosa di “già visto”.
Ma tolta questa precisazione, resta comunque una pessima lettura. Roseleen, la protagonista, è senza ombra di dubbio uno dei personaggi femminili che più ho detestato in questi ultimi mesi. E’ noiosa, banale e tanto scontata da fare pena. Ovviamente non mancano le mille paranoie, le solite uscite che portano il lettore a desiderare di farle chiudere per sempre la bocca (altro che tappargliela con un bacio del bel vichingo… ci vorrebbero dei punti di sutura, belli stretti e non rimovibili).
L’idea di base, in una minima e remota frazione, era anche carina. Un’antica spada in grado di evocare un guerriero vichingo, pronto ad esaudire – si fa per dire – ogni desiderio della sua… Evocatrice? Premesso che ho un debole per gli antichi guerrieri scandinavi e che un protagonista maschile di discendenza vichinga è sempre ben accetto (L’Eric Northman di Charlaine Harris ne è un ottimo esempio), devo però dire che il romanzo della Lindsey è quasi riuscito a farmi cambiare idea anche su questo.
Roseleen assomiglia a una zittella repressa e, indipendentemente da quello che succede, i suoi pensieri convergono sempre e solo su un unico punto. Proviamo a indovinare? Ma certo, la nostra cara Roseleen si ritrova con uno sconosciuto apparso dal nulla – prima in ufficio e poi addirittura nella camera da letto – e ovviamente la cosa più sensata che sa fare è sentirti immediatamente attratta e mettersi a fantasticare sul bellissimo – poteva non esserlo? – esemplare maschile che le sta di fronte.
Thorn, del resto, non se la cava molto meglio. Più che “Thorn, il Bevitore di sangue” io l’avrei chiamato “il Bevitore di Caffelatte”. Parte scontato e termina… Rammollito. Ovviamente, non appena evocato, appare rude e pericoloso, i cui bisogni riguardano esclusivamente il cibo, la battaglia e le belle donne. Niente di nuovo, insomma, eppure il peggio deve ancora venire. Sì, perché la vicinanza di Roseleen non fa che nuocergli ulteriormente, rendendolo protagonista di uscite patetiche, gelosie esagerate (si può essere tanto gelosi… di sé stessi?) e paranoie varie. Lo spirito vichingo deve essergli passato di fianco, una volta e solo di sfuggita. Forse neanche quello.
Il salto nel passato è carino, ma gestito in maniera pessima. L’autrice ha a disposizione ambientazioni storiche davvero affascinanti e ricche di atmosfera, ma sembra non curarsene più di tanto. L’universo mondo deve ruotare attorno ai due piccioncini, e così decisioni di portata spropositata sono messe praticamente nelle loro mani. Passi che, viaggiando nel passato, il loro intervento possa – in minima, minimissima parte – incidere sul futuro. Ma che arrivi addirittura a stravolgere secoli e secoli di storia mondiale, lasciando l’Inghilterra nelle mani della supremazia scandinava e ritardando la scoperta dell’America di oltre un secolo (per non parlare delle varie invenzioni in campo prima scientifico e poi tecnologico) fa leggermente ridere.
E’ ridicolo, certo. E se ci sforziamo di prenderlo per ragionevole, ci troviamo subito di fronte ad una nuova incongruenza. Se davvero il loro intervento nel passato può avere conseguenze tanto vaste, la verifica – al ritorno – che nulla in realtà è cambiato dovrebbe essere quell’attimino più complessa. Invece Roseleen sembra limitarsi a controllare che niente nella sua vita sia diverso da prima (sorvoliamo l’occhiatina ai libri di storia), mentre a conti fatti i destini di molte altre persone potrebbero – a differenza del suo – aver subito delle alterazioni. Insomma, per farla breve, la trama fa acqua da tutte le parti.
Il finale riserva ovviamente il colpo di grazia: insulso e immotivato, tanto per propinare un lieto fine che – diciamocelo – non sa né di carne né di pesce. Considerato che in più punti avrei davvero voluto poter brandire la spada del Bevitore di Sangue e far fuori sia l’uno che l’altra, devo concludere che la lettura è stata veramente pessima. Libro bocciato, su tutta la linea, che racimola un’unica stellina per il semplice fatto che meno di così non posso attribuire.

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