Magazine Cultura
Titolo: La strage dei congiuntivi
Autore: Massimo Roscia
Editore: Exòrma Edizioni
Pagine: 321
Prezzo: 15,50 €
Il mio voto: 4 piume
Trama
Chi ha ucciso l’assessore alla cultura? Ma, soprattutto, chi salverà la grammatica? Cinque bizzarri personaggi, abilmente descritti, si uniscono per mettere in atto un grande disegno criminoso a difesa estrema di una lingua quotidianamente vilipesa, deturpata e ferita a morte. I congiuntivi vengono invertiti con i condizionali, i verbi intransitivi goffamente resi transitivi, i gerundi sfregiati, i sinonimi ignorati, i troncamenti confusi con le elisioni, i vocabolari abbandonati nelle cantine ammuffite. Reggenze errate, fastidiose sovrapproduzioni di avverbi, insopportabili diminutivi iperbolici. Espressioni trite e banali, frasi mangiucchiate, difettose, frammentate, incoerenti, prive di punteggiatura… I più si mostrano indifferenti al progressivo diffondersi della non-lingua; altri si indignano, limitandosi a contrarre le labbra in segno di disgusto; altri ancora – Dionisio e i suoi sodali, un analista sensoriale, un bibliotecario, un dattiloscopista della polizia e un professore di letteratura sospeso dall’insegnamento a tempo indeterminato – decidono di reagire, combattere, attuare il loro salvifico piano, costi quel che costi.
La recensione
La strage dei congiuntivi è e non è un noir ed è e non è un romanzo. Non del tutto, almeno.Quel che è certo è che racconta, servendosi di un linguaggio accurato e con un utilizzo attento e sapiente di argomenti e vocaboli, la storia di cinque improbabili personaggi impegnati nella lotta contro l'imbarbarimento della lingua italiana. Il tutto condito da una buona dose di sottile ed erudita ironia.Un bibliotecario, un professore di letteratura sospeso dall'insegnamento a causa di alcuni problemi mentali – rilevanti aggiungerei –, un dattiloscopista della polizia e un analista sensoriale, normalmente, non presenterebbero alcun tratto comune. Normalmente, appunto.Ne La strage dei congiuntivi, questi apparentemente anonimi personaggi condividono una forte e bruciante passione: la lingua italiana. Si può avere una passione irrefrenabile per l'Ars Grammatica? Sì, il mio professore di italiano, latino e greco al ginnasio ce l'aveva. E la difendeva a spada tratta, maltrattando chiunque sbagliasse un congiuntivo, usasse casualmente i condizionali, sbagliasse a utilizzare apostrofi e accenti, facesse un uso sconsiderato e non ponderato delle consonanti cedendo all'accento della propria zona d'appartenenza (lui, il mio docente, chiamava questi individui "i dinghete e donghete*"). Certo, il mio insegnante del ginnasio non ha mai pensato di punire fisicamente chi, per ignoranza o arroganza, maltrattasse la lingua italiana.
I personaggi della storia di Massimo Roscia, invece, decidono di agire; il primo a farne le spese sarà Gross Donkey, assessore comunale alla cultura, reo non solo di parlare una lingua che, neanche lontanamente, è paragonabile alla lingua italiana ma anche di aver partorito un piano di "ottimizzamento" delle risorse, chiudendo persino la biblioteca comunale. Perché Gross Donkey, come tanti altri nel mondo – purtroppo! – pensano che con la cultura non si mangi, né si facciano soldi e che quindi, giustamente, non è un settore fondamentale per la vita di una piccola cittadina e per la società. L'asfalto lo è, il turismo di massa lo è, gli appalti per i centro commerciali e l'abusivismo edilizio lo sono.
È grazie (o a causa?) del discorso tenuto presso un convegno, nel quale l'assessore relega la cultura a un settore di scarsa importanza e distrugge l'italiano, che il gruppo di fanatici della lingua si unisce e, guidati dalla figura di Dionisio, da quel momento si batterà affinché la lingua non venga più deturpata. Dionisio sceglierà un nuovo nome per ognuno di loro ispirandosi alle figure di importanti grammatici e filosofi dell'Antica Grecia, nomi che serviranno ai cinque giustizieri per trovare la forza e il coraggio di commettere un atto efferato: l'omicidio dell'assessore, il quale abbraccerà la morte a seguito di un trauma cranico, causato da violenti colpi inferti con un bastone d'olivo. Altre vittime seguiranno in questa crociata, tutte colpevoli di contribuire – chi più, chi meno – all'imbarbarimento della lingua italiana.Ma, dicevo all'inizio, questo libro è e non è un romanzo. Sì, perché La strage dei congiuntivi presenta un'infinità di note a piè pagina spesso esplicative, alcune volte superflue, che non si trovano spesso nei romanzi. Molte di queste mi hanno effettivamente insegnato qualcosa, soprattutto quando si riferiscono ad avvenimenti storici particolari, molte altre mi hanno strappato un sorriso. Le mie preferite, a libro concluso, restano le note di Liang Zidian, l'ex bibliotecario vittima dell'"ottimizzamento". Una lettura che mi ha davvero appassionata, portandomi a leggere circa duecento pagine in una sola notte, note a piè di pagina incluse. E, credetemi, quelle note mettono davvero a dura prova l'attenzione di chi legge perché non è sempre saggio dare per scontato ciò che affermano. Una trovata che, personalmente, trovo interessante e soprattutto molto ben sviluppata dall'autore. Un plauso speciale – e so che è una di quelle frasi fatte che tanto farebbero arrabbiare i cavalieri della grammatica – alla gestione dei punti di vista, appartenente a un personaggio diverso per ogni capitolo, e alla spiegazione dettagliata e spesso poetica del significato del numero di ogni capitolo. Un libro certamente impegnativo, ma che diverte e incanta per la sua ironia e per la brillantezza dei dialoghi.
*Dinghete e donghete: a Roma espressione utilizzata per indicare, in tono dispregiativo, le persone provenienti dalla cosiddetta Ciociaria (dintorni di Roma) che, a causa del forte accento, sono riconosciute per stravolgere le consonanti (d al posto della t, ad esempio).
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