Una Germania che dimentica, un popolo che sembra quasi non sapere o non voler ricordare quale sia stato il ruolo del proprio paese nel secondo conflitto mondiale. Il nazismo è stata una macchia indelebile per i tedeschi e a circa 20 anni di distanza è troppo difficile ricordare l’accaduto. Meglio andare avanti, nascondersi dietro uno spesso velo di omertà, troppa è la vergogna per le azioni passate ed è una diretta conseguenza l’integrazione dei nazisti nella società democratica di fine anni ’50.
Con così poca distanza temporale, infatti, l’intelaiatura della società rimane di stampo nazista.
Come viene ripetuto spesso nella pellicola “i nazisti sono ovunque”, nascosti chi più chi meno all’interno della società, liberi perfino di insegnare a bambini nelle scuole.
È in questo scenario che agisce il giovane procuratore Johann Radmann (Alexander Fehling), che proprio grazie ad un caso rigurdante un professore ex nazista, inizia il suo viaggio nei meandri di un ‘labirinto di bugie’ (titolo del film), un’immaginaria architettura sapientemente costruita per nascondere i passati reati degli uomini che tanto male hanno fatto nei campi di concentramento a vittime inermi.
Due ore di pellicola ma un’infinità di emozioni. Un genere, o per meglio dire un periodo storico, già esasperatamente trattato cinematograficamente, ci viene mostrato in una luce nuova.
Il richiamo a Schindler’s List è d’obbligo, capolavoro unico nel suo genere con un punto in comune con Labyrinth of lies: la guerra personale di un sol uomo contro un sistema marcio.
Sembra quasi una staffetta quella tra Shindler e il procuratore Radmann, uno che protegge gli ebrei da uomini feroci e l’altro che bracca questi ultimi dopo qualche anno.
Magistralmente interpretato da Fehling, il giovanissimo procuratore è un personaggio eccezionale. Un uomo forte che si carica responsabilità più grandi di lui, mettendosi contro un’intera nazione: “sarebbe la prima volta che una nazione condannasse i propri soldati” dicono dinanzi alla sua caparbietà, ma è pur sempre un uomo. Difficoltà, solitudine e la sensazione di combattere contro un nemico invisibile saranno per lui lo stimolo inaspettato o la definitiva sentenza di sconfitta.
Labyrinth of lies (Im Labyrinth des schweigens, titolo originale) è un affresco perfetto degli anni 50 in Germania. Il cast (interamente tedesco) si comporta in maniera perfetta, supportato dalla regia eccezionale di Giulio Ricciarelli, alla sua opera prima.
Sceneggiatura, fotografia, locations e colonna sonora sono perfette.
Presentato al Toronto International Film Festival dello scorso anno e selezionato come papabile nominato ai prossimi Oscar nella categoria miglior film straniero, questo film, è pronto per diventare un capolavoro cinematografico mondiale.
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