Autore: Gabrielle Donnelly
Editore: Giunti
Data uscita: 27 luglio 2011
Pagine: 464
Prezzo: 16,00 euro
Lulu è un vero disastro, ne combina una dietro l'altra e, a differenza delle due sorelle, non sa immaginare nitidamente il suo futuro. Passa senza sosta da un lavoretto all'altro, sentendosi sempre più disorientata e insicura. Ma cosa succede se un giorno, in soffitta, mentre rovista in una vecchia valigia alla ricerca di alcune ricette, si imbatte per caso in un plico di lettere scritte nientemeno che dalla trisnonna JoMarch, l'intrepida protagonista di "Piccole donne"? Per Lulu non può esserci rivelazione più grande. Timorosa, ma al massimo dell'eccitazione, serba il segreto tutto per sé e si fa trascinare nel mondo delle sorelle March, pieno di analogie con le inquietudini e le disavventure della sua vivace famiglia. E mentre la saggezza e il coraggio di nonna Jo le scaldano il cuore, Lulu sente crescere dentro di sé una forza inaspettata, che la aiuterà a trovare con passo sicuro la sua nuova strada.
RECENSIONE: Un romanzo che - complice il richiamo al famoso capolavoro della Alcott - crea aspettative elevate, per poi risolversi in un racconto fortemente deludente...
Libro scoperto quasi per caso, giusto pochi giorni prima che uscisse. Quando ho capito che la Jo citata nel titolo era Josephine March, una delle protagoniste dell’intramontabile “Piccole Donne” di Louisa May Alcott mi sono detta che quel libro doveva assolutamente essere mio.E così è stato. Sedici euro non propriamente ben spesi, a conti fatti. La mia perplessità per questi romanzi che si ispirano ai grandi capolavori classici è in costante aumento. Da una parte è innegabile il richiamo pubblicitario sul quale possono fare affidamento. Siamo seri, chi non vorrebbe leggere ancora di Jane Eyre, o delle mitiche sorelle March, piuttosto che di Lizzie e Mr.Darcy? Di contro creano aspettative davvero molto elevate, che vengono poi puntualmente deluse. Come in questo caso.
Così come accaduto tempo fa con “La figlia di Jane Eyre” di Elizabeth Newark (sconsigliatissimo), anche “Le lettere segrete di Jo” si è rivelata una lettura di cui avrei fatto volentieri a meno. Io credo che la magia di “Piccole Donne” fosse in gran parte dovuta all’ambientazione. Trasportare il tutto nel nostro secolo, al giorno d’oggi, risulta in una totale perdita di fascino.Le protagoniste, Emma, Lulu e Sophie dovrebbero ricalcare – rispettivamente – Meg, Jo ed Amy. Beth è stata tranquillamente eliminata, probabilmente perché nel romanzo della Alcott va incontro a una morte prematura, e le “ragazze” di Gabrielle Donnelly sono decisamente più cresciute delle loro “antenate”.Non siamo più nel Massachussets , durante la Guerra Civile, bensì nella Londra odierna. L’autrice ricostruisce un rapido albero genealogico caratterizzato da generazioni e generazioni di Josephine, diversamente soprannominate. Fino a quella lontana bis-bis-bis-e qualche altro bis-nonna Jo, di cui si è quasi persa la memoria. Se non fosse che Lulù – la Jo dei nostri tempi – trova in soffitta un borsone con alcuni vecchi oggetti e delle lettere. Lettere che nella maggior parte dei casi portano la firma di Jo (e questo è un piccolo controsenso, perché se le ha scritte, dovrebbero essere poi rimaste in possesso del destinatario no? Ha già più senso per esempio la lettera che Jo riceve – e poi evidentemente conserva – da parte di Meg)E’ un romanzo un po’ confusionario, privo di personaggi capaci di lasciare il segno. La Donnelly non si fa mancare nemmeno la controfigura del professor Baher – qui nelle vesti del docente universitario Tom – sebbene il rapporto che si instaurerà tra lui e Lulù non sarà affatto quello ipotizzato. Emma non è solo pacata e di buone maniere, è proprio un concentrato di noia assoluta. Sophie, invece di ricalcare la frivolezza capricciosa della piccola Amy, sfoggia una superficialità fastidiosa che sconfina spesso nell’ottusità. La trama procede mollemente, e volge al termine senza che la storia abbia trasmesso la benché minima emozione.Avrei letto per ore e ore delle sorelle March, del loro rapporto così speciale, divertente e sentito, carico di risate e preoccupazioni, di gioia e dolore, spensieratezza e quotidianità. Invece mi sono ritrovata a ringraziare il cielo quando ho finito questa sottospecie di “sequel”, augurandomi di dimenticarlo alla svelta.Il rapporto tra Emma, Lulù e Sophie dovrebbe essere la colonna portante del romanzo, ma al contrario lo appesantisce, complici i molti battibecchi rivisitati che di genuino e curioso hanno ben poco. Mi ha ricordato più una sit-com tutta al femminile, che il capolavoro della Alcott.L’unico aspetto apprezzabile sono le lettere di Jo, piccoli tuffi nel passato riproposti in una sequenza temporale del tutto casuale, ma che permettono al lettore di trarre un breve sospiro di sollievo tra un capitolo e l’altro, godendo per brevi istanti di quel magico passato che sperava in qualche modo di ritrovare, prima di dover fare i conti con il barboso capitolo successivo, e venire inevitabilmente a patti con la realtà.Concludendo, due stelline sole. E un consiglio per tutte le fan delle sorelle March: riprendete in mano il romanzo della Alcott e rileggetelo con piacere. Il vostro tempo – e il vostro denaro - sarà speso infinitamente meglio.