[Recensione] Le maniglie dell’amore – Kay-Marie James

Creato il 27 agosto 2013 da Queenseptienna @queenseptienna

Titolo: Le maniglie dell’amore
Autore: Kay-Marie James
Editore: Salani
Traduttore: Valentina Daniele
ISBN: 9788884514615
Num. Pagine: 211
Prezzo: 12,50€
Voto:

Trama:
Chi cucina da sempre a casa Kigler è Harry: appassionato buongustaio, da venticinque anni delizia se stesso e la sua famiglia con ogni sorta di manicaretti. Finché il suo medico lo avverte: il suo corpo è una mina pronta a esplodere. Per amore della propria salute, Harry si mette a dieta e smette di cucinare. D’ora in poi ai fornelli ci sarà Francie, la moglie: costretta ad arrabattarsi in un compito che sinora aveva avuto la fortuna di evitare e allarmata alla prospettiva di un marito inaspettatamente bello e affascinante, non solo per lei.

Recensione:
Precisazione: nel web si viene a scoprire che Kay-Marie James è lo pseudonimo di un’autrice che ha adottato un nome fittizio per cimentarsi in questo romanzo che viene definito “ironico”. Non ho idea di chi sia realmente costei, ma spero che non le venga più in mente di fare una cosa simile.
Partiamo dal fatto che leggendo la trama, la prima cosa che viene in mente è che si tratti di un chick-lit, quindi più o meno si sa già cosa aspettarsi. Perché ho deciso di leggerlo comunque? Ogni tanto sento il bisogno di farmi del male.
Leggendo però sono giunta ad avere due impressioni contrastanti.
La prima è che sono presenti elementi assolutamente incredibili. La figlia ventitreenne della coppia è un superultramegagenio che seppur così giovane ha già un divorzio alle spalle che le ha fruttato un mucchio di soldi, ed è talmente dotata che ha un lavoro che le permette di nullafare la stragrande maggioranza dell’anno e di poter andare in giro per il mondo alloggiando in lussuosi hotel. Il figlio liceale della coppia invece è un maestro dell’informatica, che si diploma con un anno in anticipo e con il posto assicurato al college tanto che il suddetto college lo reclama pochi giorni dopo il diploma. Ah-ah.
Una delle differenze più palesi che ho riscontrato leggendo chick-lit inglesi e statunitensi (non che in effetti ne abbia letti molti, ma sono particolari che saltano all’occhio) è che le autrici americane tendono a strafare. Almeno metà dei membri della famiglia presa in causa deve essere al di sopra della norma, devono essere geni (ovviamente compresi dalla società), guadagnano fior di quattrini nonostante magari non siano neanche maggiorenni, vengono contesi da mezzo mondo, sono perfetti, trovano il vero amore e tutti si rendono conto che saranno coppie che dureranno per sempre, sono permeati di numerosi piccoli dettagli che li rendono degli ideali. Con la conseguenza di renderli personaggi inutili e irritanti. Amber e Jason non fanno eccezione.
La seconda impressione che ho avuto durante la lettura è che l’autrice abbia voluto raccontare una storia dalla base seria ma ficcandola a forza in un contesto frivolo.
La trama di fondo è interessante: marito e moglie per far fronte ai problemi di salute di lui decidono di cambiare radicalmente dieta e quotidianità. Quindi d’ora in poi lui fuori dalla cucina ma spedito a un corso che gli insegnerà a mangiare meglio e a volersi bene come persona, e palestra. Lei si deve dividere tra lavoro e casa, prima godendosi i benefici del nuovo stile di vita, ma poi rendendosi conto che non è tutto rose e fiori.
Dico che la trama di fondo è interessante perché i percorsi psicologici della protagonista sono intensi, concreti, e soprattutto realistici nelle loro problematiche. C’è l’analisi della psiche di Harry – il marito – e del fatto che il suo carattere introverso e remissivo è frutto del disagio del sentirsi grosso e rifiutato dalla società, disagio che si traduce nell’insoddisfazione verso il proprio lavoro. C’è la consapevolezza della protagonista che a lei Harry piaceva con qualche chilo in più proprio perché era certa che nessun’altra donna lo desiderasse e questo la faceva sentire al sicuro. C’è il complesso, doloroso rimettere in discussione il loro rapporto quando si rendono conto di essersi allontanati e di aver innescato una serie di cambiamenti nelle loro esistente, a cui però si sono adeguati con due velocità e maniere diverse. C’è la burrasca, il culmine dei contrasti che sfocia in una crepa sentita, difficile, che porta sul bilico di una svolta che – in un chick-lit, rendiamoci conto – per una volta potrebbe distruggere una coppia invece di formarla.
E poi?
Poi c’è il finale che affossa tutto il buono che c’era stato fino a ora.
Finale assurdo in cui le questioni che avevano rischiato di far naufragare il matrimonio vengono ignorate, un colpo di spugna e improvvisamente tutto è tornato alla normalità, niente più senso di tradimento, niente più senso di inadeguatezza, niente più senso di distanza. Tutto torna perfetto e il lettore si chiede se per certa gente sia davvero questa la dinamica di un matrimonio.
La trama – ramificata, intrigante, attuale nonostante il romanzo abbia una decina di annetti – è stampata su un contesto che vorrebbe essere leggero e godibile come un libro rosa da spiaggia, pretendendo addirittura di essere definito “humor” per il pubblico femminile. Qui di humor c’è davvero poco e niente, anzi, fa un po’ cascare le braccia per la superficialità.
È un peccato perché le potenzialità per essere una buona opera c’erano, ma mi ripeto.
Spero che all’autrice non salti più in mente di provare un genere che evidentemente non è il suo.


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