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[Recensione] Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci

Creato il 25 marzo 2012 da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci

Titolo: Lettera a un bambino mai nato Autore: Oriana Fallaci Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Collana: Opere di Oriana Fallaci Data di pubblicazione: Aprile 2009 Genere: Narrativa contemporanea ISBN: 9788817028370 Prezzo: € 10 Pagine: 131 Voto: [Recensione] Lettera a un bambino mai nato di Oriana Fallaci Buonsalve a tutti voi, lettori di Scrittevolmente! Anche stavolta vi presento un libro di Oriana Fallaci, il secondo dei suoi che leggo e sinceramente parlando, ho la certezza matematica che ciò avrà un seguito certo. Amo il modo di scrivere di questa donna, questo far affondare il lettore nella propria anima, senza censure e paura, la sua disillusione verso il mondo, la sincerità. Ma bando alle ciance, che la recensione abbia inizio! Trama: Semplice, nitida, pulita. Sintetizzando ulteriormente, il succo della faccenda è questo: una donna sola e il suo bambino.
Stanotte ho saputo che c’eri: una goccia di vita scappata dal nulla.
Da qui si snoda l’intero dialogo unilaterale, da una madre verso il figlio. Dialogo pieno di se e ma. Mettere al mondo un figlio, perché? Per chi? La maternità è solo un atto di puro egoismo, per rispettare la morale, o  d’amore verso un bambino che desidera nascere? Un regalo o una costrizione? Aborto equivale ad omicidio? Così lei racconta al feto fiabe autobiografiche che dipingono la vita come un percorso costellato di soprusi e ingiustizie e lo rende partecipe delle sue ansie, angosce, paure, perplessità. Problemi non da poco, vista la data di uscita del libro. Nel 1975 le pressioni sociali avevano un enorme peso, rispetto ad oggi. Inquadrando la donna in un certo modo, relegandola sempre negli stessi spazi, ne limitavano la libertà. Così, un uomo che quando resti incinta ti abbandona, un capo che pretende che nonostante una gravidanza difficile non trascuri il lavoro, medici, genitori, amiche con pareri  dissonanti, creano le perfette condizioni di una tragedia purtroppo già annunciata. Recensione: 
Tu sei morto. (…) Ma non conta. Perché la vita non muore.
Questa volta ho voluto essere trasgressiva e partire dal finale, che omettendo alcune parti non è poi un grande spoiler, dato il nome del libro. Perché vi chiederete, incominciare proprio da lì?! Perché è la frase che più delle tante memorabili, mi ha mozzato il respiro. “Ma non conta. Perché la vita non muore.” In una riga è racchiuso l’intero senso dell’intera storia, la celebrazione della vita attraverso la morte. E’ così, che qualcosa di tetro e oscuro, come un bimbo che abbandona il mondo a cui non ha fatto neanche in tempo ad affacciarsi, diventa quasi un rituale, una purificazione necessaria, attraverso la quale si arriva ad una comprensione di livello più elevato: la vita non muore. Il mistero dell’esistenza è qualcosa di magico, che non cessa di essere, né varia con le singole persone. E’ a prescindere da noi, il motore del mondo. Quando la vita è linfa in sé, motore in sé, la sua grandezza supera di gran lunga i problemi, le miserie, le imperfezioni degli uomini e guarda l’universo dall’alto, eppure l’universo stesso ne fa parte. Penso che sia proprio alla luce di questa rivelazione, che riflessioni come queste, per quanto profonde, acquisiscano un valore differente dall’apparente cinismo col quale si travestono.
Sono secoli, sono millenni che la gente mette al mondo figli fidando nel domani, sperando che domani essi stiano meglio di loro. E quel meglio si risolve al massimo nella conquista di un misero termosifone. D’accordo, un termosifone è una gran cosa quando si ha freddo: ma non ti dà certo la felicità e non difende affatto la tua dignità. Col termosifone continui a subire prepotenze, dispiaceri, ricatti, e il domani resta una bugia.
La disillusione, la durezza di questa madre nel raccontare il mondo ad un bambino, a parer mio non è altro che il manifestarsi di un inconscio istinto di protezione, che la porta a mettere l’aspirante nascituro in guarda, spiegandogli che vivere non è semplice e quasi sempre significa lottare.
Ora ti chiedo se sei disposto a correre il rischio di lavare le mutande degli altri e scoprire che il domani è un ieri. Tu che te ne stai dove ogni ieri è domani, e ogni domani è una conquista. Tu che non conosci ancora la peggiore delle verità: il mondo cambia e resta come prima.
E’ proprio l’apparente disillusione, il pessimismo di questa donna, (che per esser resa universale non ha né nome né età) che infine, a sorpresa, ne rivela il viscerale amore per la giustizia e attaccamento alla vita. Lo consiglio a chiunque voglia riflettere e provare un’emozione che buchi il cuore. Con questo vi saluto, lasciandovi ancora in balìa delle parole di una maestra di penna a cui non sarei degna neanche di allacciare le scarpe
Per non avere bambini, dicono, basterebbe diventare casti. D’accordo: visto che è un po’ difficile stabilire chi debba esser casto e chi no, diventiamo tutti casti e trasformiamoci in un pianeta di vecchi. Milioni e milioni di vecchi incapaci di generare, mentre la razza umana si estingue, come nei racconti di fantascienza ambientati su Marte, sullo sfondi di meravigliose città che si sgretolano: abitate solo da fantasmi. I fantasmi di tutti coloro che avrebbero potuto essere e non sono stati. I fantasmi dei bambini mai nati.

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Da Roberta Cavallaretto
Inviato il 11 settembre a 15:10

Ho letto il libro, lo consiglio veramente a tutti.