Titolo: Mani Calde
Autore: Giovanna Zucca
Editore: Fazi Editore
ISBN: 978-88-6411-274-9
Prezzo: 16,50 €
Numero pagine: 230
Voto:
Trama: Davide ha nove anni e proprio non ne vuole sapere di andare a comprare le cose per la scuola: la mamma insiste e quel banale tragitto tra la casa e il negozio si rivelerà fatale. In coma,tra il sonno e la veglia in cui è costretto, Davide sente e “vede” le persone, distraendosi con le storie degli altri: storie di ospedale, di infermiere e lotte fra medici, come quel “dottore antipatico” che tenterà l’impossibile per salvarlo. Un rapporto speciale fatto di empatia e sensazioni che superano l’apparenza si formerà fra il medico e il ragazzino. Eppure il primo è un uomo schivo, scorbutico, un dio nel proprio lavoro ma incapace di gestire i rapporti umani; l’altro è immobile sul un letto, in condizioni disperate.
Recensione: ci sono libri che ti appassionano fin dalle prime pagine: non è il caso di questo libro. Le prime pagine scorrono lente, i personaggi mi sembravano molto strereotipati. Il dottor Bozzi mi ricordava il Dottor House, Davide mi sembrava non avere niente di particolare. Ho deciso di continuare nella lettura e non me ne sono pentita: il libro diventava più scorrevole, i personaggi si distinguevano sempre di più da quelli banali che mi ero immaginata all’inizio, la trama si faceva più coinvolgente. Mi sono divorata le ultime cento pagine durante un viaggio in treno, ho trovato il finale un po’ amaro ma imprevedibile.
Continuo a pensare che la figura del medico cinico che si fa odiare da tutti ma bravissimo in quello che fa sia di base troppo simile al Dottor House, sebbene ci siano delle differenze, ma è giustificato dalla trama. La vicenda si svolge perlopiù in ospedale e i particolari medici non sono esageratamente tecnici.
Tra i personaggi quello che ho gradito di più è l’acculturatissima prostituta Patti, personaggio piuttosto profondo. Ho ritenuto però ingiustificato il suo italiano: legge trattati di filosofia in italiano, si dice che parli altre quattro lingue, eppure si esprime in maniera a tratti grottesca.
Ho trovato inoltre che il rapporto che si viene a creare tra Bozzi e Davide venga spiegato in un modo un po’ troppo frettoloso.
Nonostante i problemi che ho esposto prima, la storia riesce nell’intento di coinvolgere e commuovere il lettore.
La narrazione è molto irregolare: passa dalla terza alla prima persona, cambiando ripetutamente narratore. Il libro comincia con un lieto fine: Davide torna a casa dall’ospedale, ci si ritrova quindi a percorrere ciò che ha portato tutti i personaggi a quel finale.
Il nome del bambino protagonista è simbolico: così come Davide sconfisse Golia, lui si ritrova a combattere contro la morte, aiutato da Pier Luigi Bozzi, soprannominato “cafone” da tutta l’equipe di medici e infermieri. È una storia d’amore, diversa però da qualsiasi altra: è l’amore di un dottore per il suo piccolo paziente, talmente importante da scalfire la sua corazza. Il bambino sa che non può essere cattivo perché ha le mani calde, al massimo può fingere di esserlo. Nonostante il coma di Davide, i due protagonisti riescono comunque a comunicare senza bisogno delle parole. Davide è perfettamente cosciente, imparerà a conoscere e a capire tutti, affezionandosi a loro senza neanche mai aver parlato con nessuno. Sono tanti personaggi, come in ogni ospedale ci sono persone di ogni genere, eppure l’autrice riesce a caratterizzare ognuno di loro.
L’epilogo ci permette di dare uno sguardo al futuro dei personaggi, non solo di quelli principali, ed è una delle parti migliori dell’intero libro.
Nel complesso, un buon libro che non lascia indifferenti.