Titolo: Musica distante
Autore: Emanuele Trevi
Editore: Ponte Alle Grazie
Anno: 2012
ISBN Libro: 9788862207713
Num. Pagine: 160
Prezzo: 13,00 €
Voto:
Contenuto: Che cosa può la grande letteratura – quella di Dante e Apuleio, Virginia Woolf e Leopardi, Conrad e Dostoevskij, Melville e Joyce, Rilke e Yeats, i numi tutelari di questo libro – insegnare sul Bene? Trevi lo racconta in un breve libro, oggi ripubblicato in una nuova edizione rivista e accresciuta dopo un decennio di assenza dalle librerie, i cui capitoli sono dedicati ad altrettante virtù della tradizione cristiana: fede, speranza, carità; prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. Svincolate dalla loro dimensione religiosa, non perciò dal loro intimo nucleo spirituale, le virtù, parole che paiono sull’orlo del definitivo tramonto, riprendono forza e vigore se illuminate – con la sapienza di Emanuele Trevi – dalla tradizione letteraria occidentale.
Recensione: Pubblicato per la prima volta nel 1997, e qui riproposto e accresciuto, il volume è la rivisitazione della grande letteratura del presente e del passato attraverso una griglia tutta particolare. Le opere passate in rassegna vengono classificate e analizzate seguendo lo schema delle virtù teologali (fede, speranza, carità) e cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) nate dal connubio tra cultura pagana e cristiana.
In questa griglia (ma ciascuno può costruirne di proprie) si afferma la sovranità del lettore: come nessuno può sognare il sogno di un altro – spiega Trevi – nessun lettore può tradurre quel che legge alla maniera di un altro. Se dessimo da leggere un racconto a dieci persone diverse, avremmo dieci resoconti distinti, più un undicesimo, la sintesi dei dieci:
Da questo punto di vista il singolo individuo, nell’esercizio della soggettività, è una specie di Arca di Noè, un luogo di salvezza e di transito.
A titolo di esempio è sufficiente pensare ad altri libri dello stesso genere:
Italo Calvino, I libri degli altri -Einaudi
Italo Calvino, Lezioni americane - Mondadori, alle quali Emanuele Trevi si ispira in questa raccolta di saggi,
Pietro Citati, La malattia dell’infinito, la letteratura del Novecento – Mondadori
Walter Mauro, Elena Clementelli, La trappola e la nudità , lo scrittore e il potere - Giulio Perrone Editore
Come si vede la griglia è probabilmente un pretesto, scelta quasi casualmente dall’autore; poteva prediligerne altre. Si tratta però di un pretesto azzeccato perché le virtù, come la letteratura, stanno perdendo terreno se non significato, usurate, sbiadite dall’uso , rappresentando sempre più spesso gusci vuoti, difficili da riempire, o riempiti a sproposito.
La cosa interessante è che non ci vengono offerte definizioni ma esempi tratti da storie, racconti, dalla nostra cultura. Anche una definizione mandata a memoria, in fondo, lascia il tempo che trova. Ciò che serve con urgenza è l’esempio. Non per nulla i testi evangelici più che di definizioni, abbondano di ammaestramenti.
Vediamo di dire qualcosa in merito ai saggi qui presenti.
La fede, per esempio, è l’occasione per parlare di opere come L’asino d’oro (o Metamorfosi) di Apuleio, dove si narra la fiaba (o il mito che dir si voglia) di Amore e Psiche, e nella quale la fede imposta si fa barriera a una conoscenza che travalica l’umano. Dietro la fede vi è un interdetto divino, fatto tuttavia apposta per essere violato. Perché se l’uomo non lo conoscesse, forse non lo violerebbe. Ma non è detto: qualcosa ci dice che Psiche avrebbe prima o poi contravvenuto al divieto di guardare in viso Cupido, anche senza l’inganno delle sorelle.
Psiche non avrebbe mai dovuto vedere il volto del suo sposo, ma proprio perché il divino in qualche modo si è rivelato, la fede, come per l’apostolo Tommaso, non basta più: si desidera non solo toccare ma vedere, ricevere la prova provata, rendere visibile e tangibile quello che in realtà non lo è mai stato o non lo sarà più.
La carità sfiora due opere notevoli, una nota, l’altra forse un po’ meno: Il medico condotto di Franz Kafka e San Giuliano Ospitaliere di Flaubert, quest’ultimo contenuto nei Tre racconti (Trois contes), dal quale il primo sembra essersi ispirato. Dalla loro lettura scaturisce che carità significa entrare fisicamente nel dolore dell’altro, in modo da lenirlo. L’indagine medica, la diagnosi e la cura sono ciò che accomuna colui che cura il corpo e colui che cura lo spirito:
Alla naturale repulsione per le orribili piaghe del malato (…) subentra nel santo, come nel medico di Kafka, la vertigine di una adesione illimitata.
La fortezza e la temperanza introducono Dante e il suo profondissimo rispetto dei limiti della condizione umana. Si tratta infatti di virtù che vegliano sui limiti stessi, affinché non vengano superati con grave danno, proprio laddove la via si biforca (tra sensus e ratio, tra istinto e consapevolezza), col rischio di perdersi (Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, che la dritta via era smarrita…). In Dante, a ben vedere, appare un monito di segno contrario: perché se non si fosse perduto, se non avesse inviso fortezza e temperanza, non avremmo avuto la Commedia.
Per converso si parla poi di un’opera che ignoravo completamente: i diari di Etty Hillesum, vissuta tra gli orrori del nazismo, al quale si oppose con il distacco, l’astrazione. Così facendo contrastò il male della storia, recuperando le forze e il coraggio di pronunciare il nome di un Dio che, di tutta evidenza, era stato messo da parte. Solo allora conquista una sorta di invulnerabilità, nessuno può arrecarle veramente danno:
La gente non vuole riconoscere che a un certo punto non si può più fare, ma soltanto essere o accettare (Etty Hellesum).