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Recensione ~ “My dilemma is you 1” di Cristina Chiperi

Creato il 19 febbraio 2016 da Ceenderella @iltempodivivere

È stato durissimo scrivere questa recensione ed è ancora più difficile pubblicarla. Ho letto pareri contrastanti, persone che credono non si debba sparare sulla Croce rossa di una ragazza di appena sedici anni e chi invece ne dice di cotte e di crude. E ho quindi pensato a lungo, prima di scriverla e dopo averlo fatto. Però poi ho deciso che un libro dal momento in cui vede la luce diventa dei suoi lettori e, fintanto che le critiche sono moderate e sensate, è sempre bello poter scambiare i propri pareri su quello che si legge. Per cui vi invito a dirmi tutto quello che pensate di My dilemma is you, a criticare quel che dico o ad aggiungere altro se vi aggrada. Sono tutt’orecchi!

My dilemma is youMy dilemma is you 1
di Cristina Chiperi


EDITORE: Leggereditore
ANNO: 2016
PAGINE: 322
La serie My dilemma is you è così composta:
#1 My dilemma is you 1 | #2 My dilemma is you 2 | #3 My dilemma is you 3


Christina Evans ha sedici anni, vive a Los Angeles e frequenta il terzo anno dell’high school. Tra feste, amici e buoni voti, la sua è una vita perfetta. Finché la sua famiglia non decide di trasferirsi a Miami, e per Cris cambia tutto. Da un giorno all’altro viene catapultata in una nuova città e soprattutto in una nuova scuola. Nonostante senta la nostalgia di Los Angeles, riesce rapidamente ad ambientarsi e a stringere amicizia con gli studenti più popolari. Tutti la accolgono calorosamente… tutti tranne Cameron e la sua ragazza Susan, da subito ostili nei suoi confronti. E così, tra grandi e piccole difficoltà, Cris trova una nuova amica, Sam, e un nuovo amore, Matt. Ogni cosa sembra procedere nel migliore dei modi, ma come spesso accade nelle faccende di cuore, i giochi sono destinati a complicarsi. Col passare del tempo, Cameron e Cris comprendono che l’antipatia che provano l’uno per l’altra nasconde in realtà un sentimento ben diverso, e accettare e assecondare questa scoperta vuol dire mettere di nuovo tutto in discussione…



· Recensione ·

Questa non è una recensione che avrei voluto scrivere, anzi. Mi sento sempre parecchio in colpa nel bocciare un libro di un’esordiente ma penso che, se dette nel modo giusto, le critiche siano sempre positive e possano aiutare qualcuno, quindi ho rivisto la mia idea ed eccomi qua, a parlarvi di My dilemma is you e di quel che ho pensato leggendolo. Non ho alcuna intenzione di offendere una ragazzina e chi ha apprezzato la sua storia prima ancora che venisse pubblicata da una casa editrice, quand’era soltanto un capitolo dopo l’altro da caricare su Wattpad, perché so cosa significa, me lo ricordo bene e ho vissuto a lungo su Efp per poter provare empatia e sono abbastanza grande da capire che certe cose le ho scritte anche io, le leggevo anche io, facevano sognare anche me a quell’età. Tuttavia, c’è una ragione se una fanfiction è tale e spesso e volentieri dovrebbe rimanerlo: perché si fonda su basi differenti, su concetti di scrittura diversi. Non necessariamente incompatibili ma se davvero la si vuol far divenire un romanzo occorre una riscrittura e un lungo processo di editing formale prima ancora che contenutistico che qui sembrano esser stati saltati in blocco, visti gli errori grammaticali che si rincorrono e le infelici strutture che all’orecchio suonano male e visti anche l’abbozzo che sono i personaggi, mancando di sfaccettature e personalità, e la trama stessa, ripetitiva e fatta di continui ribaltamenti e cliffhanger a conclusione di capitolo, troppi per non ricordare lo svolgimento, appunto, di una fanfiction. Ma proviamo ad andare con ordine.
Christina è una ragazzina di sedici anni che di punto in bianco viene a sapere dai suoi genitori che da Los Angeles si trasferirà a Miami in seguito a una promozione del padre. Dovrà quindi cambiare scuola e mettere chilometri e chilometri tra sé e i suoi due più cari amici, o quelli che lei definisce tali ma rimpiazza il giorno stesso dell’arrivo nella nuova città e che non sentirà mai, se non raramente quando la storia è in stallo e occorre buttarci un po’ di suspense alludendo a un problema di uno dei due, di cui lei comunque si preoccupa meno di zero. Questo perché a Miami è impegnata a frequentare altra gente, a mettersi con un tipo tanto per far qualcosa e a litigare con quello che sappiamo dal primo istante diventerà il tipo di cui si innamorerà (sorvolerò sul fatto che l’abbia sognato prima di conoscerlo, dai) e che ci viene presentato dagli altri come una persona buona e gentile, salvo poi esser mostrato costantemente mentre si getta di faccia nelle zuffe, offende sua sorella random e abbaia contro chiunque, compresa Cris, colpevole a suo dire di stuzzicare la sua ragazza, aspirante mean girl che alle ben più famose protagoniste del film ha in realtà molto da invidiare e appare piuttosto come la bulletta del quartierino che nessuno contraddice per quieto vivere. Ad ogni modo, questo sommariamente è ciò che avverrà per l’intera durata della narrazione – prolissa per di più, se consideriamo che non ha davvero uno svolgimento e conta più di trecento pagine. Quello che, però, manca è il perché: mai ci viene spiegato perché Cameron e Cris non si possano vedere, perché lui stia con la sua ragazza anche se poi si accorge che è una squinternata da cui stare alla larga, perché Cris si metta con un tale che si chiama Matt dal niente e pur provando qualcosa a metà tra l’odio e l’amore per Cam, perché tutti i maschi nel raggio di trenta miglia sbavino per lei che non è niente di che e anzi pure una che ama fare la vittima della situazione, perché Cam auguri la morte alla sorellastra Sam – nuova migliore amica di Cris – a targhe alterne. E potrei andare avanti all’infinito, perché tante sono le domande che avrei voluto veder trovare soluzione ma che rimangono appese in aria, senza un approfondimento, proprio come i personaggi a cui sono rivolte.My dilemma is you
Personaggi che fanno sempre e solo due cose: se sono maschi si passano le mani tra i capelli e allungano le mani sulla loro ragazza, se sono invece femmine bevono frullati e ridacchiano. Poco altro. Tranne forse il modo in cui Cameron tratta Christina che, spiace dirlo davvero, è l’ennesima rappresentazione del bad boy uscito dalla caverna con la clava (che poi sarà santificato dalla pudica di turno). Lui non le parla, le urla contro o grugnisce. Non le prende la mano, la trascina, prende per le spalle, sposta di peso, sbatte contro gli armadietti, conduce dove gli pare e piace e guai a contraddirlo. Così per tutto il romanzo, dimostrando quasi con le parole utilizzate, inconsapevolmente forse, la mancanza di quell’amore che le parole dette invece fanno supporre (nel finale). Anche perché, dell’amore, c’è poca traccia e non se ne capisce la ragione. Trattandosi, infatti, di personaggi di poco spessore, che si vedono precipitare addosso a ogni capitolo nuovi eventi e litigate, non ci si prende il tempo per approfondirli, mostrare le loro emozioni o la loro assenza e rendendoli invece solamente macchiette che parlano e si muovono a caso. I dialoghi, poi, sono al limite del trash fantascientifico: non mandano avanti l’azione e in realtà quando due personaggi parlano sembra che nemmeno si ascoltino ma dicano cose a casaccio come in una puntata di The lady. Caso limite è un dialogo di Cris con la madre dopo la scoperta della morte dell’amica:

«Cass è morta» dico appena si chiude la porta:
«Cosa?» fa lei sconvolta.
«Sì, ho letto la notizia su internet. Mamma, ho bisogno di tornare a Los Angeles!» La supplico, certa che possa capire.
«Dio mio… com’è possibile? Sembrava una ragazza così tranquilla… Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da Cassandra.»
«Mamma, il giorno del suo funerale… devo esserci! Ti prego!»
«Cris, non possiamo partire così all’improvviso… Cassandra è stata una persona importante per tutti noi, e andremo a Los Angeles appena ne avremo la possibilità… ma dubito questa settimana» risponde seria.
«Mamma, ma io devo andarci!»
«Cris… Cass non c’è più… È normale che tu sia sconvolta, piccola mia… Parlerò con papà e vedremo il da farsi… Tu intanto, però, devi sforzarti di reagire, e andare avanti con la tua vita…»

Ci tengo a precisare che: 1) i due punti della prima frase sono nel testo in e-book che ho. Spero nel cartaceo si sia revisionato ulteriormente ma non posso dirlo con certezza; 2) la madre ha appena saputo che è morta l’amica del cuore di sua figlia ma non sa come e già blatera che non sembrava una cosa da lei. Non è dato sapere di cosa stia parlando, se, appunto, ancora non sa che si tratta di un’overdose di eroina ad averla uccisa ma fingiamo che vada tutto bene; 3) ripeto: è appena morta l’amica di sua figlia e questa sta parlando di godersi la vacanza ad Aspen, che mica si può disdire già che si è lì per andare a uno sbattimento di funerale oh; 4) tutti questi punti di sospensione mi hanno dato il mal di mare ma spero che voi siate messi meglio di me; 5) non è che la signora corra ad abbracciare la figlia o si preoccupi di come reagirà a una notizia sconvolgente del genere, le dice semplicemente di passarci sopra, che Cass è morta e lei no quindi scialla. Comunque, questo è un dialogo-tipo che si può trovare in My dilemma is you: se si tratta con tanta superficialità una morte adolescenziale e la droga, si può forse sperare che tutto il resto sia messo meglio?
E difatti, eccoci all’ambientazione: siamo a Miami ma potremmo essere anche a Londra visto che piove sempre e la maggior parte delle scene si svolgono in interni poveri di descrizioni per cui sì, potremmo essere davvero in un altro posto, tipo in Norvegia, tanto non sarebbe cambiato niente. L’unica cosa di americano che c’è è la presenza degli armadietti a scuola, poi nemmeno nello sport si fa qualcosa di tipico, nominando il calcio come se fosse un vanto nazionale e dimenticandosi dei fratelli maggiori, ben più praticati e osannati, il rugby e il football americano. Ma a parte questo, il vero problema è che Miami conta, stando a Wikipedia, poco più di quattrocentrotrentamila abitanti ed è quasi impossibile incontrare nel raggio di dieci metri, il primo pomeriggio arrivati in città, tutti o quasi i ragazzi che si avranno nella propria classe. Personaggi che verranno descritti (e che ci si ricorda solo per questo) soltanto col loro colore di capelli o di occhi o perché incarnazione di un sentimento, quell’unico che avranno per tutto il libro: tipo, Matt è il maschio alpha, Cameron il bipolare di cui ormai si è sdoganata la presenza nei romanzi rosa come oggetto sessuale appetibile, Susan la bulla cattiva che ce l’ha col mondo a priori, Sam la emo depressa con tendenze autolesioniste e via dicendo.
Prima di concludere, qualche appunto sull’editing, che se c’è stato non ha fatto i miracoli sperati: davvero non si riesce a tradurre “high school” con “liceo”? Non credo sia così complicato, dai. E davvero è difficile aiutare una ragazzina a capire che la scuola negli Stati Uniti funziona in modo differente da come lo fa qui? Già che non si sappia che i dormitori siano sempre e comunque in edifici a parte e non sopra la scuola mi sembra grave, ma si può sorvolare, però proprio il fatto in sé dei dormitori in un liceo mi fa pensare, trattandosi solitamente di residenze per universitari e non per liceali. Insomma, io non penso sia poi così un problema farcela. Così come davvero si può pensare che “mare” sia sinonimo di “oceano”, visto che così ci viene descritto ripetutamente l’oceano Atlantico? E ancora: è mai possibile che due pischelli di sedici anni arrivino tutti i fine settimana (nella prima parte del libro) da Los Angeles a Miami, quando ci vogliono secondo Google Maps quaranta ore di auto? Sono sfondoni, uno via l’altro, questi.
Questo libro è un errore madornale dopo l’altro. Non dell’autrice, però, ma della casa editrice che non ha saputo fare il suo lavoro, lanciando nel marasma editoriale un prodotto in cui alla meno peggio si è cercato di rimediare alle falle ma senza prestarci particolare attenzione e che si è voluto platealmente associare ad After nella scelta della copertina, pensando così, forse in modo giusto, non lo so, di aumentare le vendite. Non so più cosa dire. Anzi, una cosa la so: vado a “far decantare la rabbia”, qualunque cosa significhi.

1/5
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