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[Recensione] Mysterious Skin – Scott Heim

Da Queenseptienna @queenseptienna

[Recensione] Mysterious Skin – Scott HeimTitolo: Misterious Skin
Autore: Scott Heim
Traduttore: Carlotta Scarlata
Editore: Playground
ISBN: 9788889113325
Num. Pagine: 268
Prezzo: 16.00€
Voto: [Recensione] Mysterious Skin – Scott Heim

Trama:
A otto anni Brian Lackey viene trovato sanguinante nella cantina della propria casa, vittima di un episodio traumatico che non riesce a ricordare. Neil McCormick è invece del tutto consapevole di quello che successe quella lontana estate. Ed è convinto che l’allenatore di baseball lo abbia amato veramente. Ora, dieci anni dopo, è un outsider, inconsapevole dei pericoli cui sta andando incontro. Neil ha idealizzato il suo allenatore, quei ricordi muteranno segno quando Brian avvicinerà Neil per chiedere aiuto e conoscere finalmente la verità.

Recensione:
Sarà che questo libro ha un’impronta di fondo autobiografica. Sarà che è stato nominato ai Lambda Awards come migliore romanzo gay nel 1996. Sarà che affronta temi importanti come la pedofilia, la prostituzione, la rimozione del trauma. Sarà che tutte queste cose le hanno viste altri, ma a me personalmente questo libro non ha detto nulla. Assolutamente nulla.
L’ho trovato scollegato. Non incoerente, ma taluni passaggi mi sono parsi ingiustificati, mossi soltanto da un delirio di base che forse trova le sue radici nelle vicende vissute dai protagonisti, ma che a tratti ho trovato superflui, scritti con lo scopo di scrivere e non di approfondire la storia.
Alcuni dei capitoli dedicati a Eric e a Wendy assomigliano più a spin-off del testo che a componenti fondamentali dello stesso, e questo mi è dispiaciuto perché entrambi avevano un ottimo potenziale, sono ben tratteggiati e creati con delicatezza e astuzia, ma vengono relegati in un secondo piano parallelo in cui servono ancora meno delle normali spalle letterarie.
La trama in apparenza è l’accostare i racconti di due ragazzi che hanno subito una violenza da bambini, e crescendo hanno sviluppato dinamiche e comportamenti che, direttamente o indirettamente, hanno influenzato in maniera sensibile le loro esistenze, e arrivati a un certo punto avvertono il bisogno di fare un passo indietro e riflettere, riflettere per davvero.
Dico in apparenza perché il romanzo ha almeno il pregio di non tracciare mai confini netti, ma evidenzia come i punti di vista rendano così diverso il modo di vedere un fatto.
La giovane vita di Brian viene sconvolta da una violenza che la sua psiche rimuove e rielabora in una maniera per lui accettabile, mentre Neil non ha mai dimenticato e non ha mai travisato ciò che è accaduto, ma anzi ha idealizzato quell’uomo che l’ha scelto, che l’ha eletto come suo favorito, che ha messo lui al primo posto rispetto a chiunque altro.
I due – che hanno strutture familiari quasi opposte, che di conseguenza si trovano in realtà sociali differenti, il cui subconscio reagisce in rapporto alla loro percezione della realtà passata e presente – sopravvivono adeguandosi a riflessioni morbose, atipiche, deviate, seguendo istinti ottenebrati da un reticolo di estraneità che sembra non avere via di uscita.
È Brian a fare la prima mossa, a ricordare qualcosa che sa gli sta impedendo di proiettarsi in un qualsiasi futuro, e farà di tutto per avere chiarimenti dall’unica persona che sa che potrà darglieli.
Quello che forse non mi ha fatto apprezzare quest’opera è lo stile scabro, rude, che sfiora l’indifferenza, una sorta di distaccamento narrativo che impedisce di entrare nel vivo delle vicende ma tiene oltre transenne immaginarie. Per quanto mi riguarda, solo Eric e la madre di Neil mi hanno suscitato una qualche simpatia, mentre tutti gli altri, protagonisti compresi, mi sono sembrati ombre, aloni visti da dietro un vetro e con cui non mi sembrava di avere nulla a che fare. Nei capitoli conclusivi, prima di tornare a casa, anche Neil è riuscito a trasmettermi un’emozione in extremis, mentre Brian è rimasto immerso nel caos che l’ha caratterizzato lungo tutto il percorso.
Quando ho sfogliato l’ultima pagina sono rimasta basita per il finale (atteso, lo ammetto) aperto quanto una portafinestra in maggio, che non ha fugato nessun dubbio, non ha raggiunto nessun obiettivo, non ha risolto nessun problema. Lascia solo con un Embé? tatuato in fronte.


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