recensione Nati d'inverno di Giancarlo Gasponi Edizioni Indaco (a cura di Giuseppe Novellino)

Creato il 15 aprile 2011 da Braviautori

"Nati d'inverno" di Giancarlo Gasponi Edizioni Indaco
Francesco lascia Piazza Navona, saluta il portiere del palazzo, si ritira nel suo appartamento, infila la testa in un sacchetto di plastica e cerca così di farla finita. Sta perdendo i sensi, quando qualcuno viene in suo soccorso. Da questo episodio comincia la ricostruzione della vita di Francesco, pittore romano, a partire dal 1950. È una vita tormentata, la sua, come tormentato è il suo carattere. Quello che capiterà poi, dopo il tentato suicidio, assumerà un significato profondo e avrà il potere di cambiare radicalmente il personale approccio verso la vita.
Francesco è arrivato al suicidio perché ha perso la moglie, la madre e un caro amico. Il nuovo legame con Leonardo, un personaggio misterioso (è lui che lo strappa alla stretta mortale del sacchetto di plastica), che si presenterà alla fine come una specie di deus ex-machina di tutta la vicenda, sarà determinante per la trasformazione interiore del protagonista. Sarà Leonardo, infatti, ad aprirgli definitivamente gli occhi sulla dimensione spirituale. Francesco, reduce da un'educazione religiosa tradizionalista, non ha mai voluto ammettere l'esistenza di Dio, anche se, fin da bambino, ha dovuto fare i conti con una strana dote: quella di intravedere il mistero, attraverso delle illuminazioni improvvise ed effimere che lo lasciano in uno stato di devastante commozione.
I fatti che seguono sono popolati da diverse figure (oltre a Leonardo, la giovane prostituta Adriana, lo psicanalista Enrico, Saverio, Antonia, Bettino) e si intrecciano in maniera a volte spettacolare, con sorprendenti rivelazioni, fino alla soluzione che vede il protagonista alle soglie di una nuova esistenza.
La prima parte del romanzo ha il ritmo della rievocazione, mentre la seconda vede l'inanellarsi di vicende che, pur avendo del romanzesco, non perdono i contatti con la realtà dell'esistenza umana, con tutte le sue contraddizioni, le sue fatiche, le sue inadeguatezze.
Francesco accusa una forte sofferenza per ciò che gli è accaduto e dimostra una certa inquietudine verso i significati ultimi della vita. Per questo ricorre allo psicanalista, Enrico, che poi si rivelerà un personaggio con qualche scheletro nell'armadio. Ma sarà Leonardo colui che lo porterà alla consapevolezza, aiutandolo a capire le ragioni degli accadimenti e facendogli assaporare le meraviglie di una nuova religione che poi è la sintesi di tutte le religioni: quella che dovrebbe inaugurare una nuova primavera dell'umanità, dopo il lungo inverno del cristianesimo storico-chiesastico, nel quale tutti noi siamo nati (da cui il titolo). Come ai primordi dell'uomo, come al momento della venuta di Cristo, anche oggi (questa è l'idea di Leonardo) si aprono le prospettive di una nuova primavera e di un'originale rivelazione sulle sorti dell'anima. Francesco a poco a poco apre gli occhi sulla Verità, ma ne riceve un'ultima, scioccante, da Leonardo in punto di morte. Sarà la sorpresa che metterà il lettore ancora una volta davanti alla ricchezza e alla stranezza dei casi della vita.
Il romanzo ha qualcosa del moderno feuilleton, ma si arricchisce di una ricerca psicologico-religiosa di notevole spessore. Questa risulta approfondita, frutto di conoscenze notevoli da parte dell'autore, con qualche ammiccamento alla New Age. La spiaggia a cui approda Francesco, infatti, mi è sembrata un po' consolatoria, anche se aleggia, nel tormento del protagonista, l'idea che la storia dell'uomo sia una storia di lenta conversione, che passa (purtroppo) attraverso il dolore e il sacrificio, e che non potrà mai arrivare a una meta di perfezione.
I personaggi sono ben caratterizzati, cesellati con pazienza e notevole sapienza psicologica. Alcuni loro atteggiamenti e comportamenti sono un po' scopertamente funzionali alla trama complessa, ma appaiono comunque assai vivi e credibili. Bella l'ambientazione romana, dove essi si muovono, ritratta con l'occhio dell'artista e del fotografo, con dovizia di conoscenze storiche che rendono gradevole e soddisfacente la lettura.
Il libro si presenta in una veste editoriale, direi, impeccabile.
Lo stile, piuttosto funzionale e privo di fronzoli retorici, procede come una schiacciasassi: monoliticamente coerente dalla prima all'ultima riga.
Insomma, una bella lettura. Piacevole l'intreccio di questo romanzo raccontato come si faceva una volta. Interessanti le tematiche psicologico religiose, derivate da una sapiente ricerca e da un desiderio di interrogarsi ancora una volta sul senso della vita.

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