Magazine Cultura
Titolo: Niente è come te
Autrice: Sara Rattaro Editore: Garzanti Numero di pagine: 219 Prezzo: € 14,90 Sinossi: Due scatole colme di libri, pupazzi e tante fotografie. Tutto il mondo di Margherita è racchiuso in quelle poche cose. In spalla il suo adorato violino e tra le mani un biglietto aereo per una terra lontana: l'Italia. La terra dove è nata e che non rivede da quando è piccola. Ma ora è lì che deve tornare. Perché a quasi quindici anni Margherita ha scoperto che a volte è la vita a decidere per noi. Perché c'è qualcuno che non aspetta altro che poterle stare accanto: Francesco, suo padre. Il suono assordante dell'assenza di Margherita ha riempito i suoi giorni per dieci anni. Da quando sua moglie è scappata in Danimarca con la loro figlia senza permettergli di vederla mai più. Francesco credeva fosse solo un viaggio. Non avrebbe mai pensato di vivere l'incubo peggiore della sua vita. Eppure, ora che Margherita è di nuovo con lui, è difficile ricucire quello che tanto tempo prima si è spezzato. Francesco ha davanti a sé un'adolescente che si sente sbagliata. Perché a scuola è isolata dai suoi compagni e a casa passa le giornate chiusa nella sua stanza. Ma Francesco giorno dopo giorno cerca la strada per il suo cuore. Una strada fatta di piccoli ricordi comuni che riaffiorano. Perché le cose più preziose, come l'abbraccio di un padre, si possiedono senza doverle cercare. E quando Margherita ha bisogno di lui come non mai, Francesco le sussurra all'orecchio poche semplici parole per farle capire quanto sia speciale: "Niente, ma proprio niente, è come te, Margherita". La recensione “Accorgersi di amare una persona più di quanto lei ami te, per questo si impazzisce.”
Quando, nella tua cerchia, hai molte amiche femmine capita che, davanti a un pezzo di pizza o a un kebab comprato sempre dal solito turco, col telegiornale che in sottofondo gracchia l'ennesima cattiva notizia, certi discorsi si facciano. Alcune cose si è ancora troppo immaturi per capirle. Non si capisce, tipo, chi faccia guerra a chi, cosa stia capitando al nostro Governo, alle mani di quale politico affidarci o alle preghiere misericordiose di quale Santo. Si ci stupisce tutti insieme della violenza del mondo, si elencano le atrocità commesse dagli uomini che odiano le donne. Il femminicio è argomento su cui, be', argomentare. Io, allora, mi sento un po' fuori luogo. Sinceramente. Parlano, come se la colpa di quegli orchi fosse un po' anche la mia e di quella di ogni mio simile. Colpa di quel cromosoma Y che ci rende diversi. Mi imbarazzo, non so che dire, la butto sullo scherzo. E, viceversa, le donne cattive con gli uomini non ci sono?, chiedo, guardandole negli occhi e rendendomi conto della stupidità immensa della mia domanda. Mi riferisco alle piccole prepotenze e ai grandi ritardi, alla scusa fissa della sindrome premesturale e ai mal di testa immaginari, alle volte in cui ti trascinano a fare spese e tu te ne stai lì, muto, mentre le commesse rompipalle del negozio d'intimo ti guardano non male, ma peggio. Mi concentro sulle mie mani grandi, sul mio corpo che è comunque più massiccio del loro, sulle bottiglie di sugo che mamma mi chiede di aprire per lei, perché sono forte. Niente è come te mi ha insegnato che invece esiste tutto. Proprio tutto. Quel Niente è come te che è un libro che, con delicatezza ed emozione, parla di una sconosciuta forma di violenza familiare. Quella che le donne, dall'alto del loro diritto a essere madri, perpetrano a danno di poveri diavoli. Poveri uomini. Io - ventenne, maschio - da un'autrice donna non me lo sarei aspettato, e lo rivelo con candore. L'infrangimento della misteriosa e rinomata solidarietà femminile, all'insegna della più pura delle verità. Sara Rattaro, dopo la storia di una traditrice pentita e quella di un uomo perso davanti alle proprie responsibilità, scende nuovamente in campo e si schiera, con coraggio, dalla parte di un padre. Uno di quelli che hanno bisogno di una mano, di un tramite, perché con le parole non ci sanno tanto fare e la voce potrebbe tremare. Sara, in prima persona, narra i ricordi e il nuovo inizio di un uomo che, per dieci anni, è stato privato del ruolo di genitore. Dice che per le donne è diverso. Le donne nascono per diventare madri, ma gli uomini non per diventare padri. Ci vuole pratica e impegno, polso e cuore. Crescere un altro te, portalo dalla culla all'altare, è una gara estenuante per farti perdonare la limitatezza in te connaturata di non potere essere, per nove mesi, incubatrice di vita. Francesco avrebbe voluto farsi perdonare, ma la bellissima moglie straniera ha portato via la sua bambina illegalmente, e lui non sa che fare.
Restano i buoni propositi, le stampelle senza abiti, tutti i regali che avrebbe voluto fare alla sua preziosa Margherita. Ma Sara, in prima persona, assume il punto di vista anche di quella figlia quindicenne ritrovata già adulta: le gambe lunghe, le dita in simbiosi con l'archetto e il violino, il senso di abbandono. Sara Rattaro si sdoppia. Diventa Francesco e Margherita, padre e figlia, e li descrive con tutta la tenerezza possibile: sono cuccioli che si annusano e si inseguono la coda, ma che abbaiano in lingue diverse, anche se – a orecchie estranee – il suo suono dei loro ringhi e delle loro fusa è quasi identico. Attendevo questa sua ennesima prova, con la fiducia che nutro verso gli autori di narrativa che, su di me, hanno un effetto calmante. L'attesa, in una prima parte tutta palpiti, è stata ripagata pienamente. Meno in una seconda in cui buoni sentimenti che diventano buonismo, per me, fan da padroni incontrastati. La trasformazione di Sara Rattaro, questa volta, non mi ha convinto al cento per cento. Spiacevole dirlo. Dove mette mano lei, non penso esistano brutti romanzi, quindi Niente è come te – sia per l'emotività straordinaria degli inizi, sia per la maestria della narratrice – non è parte della bistrattata categoria. A mio parere, semplicemente, non è ai confortevoli livelli a cui Sara – quella stessa Sara che anche qui emoziona, con tutte le parole giuste al posto giusto – ci ha abituati. Quando penso che il libro si ispira a una storia vera mi accorgo che c'è qualcosa fuori posto, io che ho perso la verità da pagina cento in poi. La scrittrice si è scrupolosamente documentata e, tra un capitolo e l'altro, accanto alle vicende a lieto fine dei suoi personaggi, inserisce ritagli e frammenti di cronaca da brividi.
Non esistono, magari, proprio Francesco e Margherita, ma esistono e sono esistiti genitori e figli il cui incontro non è stato consentito dalla stessa, inaffidabile burocrazia. Il romanzo è breve, cesellato, le pagine volano via in un giorno. Sarà la velocità con cui l'ho divorato ad avermi fatto borbottare: mi sono accorto, in quel giorno, che la carne al fuoco era troppa per un solo scritto. Si doveva parlare di questo rapimento (in)civile, delle torture psicologiche che le mogli sanno infliggere, ma il dettaglio dell'adolescenza sofferta di Margherita comprime il resto e disperde, lontano da noi, il fulcro vitale del tutto. Si doveva documentare il lettore sull'attualità della cosa, e invece si finisce per parlare di cose già raccontate altrove – i quindici anni, l'autolesionismo, la bulimia, il bullismo tra le pareti scolastiche, i primi amori. Protagonista diventa Margherita – la nuova margherita; il fiorellino trapiantato in Italia, in un vaso già occupato – e allora so di preferire il punto di vista di suo padre, che ho sentito vicinissimo, assordante e con un ruolo, infine, involontariamente ridimensionato. Per amore di sua figlia, prepara una caccia al tesoro a tema, tra le strade, i ristoranti e i posti che visitò – tre lustri prima – con la donna ribelle che gli strappò tutto. Rievoca quel vecchio amore dolorante e spiega com'è che ha conquistato Enrica, una scienziata che smantella il ruolo canonico delle matrigne e intrattiene con barzellette matematiche. L'equazione da risolvere, da inseguire, da trattenere. La donna giusta dopo la donna sbagliata. Piccole sbavature, e poi un finale alquanto stucchevole, dominato da un'immagine convenzionale e semplice di una famiglia italiana da pubblicità Barilla. Mi ha amareggiato nonostante la dolcezza eccessiva dell'epilogo. Non mi è piaciuta la Sara banale, che scrive in corsivo. I pensieri volanti che non ho capito a chi appartenessero – non erano pensieri anche gli altri? Non era l'intero Niente è come te un pensiero fisso? - in cerca dell'aforisma d'effetto, ma facile. Per fortuna, c'è altra Sara per cui vale la pena. C'è tanta Sara. Nelle nobili intenzioni, nel gioco in cui stati d'animo e dialoghi combaciano, in una prosa che è limpida anche quando scovi dei vortici che smuovono l'acqua, sollevano la sabbia. E tu non vedi il fondo. Il mio voto: ★★★ Il mi consiglio musicale: Ne-Yo – Let me love you (nella versione di “Glee”)
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